TITOLO: Viaggio
nell'Atlantic. Atlantic, appunti di viaggio: un tuffo nel passato,
ricordando una delle più importanti industrie italiane del
giocattolo
AUTORE: Mauro Menghini; Giuseppe Berselli; Dario Carlotto; Roberto Testa
CASA EDITRICE:
PAGINE: 124
COSTO: 20€
ANNO: 2012
FORMATO: 30 cm X 24 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet a questo link
CODICE ISBN:
Il
quarto ed ultimo volume de “Il viaggio nell'Atlantic” consta del
minor numero di pagine rispetto agli altri tre, ma sono le pagine più
interessanti dal punto di vista saggistico, perché riguardano
“l'azienda Atlantic”. E' veramente raro che ci si soffermi sulla
storia di una azienda (e dei suoi lavoratori), ancora meno che si
cerchi di illustrare il suo processo produttivo, dall'ideazione dei
giocattoli, passando per le fasi produttive, e finendo con le
campagne pubblicitarie e il circuito delle vendite
all'ingrosso/dettaglio. La storia dell'Atlantic è precisa e
completa, descritta anno per anno, talvolta mese per mese.
Il
testo è costellato di continue citazioni ed aneddoti narrati dai
vari protagonisti, io ne riporterò un limitato numero a titolo
esplicativo dei momenti topici che affrontò l'azienda.
L'epopea
Atlantic nasce agli inizi degli anni 60 nel retrobottega del negozio
di giocattoli “Zia Gin” (madre di Sandro Compagnoni, patron della
futura Atlantic) in via Paolo Sarpi n° 25 a Milano. Furono Sandro
Compagnoni (proprietario del negozio) e Piero Guerra (modellista per
diletto) ad iniziare la creazione dei primi giocattoli artigianali:
Barche e motoscafi, plastici e fortini, questi ultimi due tutti in
termoformatura (vacuform).
Sulla
genesi del nome Atlantic ecco due testimonianze:
“Il
nome dell'azienda venne scelto un po' per caso. Compagnoni pensò che
servisse un nome che potesse dare un tocco di internazionalità.
“Atlantic” era un nome abbastanza internazionale perché
richiamava alla memoria l'oceano Atlantico o l'America.” (Romeo
Gusmini)
“Nei
primi anni della nostra comune attività frequentavamo insieme i
saloni del giocattolo. Compagnoni promuoveva e commercializzava
soprattutto motoscafi e barche in plastica termoformata... da qui il
nome Atlantic... come l'oceano... un nome suggerito dal genere di
giocattolo prodotto.” (Giovanni Casulla)
Riguardo
i bassi costi di produzione dei primi anni 70 è riportata questa
testimonianza di Romeo Gusmini:
“A
proposito dei costi di produzione e dei guadagni, nei primi anni 70
per la stampa del cartoncino della confezione servivano 65 centesimi;
una scatola finita, con dentro dei soldatini, veniva a costare in
tutto 12 o 13 lire. Le scatole quindi erano vendute ai distributori
per circa 40 lire, con un ricavo netto per l'Atlantic di quasi 30
lire al pezzo. A sua volta il distributore le rivendeva al
commerciante per 50 o 60 lire. Infine, il negoziante le rivendeva ai
bambini a 100 lire, guadagnando 40 o 50 lire per scatola... non era
poco!”.
Tra
le prime serie di soldatini ci fu quella delle “Grandi
Rivoluzioni”, che, oltre a Mao e Stalin, contemplavano Mussolini ed
Hitler. Questa scelta, se dal lato commerciale fu un successo (in
fondo i bambini ci giocavano, mica facevano politica), dall'altro
creò qualche polemica e protesta.
