TITOLO: Mondomiyazaki, una vita nell'arte
AUTORE: Susan Napier
CASA EDITRICE: Dynit
PAGINE: 303
COSTO: 22€
ANNO: 2020
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': online
CODICE ISBN: 9788833551319
Ogni tanto, nell'ormai martoriato e quasi desertico mondo della saggistica sull'animazione giapponese (in lingua italiana), compare una piccola oasi di ristoro e vera analisi. Per questo non miraggio dobbiamo ringraziare l'autrice, Susan Napier, la casa editrice, la Dynit, e la traduttrice, Giovanna Falletti.
L'autrice si è interessata agli anime in tarda età, rispetto a noi che vi siamo cresciuti, questo aspetto comporta che talvolta si notino delle "lacune" date proprio dalla mancanza di imprinting con i cartoni animati giapponesi, ma per il resto è una studiosa titolata che ha al suo attivo altri numerosi scritti sugli anime.
Leggere il logo della Dynit sulla copertina del saggio è stato fonte di tranquillità e speranza. Tranquillità perché conoscono l'argomento del saggio. Speranza perché, finalmente, una casa editrice che si occupa stabilmente di pubblicare manga ed anime si è presa la briga di tradurre un recente saggio straniero. Altrimenti questo libro non sarebbe stato tradotto, e che quindi mi fa illudere che questo libro possa essere il primo di una lunga serie di pubblicazioni in italiano. La Dynit ha le competenze (e dovrebbe avere l'interesse) per veicolare una divulgazione delle analisi su anime a manga, e tramite librerie e fumetterie (e magari le edicole!) potrebbe raggiungere sia un pubblico di appassionati che di semplici curiosi.
Infine una menzione la merita la traduttrice del testo inglese, che risulta più chiaro e leggibile di molti scritti sugli anime in italiano... Probabilmente il testo originario era già abbastanza leggibile, ma comunque il risultato è una lettura chiara e scorrevole.
L'autrice illustra perché Miyazaki può essere considerato un autore, pur essendo "solo" un regista di film d'animazione. Quello che viene analizzato è, appunto, il "mondomiyazaki", un qualcosa di unico che si è sviluppato in decenni di lavoro. E' stato interessante leggere i punti di vista di una studiosa non italiana, con valutazioni anche differenti dai nostri saggisti. Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi libri sul "mondo Miyazaki" da parte della collana "Ultra Shibuya", che non si possono neppure avvicinare al livello di analisi di questo della Napier. Lo scritto, in quanto non italiano, ha dei contenuti che si discostano dalla media dei saggisti (seri) nostrani, non che sia in assoluto migliore, ma vi si può leggere un approccio diverso dal solito. Il saggio fu pubblicato in lingua inglese nel 2018, quindi questa traduzione ha anche il merito di essere recente. Recente per le abitudini delle case editrici italiane, che di norma, nelle poche occasioni che li hanno visti tradurre un'opera saggistica straniera, impiegano molti più anni, rendendo la lettura di un nuovo saggio, già vecchia.
Dato che il saggio l'ho apprezzato moltissimo, inizialmente mi permetterò di fare qualche appunto. Per esempio l'autrice non tratta per nulla il contributo di Miyazaki (e Takahata) alla prima serie animata di Lupin III (quella in cui il ladro indossa la giacca verde), nonostante sia dedicato un capitolo al film di "Lupin III - il castello di Cagliostro". E' in quella serie che il regista modifica i personaggi del manga, nella versione che poi vedremo nel film. Questa assenza di trattazione mi ha lasciato perplesso. In generale l'autrice tratto poco o nulla le serie animate televisive di Miyazaki, nessuna citazione anche per "Il fiuto di Sherlock Holmes". Un po' più analizzato "Conan il ragazzo del futuro", ma a mio avviso meno di quanto avrebbe meritato. Vengono trattate occasionalmente Heidi ed "Anna dai capelli rossi".
Sono poi presenti un paio di errori, oppure io ho compreso male lo scritto :]
A pagina 108 si accosta Sheeta di Laputa al genere majokko, citando Lamù come un personaggio simile. Il mondo dello shojo è assai variegato ed opinabile, ma Lamù era l'ultimo esempio che mi sarebbe venuto in mente di citare, non il primo. Inoltre, se si parla della serie animate, questa è del 1981, non del 1978, anno di pubblicazione del manga.
A pagina 210 si afferma che è San a ferire gravemente Ashitaka, quando, in realtà, la ragazza gli fa solo sgorgare del "fluido ematico" dalla gota sinistra tramite uno stiletto di masso (sono entrato in modalità Cannarsi!), ed è, invece, una villica a sparargli con l'archibugio. Questi sono errori che mi lasciano perplesso, perché io il film di Mononoke l'avrò visto una decina di volte, eppure non sono un saggista.
Nel primo capitolo viene rievocata l'infanzia bellica e post bellica di Miyazaki, con annesso stra citato ricordo del regista del bombardamento della sua cittadina e della fuga di notte, con annesso non salvataggio di madre e figlioletto estranei alla famiglia Miyazaki. Segue la questione del senso di colpa per lo sfruttamento della guerra da parte dell'azienda di famiglia, etc etc.