Ogni tanto, nell'ormai martoriato e quasi desertico mondo della saggistica sull'animazione giapponese (in lingua italiana), compare una piccola oasi di ristoro e vera analisi. Per questo non miraggio dobbiamo ringraziare l'autrice, Susan Napier, la casa editrice, la Dynit, e la traduttrice, Giovanna Falletti.
L'autrice si è interessata agli anime in tarda età, rispetto a noi che vi siamo cresciuti, questo aspetto comporta che talvolta si notino delle "lacune" date proprio dalla mancanza di imprinting con i cartoni animati giapponesi, ma per il resto è una studiosa titolata che ha al suo attivo altri numerosi scritti sugli anime.
Leggere il logo della Dynit sulla copertina del saggio è stato fonte di tranquillità e speranza. Tranquillità perché conoscono l'argomento del saggio. Speranza perché, finalmente, una casa editrice che si occupa stabilmente di pubblicare manga ed anime si è presa la briga di tradurre un recente saggio straniero. Altrimenti questo libro non sarebbe stato tradotto, e che quindi mi fa illudere che questo libro possa essere il primo di una lunga serie di pubblicazioni in italiano. La Dynit ha le competenze (e dovrebbe avere l'interesse) per veicolare una divulgazione delle analisi su anime a manga, e tramite librerie e fumetterie (e magari le edicole!) potrebbe raggiungere sia un pubblico di appassionati che di semplici curiosi.
Infine una menzione la merita la traduttrice del testo inglese, che risulta più chiaro e leggibile di molti scritti sugli anime in italiano... Probabilmente il testo originario era già abbastanza leggibile, ma comunque il risultato è una lettura chiara e scorrevole.
L'autrice illustra perché Miyazaki può essere considerato un autore, pur essendo "solo" un regista di film d'animazione. Quello che viene analizzato è, appunto, il "mondomiyazaki", un qualcosa di unico che si è sviluppato in decenni di lavoro. E' stato interessante leggere i punti di vista di una studiosa non italiana, con valutazioni anche differenti dai nostri saggisti. Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi libri sul "mondo Miyazaki" da parte della collana "Ultra Shibuya", che non si possono neppure avvicinare al livello di analisi di questo della Napier. Lo scritto, in quanto non italiano, ha dei contenuti che si discostano dalla media dei saggisti (seri) nostrani, non che sia in assoluto migliore, ma vi si può leggere un approccio diverso dal solito. Il saggio fu pubblicato in lingua inglese nel 2018, quindi questa traduzione ha anche il merito di essere recente. Recente per le abitudini delle case editrici italiane, che di norma, nelle poche occasioni che li hanno visti tradurre un'opera saggistica straniera, impiegano molti più anni, rendendo la lettura di un nuovo saggio, già vecchia.
Dato che il saggio l'ho apprezzato moltissimo, inizialmente mi permetterò di fare qualche appunto. Per esempio l'autrice non tratta per nulla il contributo di Miyazaki (e Takahata) alla prima serie animata di Lupin III (quella in cui il ladro indossa la giacca verde), nonostante sia dedicato un capitolo al film di "Lupin III - il castello di Cagliostro". E' in quella serie che il regista modifica i personaggi del manga, nella versione che poi vedremo nel film. Questa assenza di trattazione mi ha lasciato perplesso. In generale l'autrice tratto poco o nulla le serie animate televisive di Miyazaki, nessuna citazione anche per "Il fiuto di Sherlock Holmes". Un po' più analizzato "Conan il ragazzo del futuro", ma a mio avviso meno di quanto avrebbe meritato. Vengono trattate occasionalmente Heidi ed "Anna dai capelli rossi".
Sono poi presenti un paio di errori, oppure io ho compreso male lo scritto :]
A pagina 108 si accosta Sheeta di Laputa al genere majokko, citando Lamù come un personaggio simile. Il mondo dello shojo è assai variegato ed opinabile, ma Lamù era l'ultimo esempio che mi sarebbe venuto in mente di citare, non il primo. Inoltre, se si parla della serie animate, questa è del 1981, non del 1978, anno di pubblicazione del manga.
A pagina 210 si afferma che è San a ferire gravemente Ashitaka, quando, in realtà, la ragazza gli fa solo sgorgare del "fluido ematico" dalla gota sinistra tramite uno stiletto di masso (sono entrato in modalità Cannarsi!), ed è, invece, una villica a sparargli con l'archibugio. Questi sono errori che mi lasciano perplesso, perché io il film di Mononoke l'avrò visto una decina di volte, eppure non sono un saggista.