Ecco
uno stralcio di un articolo pubblicato da “Stampa Sera” nel
giungo 1975:
“Giochi
educativi per piccoli fascisti. La psicologia infantile è sempre
stata attratta dal fascino assurdo della guerra... ma lo spirito
creativo di chi sforna questi giochi ha superato il limite. Nelle
vetrine dei negozi è comparso in questi giorni un “passatempo”
incredibile. E' una scatola variopinta che contiene 20 pezzi
componibili, lugubri e neri. Sul coperchio c'è il Duce, braccio teso
nel saluto fascista, mascella quadrata ed il fez. La scatola di
pupazzetti ha un nome: “La marcia su Roma – Mussolini e le
camicie nere”.... ma i creatori superano se stessi. In un'altra
scatola fa bella mostra di se Adolfo Hitler, circondato dalle
famigerate “camicie brune” e dalle SS. A questo punto c'è solo
da chiedersi dove vogliono arrivare gli inventori ed i diffusori di
questi giochi.”
Queste
righe mi fanno nascere due considerazioni un po' contrastanti. La
prima è una minima condivisione della preoccupazione insita
nell'articolo: vedere il proprio figlio giocare coi soldatini di
nazisti e fascisti non doveva essere proprio il massimo per dei
genitori o dei nonni che avevano subito quei regimi (per conto mio io
i “cattivi” nazi-fascisti li facevo perdere sempre). La seconda
considerazione riguarda la tentazione di censurare (certo con buone
intenzione) i passatempi dei bambini: allora erano i soldatini
nazi-fascisti, oggi lo sono i videogiochi.
Sugli
alti volumi di produzione del periodo d'oro dei soldatini:
“A
metà degli anni 70 la richiesta dei soldatini fu tale da avere la
fila di acquirenti; per produrli in fabbrica si lavorava 24 ore al
giorno, sabato e domenica compresi, tranne a Natale e nelle
principali festività, con turni dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e
dalle 22 di sera alle 6 del mattino. Questo perché i venditori
esaurivano velocemente le scorte...” (Romeo Gusmini)
Talvolta
gli articoli avevano qualche problema:
“La
batteria (cannone) nordista durante la guerra civile non è stato un
buon progetto. Però per inserire nel suo interno la molla, non si
poteva fare diversamente... purtroppo dopo il terzo colpo si
apriva...”.
“Avevo
chiesto allo scultore di modellare molti soldatini giapponesi con la
baionetta, invece ne realizzò pochi. Gli feci una osservazione: va
bene la mitragliatrice ed i soldato che muore, va bene la bandiera,
perché senza di essa i giapponesi non combattono..., ma volevo più
soldatini con la baionetta!” (Franco Pezzini)
Riguardo
il primo approccio nel 1977 dell'Atlantic on la fantascienza:
“Suggerii
a Compagnoni di proporre ai ragazzi la fantascienza.
Mi
rispose di no... “Facciamo lo storico, guarda gli egiziani come
vanno bene! Poi faremo i greci e i romani”...
Se
la fantascienza non interessava a Compagnoni, non interessava a
nessuno. Io invece ero contento del genere perché nel settore si
poteva inventare di tutto...”. (Franco Pezzini)
Poi
il cambio di rotta (tardivo) di Compagnoni:
“Pochi
mesi dopo l'incontro senza esito con Savazzi, esce al cinema Guerre
Stellari.. un boom: qualsiasi oggetto in vendita, se era legato alla
fantascienza andava a ruba.
Compagnoni
allora si ricredette e diede il via al fantasy.
