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domenica 14 luglio 2013

Viaggio nell'Atlantic. Atlantic, appunti di viaggio: un tuffo nel passato, ricordando una delle più importanti industrie italiane del giocattolo



TITOLO: Viaggio nell'Atlantic. Atlantic, appunti di viaggio: un tuffo nel passato, ricordando una delle più importanti industrie italiane del giocattolo
AUTORE: Mauro Menghini; Giuseppe Berselli; Dario Carlotto; Roberto Testa
CASA EDITRICE:
PAGINE: 124
COSTO: 20€
ANNO: 2012
FORMATO: 30 cm X 24 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet a questo link
CODICE ISBN:

Il quarto ed ultimo volume de “Il viaggio nell'Atlantic” consta del minor numero di pagine rispetto agli altri tre, ma sono le pagine più interessanti dal punto di vista saggistico, perché riguardano “l'azienda Atlantic”. E' veramente raro che ci si soffermi sulla storia di una azienda (e dei suoi lavoratori), ancora meno che si cerchi di illustrare il suo processo produttivo, dall'ideazione dei giocattoli, passando per le fasi produttive, e finendo con le campagne pubblicitarie e il circuito delle vendite all'ingrosso/dettaglio. La storia dell'Atlantic è precisa e completa, descritta anno per anno, talvolta mese per mese.
Il testo è costellato di continue citazioni ed aneddoti narrati dai vari protagonisti, io ne riporterò un limitato numero a titolo esplicativo dei momenti topici che affrontò l'azienda.



L'epopea Atlantic nasce agli inizi degli anni 60 nel retrobottega del negozio di giocattoli “Zia Gin” (madre di Sandro Compagnoni, patron della futura Atlantic) in via Paolo Sarpi n° 25 a Milano. Furono Sandro Compagnoni (proprietario del negozio) e Piero Guerra (modellista per diletto) ad iniziare la creazione dei primi giocattoli artigianali: Barche e motoscafi, plastici e fortini, questi ultimi due tutti in termoformatura (vacuform).

Sulla genesi del nome Atlantic ecco due testimonianze:
Il nome dell'azienda venne scelto un po' per caso. Compagnoni pensò che servisse un nome che potesse dare un tocco di internazionalità. “Atlantic” era un nome abbastanza internazionale perché richiamava alla memoria l'oceano Atlantico o l'America.” (Romeo Gusmini)
Nei primi anni della nostra comune attività frequentavamo insieme i saloni del giocattolo. Compagnoni promuoveva e commercializzava soprattutto motoscafi e barche in plastica termoformata... da qui il nome Atlantic... come l'oceano... un nome suggerito dal genere di giocattolo prodotto.” (Giovanni Casulla)

Riguardo i bassi costi di produzione dei primi anni 70 è riportata questa testimonianza di Romeo Gusmini:
A proposito dei costi di produzione e dei guadagni, nei primi anni 70 per la stampa del cartoncino della confezione servivano 65 centesimi; una scatola finita, con dentro dei soldatini, veniva a costare in tutto 12 o 13 lire. Le scatole quindi erano vendute ai distributori per circa 40 lire, con un ricavo netto per l'Atlantic di quasi 30 lire al pezzo. A sua volta il distributore le rivendeva al commerciante per 50 o 60 lire. Infine, il negoziante le rivendeva ai bambini a 100 lire, guadagnando 40 o 50 lire per scatola... non era poco!”.

