TITOLO: Il risveglio del Giappone
AUTORE: Kakuzo Okakura
CASA EDITRICE: Luni Editrice
PAGINE: 119
COSTO: 15€
ANNO: 2014
FORMATO: 21 cm
X 15 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788879844284
Questo libro, edito nel 1905, è spesso citato in altre pubblicazioni storico-saggistiche sul Giappone, ebbe il ruolo di illustrare agli occidentali la situazione del Giappone dopo i primi anni della Restaurazione Meiji. Nel 1905 la nazione nipponica aveva già sconfitto in guerra la Russia (dopo la vittoria nella guerra con la Cina), passando di colpo agli occhi degli occidentali da nazione barbara a nuovo “pericolo giallo” d'oriente. Il libro fu scritto direttamente in inglese, proprio perché il target finale non erano i giapponesi, ma le nazioni occidentali. Il suo autore fu inizialmente un fervente sostenitore della modernizzazione del Giappone, anche a discapito delle tradizioni giapponesi, solo in un secondo tempo iniziò a considerare il passato più importante del presente. Era comunque a favore della modernizzazione, che era l'unico sistema per non essere sopraffatti dalle tecnologiche nazioni occidentali, ma riscoprì e perorò il mantenimento delle tradizioni antiche, che per l'autore erano l'emblema della giapponesità.
In
questa edizione manca, a mio avviso, una introduzione scritta oggi
che contestualizzi il periodo storico, se non si conosce un po' quel
periodo del Giappone ci si dovrà basare solo su ciò che scrive
Kakuzo Okakura, che non brilla, ovviamente, per imparzialità.
Scopo
del libro era anche illustrare al lettore occidentale i grandi passi
in avanti fatti dal Giappone nel campo politico, sociale,
istituzionale ed educativo, tranquillizzandolo, nel contempo, sulle
intenzioni totalmente pacifiche del nuovo Giappone.
In
ciò che scrive Kakuzo Okakura già si possono leggere i semi del
nazionalismo militarista, che daranno vita alla pianta della seconda
guerra mondiale, o guerra del pacifico, come ancora la chiamano i
giapponesi. Si capisce bene tra le righe del libro che già nel 1905
lo scopo dell'establishment
nipponico
era quello di cacciare gli occidentali dalle nazioni asiatiche, ma
solo per sostituirli come nuovo padrone, un benevolo fratello
asiatico al posto della razza bianca straniera.
Nel
primo capitolo viene spiegato come la debolezza dell'Asia (escluso il
Giappone) è imputabile storicamente all'invasione mongola della Cina
nel 1200, e della successiva espansione mussulmana, non
al colonialismo occidentale e giapponese.
Nel
secondo capitolo l'autore illustra al lettore occidentale “il
risveglio del Giappone”. Partendo da come gli usurpatori Tokugawa
tennero segregato il potenziale nipponico (ed anche il Tenno) per due
secoli e mezzo, causando l'arretramento tecnologico che espose il
sacro suolo all'invasione straniera del commodoro Perry. Nel capitolo
è riassunta la situazione politico-sociale dello fine shogunato
Tokugawa.
Nel
terzo capitolo viene affrontata l'ininfluenza politica della
religione buddista e del neo confucianesimo, che mai misero in
pericolo la stabilità dello shogunato, motivo per il quale fu
proprio shogunato ad incentivare la nascita di scuole religiose
buddiste e neo confuciana.
L'aver
incentivato la diffusione di queste due religioni da parte dei
Tokugawa avrà per il Giappone della Restaurazione Meiji due
vantaggi: avere una popolazione che sapeva leggere e scrivere;
inculcare sia il rispetto per i superiori che la capacità di
conservare le tradizioni.
Nel
quarto capitolo si contesta alla straniero occidentale l'impressione
che il Giappone si sia risvegliato solo grazie all'arrivo delle “navi
nere”. In realtà, sempre per Kakuzo Okakura, erano ben tre le
scuole di pensiero che peroravano il ritorno al patriottismo
nazionale e il ripristino del potere del Tenno:
la
scuola di pensiero classico Kogaku;
la
scuola di Oyo-mei;
la
scuola storica.
Fu
grazie a quest'ultima se venne riscoperto lo shinto, unica vera
religione del Giappone, e con essa il rispetto verso l'imperatore. Il
ritorno in auge dello shintoismo mise in secondo piano buddismo e neo
confucianesimo. Per l'autore l'arrivo del commodoro Perry si limitò
a scatenare il fuoco della ribellione contro gli usurpatori Tokugawa.
A mio
avviso furono scritti di questo tipo ad aiutare la trasformazione
dello shinto in religione di Stato, dove il culto autoctono viene
sempre definito “antico e puro”, ed è collegato
indissolubilmente al divino imperatore.
Nel
quinto capitolo Kakuzo Okakura, pur ammettendo i successi scientifici
degli occidentali, si chiede a quali fini siano destinati:
consumismo, industrialismo, lusso sfrenato, competizione per la
ricchezza.