Purtroppo
il colpevole ritardo rispetto l'uscita del film di Lucas non
consentirà alla serie di avere il successo auspicato...”. (Franco
Pezzini)
Inizia
il calo di vendite, ecco due stralci che ne spiegano il perché:
“La
crisi dei giocattoli inizia con i cartoni giapponesi, i bambini
stavano davanti alla televisione invece di giocare. Anche oggi si
vende molto quello che viene pubblicizzato in televisione al momento,
ma non c'è niente che possa essere venduto per un lungo lasso di
tempo come i soldatini Atlantic...”. (Franco Pezzini)
“Compagnoni
riuscì nella sua attività fintanto che rimase nel settore vincente
ed innovativo del soldatino di plastica... quando c'è stato un
radicale cambiamento di rotta ed il mercato stava andando verso la
fantascienza, i robot giapponese e i giochi spaziali, dove Compagnoni
era completamente a digiuno e spiazzato, ha fatto delle scelte
avventate salvo poi pentirsi, cambiare rotta, dire e disdire; da lì
sono nati i ritardi e dei disguidi che hanno poi segnato la ditta
Atlantic...”. (Ezio Savazzi)
Le
cause della crisi della Atlantic furono numerose:
Il
cambio di gusti dei bambini, che passarono dal soldatino alla
fantascienza e agli anime;
Non
aver prodotto la serie Galaxy nel 1977, che avrebbe permesso di
sfruttare il boom di Guerre Stellari;
Eccessivi
investimenti in pubblicità;
Aver
prodotto articoli sugli anime (Goldrake e Capitan Harlock) senza
centrare perfettamente il periodo della trasmissione tv;
I
costi delle royalties pagati alla Toei Animation per i diritti su
Goldrake e Capitan Harlock;
Il
mancato successo nell'ingresso nel mercato Usa a causa di mancanza di
liquidità dovuta ai fattori sopra esposti;
L'impossibilità,
sempre a causa della mancanza di liquidità, di ottenere nuove
licenze sugli anime;
Costi
più bassi dei giocattoli provenienti dall'Asia.
Sull'ultimo
punto è il caso di ricordare che la stessa Atlantic aveva fondato il
suo iniziale successo proprio sui bassi costi dei propri soldatini
(100 lire a scatola!).
Nell'estate
del 1979 escono gli articoli sulle serie animate giapponesi:
“L'Atlantic
realizzò solo Capitan Harlock e Goldrake. Compagnoni porta a casa da
Hong Kong dei modelli di Goldrake ed Harlock ed ottiene le licenze
dalla Toei Animation per produrli in Italia. Li copia e li realizza
più piccoli dei modelli che aveva acquistato. Impiega più di sei
mesi per fare gli stampi e poi produrli, ma ormai quei cartoni in TV
sono finiti...”. (Romeo Gusmini)
Per
esperienza lavorativa personale mi permetto di precisare che sei mesi
per fare gli stampi e produrli sono un tempo relativamente molto
breve, specialmente alla fine degli anni 70, senza la tecnologia
attuale.
“Anche
Goldrake e Capitan Harlock sono stati un errore di strategia
commerciale... I soldatini ed i giocattoli Atlantic erano venduti
sempre meno sul mercato, perché cominciava l'invasione dei cartoni
giapponesi. Compagnoni era pertanto intenzionato ad acquistare i
diritti di Goldrake e Capitan Harlock e mi chiese un parere in
proposito. Risposi che ero contrario a tale scelta produttiva, perché
dopo un mese sarebbero stati programmati altri eroi televisivi!
L'Atlantic
poteva infatti investire un sacco di quattrini e sei mesi di tempo
per fare gli stampi ed entrare in produzione, ma rischiava di non
vendere niente perché i bambini vogliono solo quello che c'è in
televisione al momento.
Compagnoni
ha fatto realizzare ugualmente entrambi i personaggi giapponesi, che
non sono stati purtroppo il successo commerciale preventivato...”
(Franco Pezzini)
Nel
1980 i giocattoli Atlantic non sono più richiesti dal mercato:
“Per
sei mesi, tra il 1979 ed il 1980, la ditta non rilasciò neanche una
fattura.
I
grossisti non riuscivano più a collocare i nostri prodotti sul
mercato ed il materiale invenduto era reso in ditta oppure, talvolta,
trattenuto e non pagato!
In
conseguenza della crisi del settore e probabilmente amareggiato dalla
situazione in essere, Compagnoni comincia a maturare l'idea di
abbandonare l'attività.” (Romeo Gusmini)
Primi
anni 80:
“Durante
il periodo dell'amministrazione controllata l'azienda aveva le
risorse per risollevarsi, ma non disponeva della necessaria
liquidità. Il curatore della procedura inibiva inoltre i nuovi
investimenti, favorendo invece la liquidazione dei beni per
estinguere i debiti societari... La ditta in amministrazione
controllata qualcosa riusciva a produrre, però non poteva realizzare
dei giocattoli nuovi e soprattutto non poteva effettuare degli
investimenti.” (Romeo Gusmini)
Da
notare che più volte, in varie testimonianze dirette dei dirigenti,
e riportate del proprietario, la colpa del calo di interesse verso i
soldatini viene data alla tv, cioè al tempo che i bambini passavano
davanti ad essa per vedere i famigerati “cartoni animati
giapponesi”, e quindi non giocando più. Questa era una delle tante
“colpe” degli anime che non conoscevo. Personalmente posso solo
portare la mia testimonianza: io guardavo i cartoni animati
giapponesi e giocavo coi soldatini Atlantic, poi ho perso interesse
per i secondi, ma non per i primi (interesse che dura tutt'ora), La
causa fu il crescere, non gli anime.