Tra le prime serie di soldatini ci fu quella delle “Grandi Rivoluzioni”, che, oltre a Mao e Stalin, contemplavano Mussolini ed Hitler. Questa scelta, se dal lato commerciale fu un successo (in fondo i bambini ci giocavano, mica facevano politica), dall'altro creò qualche polemica e protesta.
Ecco uno stralcio di un articolo pubblicato da “Stampa Sera” nel giungo 1975:
Giochi educativi per piccoli fascisti. La psicologia infantile è sempre stata attratta dal fascino assurdo della guerra... ma lo spirito creativo di chi sforna questi giochi ha superato il limite. Nelle vetrine dei negozi è comparso in questi giorni un “passatempo” incredibile. E' una scatola variopinta che contiene 20 pezzi componibili, lugubri e neri. Sul coperchio c'è il Duce, braccio teso nel saluto fascista, mascella quadrata ed il fez. La scatola di pupazzetti ha un nome: “La marcia su Roma – Mussolini e le camicie nere”.... ma i creatori superano se stessi. In un'altra scatola fa bella mostra di se Adolfo Hitler, circondato dalle famigerate “camicie brune” e dalle SS. A questo punto c'è solo da chiedersi dove vogliono arrivare gli inventori ed i diffusori di questi giochi.”
Queste righe mi fanno nascere due considerazioni un po' contrastanti. La prima è una minima condivisione della preoccupazione insita nell'articolo: vedere il proprio figlio giocare coi soldatini di nazisti e fascisti non doveva essere proprio il massimo per dei genitori o dei nonni che avevano subito quei regimi (per conto mio io i “cattivi” nazi-fascisti li facevo perdere sempre). La seconda considerazione riguarda la tentazione di censurare (certo con buone intenzione) i passatempi dei bambini: allora erano i soldatini nazi-fascisti, oggi lo sono i videogiochi.

Sugli alti volumi di produzione del periodo d'oro dei soldatini:
A metà degli anni 70 la richiesta dei soldatini fu tale da avere la fila di acquirenti; per produrli in fabbrica si lavorava 24 ore al giorno, sabato e domenica compresi, tranne a Natale e nelle principali festività, con turni dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 di sera alle 6 del mattino. Questo perché i venditori esaurivano velocemente le scorte...” (Romeo Gusmini)

Talvolta gli articoli avevano qualche problema:
La batteria (cannone) nordista durante la guerra civile non è stato un buon progetto. Però per inserire nel suo interno la molla, non si poteva fare diversamente... purtroppo dopo il terzo colpo si apriva...”.
Avevo chiesto allo scultore di modellare molti soldatini giapponesi con la baionetta, invece ne realizzò pochi. Gli feci una osservazione: va bene la mitragliatrice ed i soldato che muore, va bene la bandiera, perché senza di essa i giapponesi non combattono..., ma volevo più soldatini con la baionetta!” (Franco Pezzini)

Riguardo il primo approccio nel 1977 dell'Atlantic on la fantascienza:
Suggerii a Compagnoni di proporre ai ragazzi la fantascienza.
Mi rispose di no... “Facciamo lo storico, guarda gli egiziani come vanno bene! Poi faremo i greci e i romani”...
Se la fantascienza non interessava a Compagnoni, non interessava a nessuno. Io invece ero contento del genere perché nel settore si poteva inventare di tutto...”. (Franco Pezzini)

Poi il cambio di rotta (tardivo) di Compagnoni:
Pochi mesi dopo l'incontro senza esito con Savazzi, esce al cinema Guerre Stellari.. un boom: qualsiasi oggetto in vendita, se era legato alla fantascienza andava a ruba.
Compagnoni allora si ricredette e diede il via al fantasy.
Purtroppo il colpevole ritardo rispetto l'uscita del film di Lucas non consentirà alla serie di avere il successo auspicato...”. (Franco Pezzini)

Inizia il calo di vendite, ecco due stralci che ne spiegano il perché:
La crisi dei giocattoli inizia con i cartoni giapponesi, i bambini stavano davanti alla televisione invece di giocare. Anche oggi si vende molto quello che viene pubblicizzato in televisione al momento, ma non c'è niente che possa essere venduto per un lungo lasso di tempo come i soldatini Atlantic...”. (Franco Pezzini)

Compagnoni riuscì nella sua attività fintanto che rimase nel settore vincente ed innovativo del soldatino di plastica... quando c'è stato un radicale cambiamento di rotta ed il mercato stava andando verso la fantascienza, i robot giapponese e i giochi spaziali, dove Compagnoni era completamente a digiuno e spiazzato, ha fatto delle scelte avventate salvo poi pentirsi, cambiare rotta, dire e disdire; da lì sono nati i ritardi e dei disguidi che hanno poi segnato la ditta Atlantic...”. (Ezio Savazzi)