L'oriente
ed il Giappone non hanno mai cercato di raggiungere questi
obbiettivi, che generano solo infelicità. L'autore nota che anche in
occidente non tutti sono entusiasti della situazione socio-economica,
per esempio la nascita del socialismo ne è una prova. Oltre a
criticare gli occidentali per il crimine del colonialismo, l'autore
punta l'indice verso tutti quei giapponesi che si sono accontentati
delle ricchezze e delle comodità importante dall'occidente
dimenticando le tradizioni e il patriottismo.
Tra
le tante giuste critiche al colonialismo occidentale una mi è parsa
assai strana, riguarda il soffocamento della rivolta dei Boxer nel
1899 in Cina. L'autore critica gli occidentali per aver avuto una
facile vittoria contro i quasi disarmati rivoltosi cinesi,
dimenticando, mi pare, che alla spedizione alleata partecipò anche
il Giappone.
Nel
sesto capitolo si entra nel dettaglio della politica interna del
Giappone di fine epoca Tokugawa, spiegando che l'allora giovane
shogun era un debole, in balia delle donne di corte. Fu grazie al
primo ministro Abe-isenokami che si evitò l'impari scontro con gli
occidentali, infatti una parte dei daimyo pretendeva di muovere
guerra agli invasori stranieri.
A
questo punto l'autore scrive un'altra cosa che mi è sembrata strana,
forse per ingraziarsi il lettore anglosassone, e cioè che il
commodoro Perry in Giappone era diventato talmente caro ai giapponesi
che questi eressero una statua in sua commemorazione. Io avevo sempre
letto Perry era tra le figure storiche più detestate, in quanto
simbolo dei trattati ineguali.
Sono
raccontati alcuni interessanti retroscena della corte dei Tokugawa.
Nel
settimo capitolo viene fatta la cronaca del periodo 1860/1868 (anno
della Restaurazione Meiji) che, secondo l'autore, furono anni
memorabili in quanto ad energia di cambiamento, un periodo carico di
fermento politico, di unità nazionale, di patriottismo e di
trasformazioni sociali ed economiche.
Tutta
la classe politico-intellettuale si unì alla ricerca di un nuovo
assetto istituzionale, si doveva “restaurare l'antico mentre si
assimilava il nuovo”. A Kyoto (sede del trono) si fronteggiarono
due partiti:
i
federalisti, formati dai daimyo, che auspicavano il mantenimento del
loro potere locale, seppur in una forma costituzionale più moderna e
con a capo l'imperatore;
gli
imperialisti, formati dai kuge, dai ronin e dagli shintoisti, che
volevano il ritorno alla burocrazia imperiale antecedente al periodo
feudale.
In
pratica il primo schieramento voleva mantenere in vita il sistema
feudale, mentre il secondo puntava all'abolizione sia dello shogunato
che dei daimyo.
La
diatriba si risolse con la nascita di un terzo schieramento, gli
unionisti, in cui confluirono gli altri due partiti. Gli unionisti
erano dei tre gruppi gli unici ad avere una visione internazionale
della situazione in cui versava il Giappone, avevano, cioè, una
linea di politica estera.
Gli
unionisti erano anche i più fedeli verso il mikado, auspicando il
ripristino totale delle antiche prerogative imperiali.
Nel
settimo capitolo sono spiegate le riforme che riportarono in vita la
burocrazia imperiale in una nuova versione moderna, viene dato conto
anche del dibattito interno e dei contrasti che nacquero su varie
leggi ordinarie e costituzionali.
Kakuzo
Okakura spiega al lettore anglosassone che il nuovo Giappone si
prefigge di migliorare la condizione della donna, aggiungendo che
(tanto) la donna giapponese preferisce stare in casa e che “ama
servire suo marito”.
Nell'ottavo
capitolo viene confutata la teoria occidentale secondo cui il
Giappone dell'era Meiji ha perso il contatto con la tradizione
nipponica, contesta anche la previsione occidentale che la
Restaurazione Meiji non reggerà nel tempo, schiacciata dal peso
della modernizzazione.
L'autore
usa il capitolo per dimostrare come il Giappone sia abituato da
millenni a conservare le tradizioni assimilando le novità.
Nel
nono capitolo Kakuzo Okakura vuole dimostrare che il Giappone è una
nazione pacifica, senza alcuna mira espansionistica verso Corea e
Cina (ma nell'anno di pubblicazione di questo libro si erano già
annessi Taiwan/Formosa), e per far ciò riepiloga i fatti di politica
estera dei decenni precedenti. Considerando che Kakuzo Okakura morì
nel 1913, e che l'annessione della Corea avvenne nel 1910, direi che
fece in tempo a rendersi conto che le intenzione verso i coreani non
erano poi tanto pacifiche.
L'indice del libro.
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