Nell'aprile
del 1988 cessa l'attività della Atlantic, che non lascia debiti,
pagando tutte le fatture. Gli stampi vengono venduti alla Niagara di
Milano, hanno un valore di circa 400 milioni di lire.
Il
fondatore della Atlantic, Sandro Compagnoni, muore il 19 marzo 1999.
Conclusa
la dettagliata ed interessante storia della Atlantic, si passa al
“post Atlantic”, con l'ingresso della ditta Niagara (ancora in
attività a Cologno Monzese), che aveva rilevato gli stampi. Li tenne
fino al 1989, e poi li vendette a sua volta (tranne 25 stampi
considerati di particolare pregio artigianale) all'imprenditore
iracheno Kaschab. Era il 1990, l'embargo economico all'Iraq, nella
prima guerra del golfo, bloccò i 500/600 stampi ex Atlantic, nel
1991 i containers partirono per la loro destinazione finale.
Il
successivo passo riguarda i primi anni 2000, con l'acquisto da parte
della Nexus Edizioni degli stampi rimasti in Italia alla Niagara, per
riproporli nelle edicole. Nel 2007/2008 c'è l'ulteriore passaggio di
quegli stampi sopravvissuti alla Italeri.
Mauro
Menghini ha portato avanti queste quattro pubblicazioni a livello
amatoriale, senza scopo di lucro. Mi ha personalmente spiegato che, a
seguito del rifiuto di alcune case editrici da lui contattate di
pubblicare i libri, si è deciso a far stampare a proprie spese i
volumi in una tipografia. Per questo il costo è alto e non figura
nessuna casa editrice, inoltre manca il codice ISBN.
Infine
tutte le scan che posto sono state autorizzate dall'autore, che mi ha
anche inviato le immagini degli indici (che ho dovuto “ritagliare”
per renderle visibili) e gli stessi indici in file “word”
(agevolandomi di molto la stesura della recensione).
Le
mie scan sono riconoscibili dal fatto che non presentano la pagina
intera, il motivo è dovuto al tipo di rilegatura del libro/catalogo,
che impedisce di aprirlo completamente.
Sfogliare
queste pagine è un continuo tuffo al cuore, e leggere il testo ti fa
apprezzare con quale impegno (e logica commerciale/produttiva) furono
prodotti quei giocattolini di plastica. Affermare che è un libro
dettagliato non rende bene l'idea del numero di immagini e dei
precisi commenti con cui sono accompagnate. Il collezionista di
articoli Atlantic troverà la guida totale per la propria passione, e
il lettore nostalgico (in senso buono), come posso essere io,
scoprirà una marea di informazioni e riscoprirà un mondo
dimenticato.
Lo stampo dei soldati tedeschi piccoli, si può notare che le incisioni sono tutte fatte a mano. Questo aspetto de "Il viaggio nell'Atlantic", cioè mostrare anche gli aspetti legati alla produzione, è quello che personalmente ho apprezzato di più.
INDICE
QUARTO VOLUME
Premessa
al progetto
Atlantic, i
giocattoli che hanno fatto epoca
Le origini
I primi anni ‘70
La seconda metà
degli anni ‘70
La fine degli
anni ‘70
I primi anni ‘80
La seconda metà
degli anni ‘80
La fine degli
anni ‘80
Gli anni ‘90
Atlantic,
l’epilogo
Viaggio
nell’Atlantic, quadro riepilogativo
Come l’araba
fenice... il ritorno dei soldatini Atlantic
Atlantic nella
storia, sulle tracce dell’azienda
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