Le cause della crisi della Atlantic furono numerose:
Il cambio di gusti dei bambini, che passarono dal soldatino alla fantascienza e agli anime;
Non aver prodotto la serie Galaxy nel 1977, che avrebbe permesso di sfruttare il boom di Guerre Stellari;
Eccessivi investimenti in pubblicità;
Aver prodotto articoli sugli anime (Goldrake e Capitan Harlock) senza centrare perfettamente il periodo della trasmissione tv;
I costi delle royalties pagati alla Toei Animation per i diritti su Goldrake e Capitan Harlock;
Il mancato successo nell'ingresso nel mercato Usa a causa di mancanza di liquidità dovuta ai fattori sopra esposti;
L'impossibilità, sempre a causa della mancanza di liquidità, di ottenere nuove licenze sugli anime;
Costi più bassi dei giocattoli provenienti dall'Asia.

Sull'ultimo punto è il caso di ricordare che la stessa Atlantic aveva fondato il suo iniziale successo proprio sui bassi costi dei propri soldatini (100 lire a scatola!).

Nell'estate del 1979 escono gli articoli sulle serie animate giapponesi:
L'Atlantic realizzò solo Capitan Harlock e Goldrake. Compagnoni porta a casa da Hong Kong dei modelli di Goldrake ed Harlock ed ottiene le licenze dalla Toei Animation per produrli in Italia. Li copia e li realizza più piccoli dei modelli che aveva acquistato. Impiega più di sei mesi per fare gli stampi e poi produrli, ma ormai quei cartoni in TV sono finiti...”. (Romeo Gusmini)
Per esperienza lavorativa personale mi permetto di precisare che sei mesi per fare gli stampi e produrli sono un tempo relativamente molto breve, specialmente alla fine degli anni 70, senza la tecnologia attuale.

Anche Goldrake e Capitan Harlock sono stati un errore di strategia commerciale... I soldatini ed i giocattoli Atlantic erano venduti sempre meno sul mercato, perché cominciava l'invasione dei cartoni giapponesi. Compagnoni era pertanto intenzionato ad acquistare i diritti di Goldrake e Capitan Harlock e mi chiese un parere in proposito. Risposi che ero contrario a tale scelta produttiva, perché dopo un mese sarebbero stati programmati altri eroi televisivi!
L'Atlantic poteva infatti investire un sacco di quattrini e sei mesi di tempo per fare gli stampi ed entrare in produzione, ma rischiava di non vendere niente perché i bambini vogliono solo quello che c'è in televisione al momento.
Compagnoni ha fatto realizzare ugualmente entrambi i personaggi giapponesi, che non sono stati purtroppo il successo commerciale preventivato...” (Franco Pezzini)

Nel 1980 i giocattoli Atlantic non sono più richiesti dal mercato:
Per sei mesi, tra il 1979 ed il 1980, la ditta non rilasciò neanche una fattura.
I grossisti non riuscivano più a collocare i nostri prodotti sul mercato ed il materiale invenduto era reso in ditta oppure, talvolta, trattenuto e non pagato!
In conseguenza della crisi del settore e probabilmente amareggiato dalla situazione in essere, Compagnoni comincia a maturare l'idea di abbandonare l'attività.” (Romeo Gusmini)

Primi anni 80:
Durante il periodo dell'amministrazione controllata l'azienda aveva le risorse per risollevarsi, ma non disponeva della necessaria liquidità. Il curatore della procedura inibiva inoltre i nuovi investimenti, favorendo invece la liquidazione dei beni per estinguere i debiti societari... La ditta in amministrazione controllata qualcosa riusciva a produrre, però non poteva realizzare dei giocattoli nuovi e soprattutto non poteva effettuare degli investimenti.” (Romeo Gusmini)

Da notare che più volte, in varie testimonianze dirette dei dirigenti, e riportate del proprietario, la colpa del calo di interesse verso i soldatini viene data alla tv, cioè al tempo che i bambini passavano davanti ad essa per vedere i famigerati “cartoni animati giapponesi”, e quindi non giocando più. Questa era una delle tante “colpe” degli anime che non conoscevo. Personalmente posso solo portare la mia testimonianza: io guardavo i cartoni animati giapponesi e giocavo coi soldatini Atlantic, poi ho perso interesse per i secondi, ma non per i primi (interesse che dura tutt'ora), La causa fu il crescere, non gli anime.