Nel primo capitolo viene rievocata l'infanzia bellica e post bellica di Miyazaki, con annesso stra citato ricordo del regista del bombardamento della sua cittadina e della fuga di notte, con annesso non salvataggio di madre e figlioletto estranei alla famiglia Miyazaki. Segue la questione del senso di colpa per lo sfruttamento della guerra da parte dell'azienda di famiglia, etc etc.
Nel secondo capitolo si tratta della sua giovinezza fino all'università, e del suo rapporto con il fratello maggiore, il padre e la madre.
Il terzo capitolo si occupa dell'inizio della sua carriera di disegnatore nel 1963 alla Toei e negli studi successivi anni 70. Probabilmente il fatto che Heidi e "Conan il ragazzo del futuro" siano anime inediti negli Usa, non ha permesso all'autrice di dedicare loro lo spazio che avrebbero meritato. Di certo lei non è cresciuta con queste due serie animate.
Nel quarto capitolo si tratta il film di Lupin III e il castello di Cagliostro, e come accennavo all'inizio del post non è citata la serie con la giacca verde, forse negli usa non arrivò neppure questa...
Nel quinto capitolo si analizza Nausicaa. L'autrice confida che questo fu il secondo anime che vide (il primo fu Akira), in pratica una neofita di anime in età adulta, con tanta cultura alle spalle, ma sempre una neofita rispetto a chi con gli anime è cresciuto/a ^_^
Nel sesto capitolo tocca a Laputa (vedi appunto di cui sopra), il fatto che Conan negli Stati Uniti sia inedito, forse non ha consentito all'autrice di cogliere tutte le similitudini tra le due opere.
Nel nono capitolo inerente "Porco Rosso" si può leggere che la scena in cui Marco narra della morte del suo amico Berlini (neo sposo di Gina) è tratta dal romanzo di Roal Dahl dal titolo "They shall not grow old", ma questo è solo un esempio delle tante informazioni interessanti presenti nello scritto.
Nel decimo capitolo si tratta esaurientemente il manga di Nausicaa, compresa una dettagliata sinossi dello stesso.
Nell'undicesimo capitolo su Mononoke (vedi errore di cui sopra) si accenna alla distribuzione che la Disney fece dei film dello Studio Ghibli tramite la "Buona Vista", che in Italia fu una distribuzione poco distributiva (sia al cinema che in VHS/DVD), senza contare gli adattamenti in modalità Disney. Ma ovviamente l'autrice non può conoscere le questioni italiche.
Di alcuni capitoli non ho scritto nulla, ma non perché non siano interessanti, ma solo perché non c'era un particolare da segnalare. Tutte le analisi dell'autrice sono da leggere. Poi, talvolta, ad una scena o ad un film vengono affibbiati più significati, quindi potrebbe voler dire una cosa oppure un'altra cosa, in pratica "fai tu lettore", ma questo vale per tutti i saggi ^_^
Nel quindicesimo ed ultimo capitolo viene dato ampio spazio alle polemiche che suscitò l'assenza di una esplicita condanna di Miyazaki verso il mezzo da guerra "caccia Zero", con tutte le vittime che questo aereo causò in Asia. Quasi a voler sollevare il Giappone dalla responsabilità della guerra. E' questo lo stesso dubbio che io ebbi quando vidi il film, ma poi pensai che un autore che in tutte le altre sue opere aveva condannato la guerra, i regimi dittatoriali e il fascismo in particolare, non poteva aver cambiato idea. Aveva solo provato a farla cambiare ai suoi connazionali con una storia diversa dai suoi canoni, che io non ho ben compreso.
L'indice del saggio.
Fantastica recensione! Questo libro lo prendo senz'altro. Non avevo idea che esistesse, meno male che passo sempre da qui e non mi perdo un post. Grazie!
RispondiEliminaPrego e grazie a te per il tuo sacrificio immane di leggere i miei post asintattici ^_^
EliminaMi sembri troppo generoso con la Napier, che conosce pochissimo l'animazione giapponese ed è fissata con Miyazaki (e conosce poco pure lui). In generale è una di quegli autori che parlano di animazione giapponese dalla prospettiva degli area studies senza sapere poi moltissimo di cinema e di animazione.
RispondiEliminaHa il pregio di avere contribuito a spianare la strada agli studi sugli anime negli USA, insieme ad altri, ma ciò di cui parla è influenzato dalla fondamentale incapacità antropologica di molti americani di capire l'animazione giapponese.
Mi sarò ammorbidito con la vecchiaia
EliminaMa no, è solo una differenza di prospettive.
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