Nell'aprile del 1988 cessa l'attività della Atlantic, che non lascia debiti, pagando tutte le fatture. Gli stampi vengono venduti alla Niagara di Milano, hanno un valore di circa 400 milioni di lire.
Il fondatore della Atlantic, Sandro Compagnoni, muore il 19 marzo 1999.
Conclusa la dettagliata ed interessante storia della Atlantic, si passa al “post Atlantic”, con l'ingresso della ditta Niagara (ancora in attività a Cologno Monzese), che aveva rilevato gli stampi. Li tenne fino al 1989, e poi li vendette a sua volta (tranne 25 stampi considerati di particolare pregio artigianale) all'imprenditore iracheno Kaschab. Era il 1990, l'embargo economico all'Iraq, nella prima guerra del golfo, bloccò i 500/600 stampi ex Atlantic, nel 1991 i containers partirono per la loro destinazione finale.
Il successivo passo riguarda i primi anni 2000, con l'acquisto da parte della Nexus Edizioni degli stampi rimasti in Italia alla Niagara, per riproporli nelle edicole. Nel 2007/2008 c'è l'ulteriore passaggio di quegli stampi sopravvissuti alla Italeri.

Mauro Menghini ha portato avanti queste quattro pubblicazioni a livello amatoriale, senza scopo di lucro. Mi ha personalmente spiegato che, a seguito del rifiuto di alcune case editrici da lui contattate di pubblicare i libri, si è deciso a far stampare a proprie spese i volumi in una tipografia. Per questo il costo è alto e non figura nessuna casa editrice, inoltre manca il codice ISBN.
Infine tutte le scan che posto sono state autorizzate dall'autore, che mi ha anche inviato le immagini degli indici (che ho dovuto “ritagliare” per renderle visibili) e gli stessi indici in file “word” (agevolandomi di molto la stesura della recensione).
Le mie scan sono riconoscibili dal fatto che non presentano la pagina intera, il motivo è dovuto al tipo di rilegatura del libro/catalogo, che impedisce di aprirlo completamente.
Sfogliare queste pagine è un continuo tuffo al cuore, e leggere il testo ti fa apprezzare con quale impegno (e logica commerciale/produttiva) furono prodotti quei giocattolini di plastica. Affermare che è un libro dettagliato non rende bene l'idea del numero di immagini e dei precisi commenti con cui sono accompagnate. Il collezionista di articoli Atlantic troverà la guida totale per la propria passione, e il lettore nostalgico (in senso buono), come posso essere io, scoprirà una marea di informazioni e riscoprirà un mondo dimenticato.


 L'articolo con l'inagurazione del nuovo stabilimento a Treviglio.
















Lo stampo dei soldati tedeschi piccoli, si può notare che le incisioni sono tutte fatte a mano. Questo aspetto de "Il viaggio nell'Atlantic", cioè mostrare anche gli aspetti legati alla produzione, è quello che personalmente ho apprezzato di più.



















INDICE QUARTO VOLUME

Premessa al progetto
Atlantic, i giocattoli che hanno fatto epoca
Le origini
I primi anni ‘70
La seconda metà degli anni ‘70
La fine degli anni ‘70
I primi anni ‘80
La seconda metà degli anni ‘80
La fine degli anni ‘80
Gli anni ‘90
Atlantic, l’epilogo
Viaggio nell’Atlantic, quadro riepilogativo
Come l’araba fenice... il ritorno dei soldatini Atlantic
Atlantic nella storia, sulle tracce dell’azienda

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