TITOLO: Giappone. Ieri oggi,
domani (Eroi di terre sconosciute)
AUTORE: Edgar Lajtha
CASA EDITRICE: S.A Editrice Genio
PAGINE: 210
COSTO: 20€?
ANNO: 1936
FORMATO: 23 cm X 16 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN:
Una
considerazione sul titolo. In copertina compare “ Eroi di terre
sconosciute”, sulla costina il cognome dell'autore più “Giappone,
mentre all'interno il titolo è “Giappone. Ieri oggi, domani”.
Questo mi fa ipotizzare, anche in base al disegno della copertina,
che lo scritto di Edagar Lajtha fu usato per una qualche tipo di
collana su nazioni molto lontane e poco conosciute.
Questo
non è il primo libro che leggo (e recensisco) scritto prima della
seconda guerra mondiale, ma è il primo scritto da un non italiano (un ungherese credo),
infatti si nota l'assenza totale di lodi al fascismo e citazioni
entusiastiche di Mussolini. Posso immaginare che l'autore non fosse
di ideologia fascista, infatti riporta i fatti abbastanza in maniera
neutra, non volendo convincere il lettore di alcunché. Trovo che di
questi libri che ho letto sia uno dei migliori, probabilmente
conterrà anche delle imprecisione, lo stesso autore avverte che
prima del suo viaggio non conosceva il Giappone, ma è scritto in
maniera equilibrata. La struttura del libro è quella degli appunti
di viaggio, con tanti aneddoti e numerose divagazioni, ma anche con
analisi politiche che spesso, e purtroppo, si son dimostrate
veritiere.
Parte
prima: Isola e uomini
Capitolo
1
Gli
dei vanno a casa
Già
alla prima pagina c'è una di quelle perle di rara sincerità
involontaria di cui sono pieni i libri di questo periodo. L'autore
racconta al lettore che, una volta saliti sulla nave giapponese, che
porta il turista a Nagasaki, questi deve dismettere l'atteggiamento
colonialista coi camerieri: “quel tono coloniale, quel tono da
padrone al quale, fra Suez e Sciangai, s'era abituato nel trattare
con gli uomini bruni”.
Questo
perché i giapponesi sono anch'essi colonialisti, e non
tollererebbero un trattamento simile.
Capitolo
2
Il
treno in qualità di bambinaia
In
questo capitolo è raccontato che il turista straniero viene preso in
consegna (oltre dai detective che si informano continuamente su quel
che fa e farà) da delle “bambinaie da viaggio” maschili, che
hanno il compito di aiutarlo gratuitamente. L'autore viene
ragguagliato sul Giappone, e sul comportamento da osservare, da un
incaricato del “Board for tourist industry”:
“Guardati
dall'impiegare la parola orientale, estremo orientale, asiatico,
quando scrivi del Giappone, o di cose giapponesi. Noi siamo una parte
dell'Oriente, però nulla della nostra vita è orientale, tutto è
esclusivamente giapponese.
Nel
Giappone, non avete bisogno di sorvegliare le vostre robe, perché da
noi non vi sono tanti ladri quanti nelle vostre città. Da noi, non
rubano nemmeno i più poveri.
Non
abbiate nessuna paura. Nelle nostre città, voi potete percorrere di
notte anche i quartiere più miserabili. Da noi non vi sono gangster,
le donne camminano sole per via, non vengono molestate. Da noi la
gente, quanto è più povera, tanto più merita rispetto.”
L'opuscolo
ricevuto dall'autore continua su questo registro per altre righe.
Capitolo
3
Fiori,
preti e canzoni
L'autore
visita Nara, luogo di templi buddisti. Qui apprende e ci racconta
l'origine del ikebana: 1200 anni prima, sempre qui a Nara, i preti
buddisti raccoglievano i fiori caduti dai rami dopo una tempesta, e
li ponevano in coppe d'oro sotto l'altare di Buddha.
Capitolo
4
Tokyo:
descrizione illustrata di una grande città
Viene
presentata Tokyo: strade, palazzi, luoghi di divertimento, ma poi si
passa a disquisire della passione nipponica per il bagno e le geishe.
Capitolo
5
Gli
affari delle geishe
questo
capitolo è incentrato sulla professione di geisha. L'autore entra in
una scuola per geisha del quartiere di Shimbashi. Tra i tanti
aneddoti traspare la preoccupazione che la modernità e i film
americani porteranno alla scomparsa della geisha, perché i giovani
ricercano donne all'americana.
Capitolo
6
Le
eroine di Joshiwara
Il
titolo recita “eroine” perché per l'autore queste ragazze si
sono sacrificate per la famiglia, accettando di essere vendute alle
case di piacere per dare un reddito ai genitori.
La
geisha diverte il ricco, mentre per chi non se le può permettere c'è
il quartiere di Joshiwara, con le sue prostitute. Se si è ancora più
poveri ci si può rivolgere al quartiere di Tamanoi.
E'
riportato un articolo del “The Japan Advertiser” del novembre
1934 in cui Hozen Tonaka, dirigente della “lega delle donne
patriottiche”, racconta la consuetudine dei contandini poveri di
vendere ai postriboli le proprie figlie femmine, dai 13 anni di età.
Questa vendita della figlia ha le sue radici nel Giappone feudale, ed
è così tanto radicata che al momento della nascita di una figlia
tutti si congratulano per il futuro possibile guadagno. Hozen Tonaka
racconta che la loro opera di dissuasione è ostacolata sia dai
contadini, per il rischio di perdere un introito certo, che dai
funzionari d villaggio, in quanto coi soldi della vendita della
figlia i contadini saldano le tasse dovute. A questo punto l'autore
descrive minuziosamente l'ambiente di una casa di piacere a
Joshiwara: come si presenta la ragazza, come si sceglie,
l'organizzazione della casa, le tariffe orarie, gli inganni dei
gestori per far indebitare le ragazze e far protrarre il contratto
dai 3/5 fino ai 15 anni (se sopravvivono alle malattie).
E'
descritto il sobborgo della prostituzione illegale a Tamanoi.
Illegale non in quanto sconosciuto alle autorità, che lo tollera, ma
perché le case non hanno la concessione e la sorveglianza igienica.
Capitolo
7
Dove
i treni non si fermano
L'autore
si reca in un villaggio di contadini intorno a Tokyo, il villaggio di
Miyakawa. Fa tappa nella scuola, e descrive la cerimonia di riverenza
verso l'immagine dell'imperatore, posta all'interno di una casupola
di cemento. Cerimonia che si ripete due volte al giorno in ogni
scuola della nazione, nata in epoca Meiji proprio allo scopo di
rendere l'imperatore un culto da riverire. Il fanatismo verso questa
immagine “sacra” lo si comprende meglio dal fatto che in caso di
incendio o terremoto ci si doveva occupare di portare in salvo
l'effige dell'imperatore (Hirohito in questo caso). Salvataggio che
causò la morte di numerose persone, e anche di suicidi, nel caso non
ci si fosse riusciti.
Capitolo
8
Hakodate
fiammeggiante
L'autore
si sposta in Hokkaido, raccontando la storia di questa isola
“straniera” e della sua colonizzazione.
Capitolo
9
I
padroni del paese in gabbie da scimmie
In
questo capitolo si racconta la situazione della esigua popolazione
originaria dell'Hokkaido, gli sconfitti e ghettizzati Ainus. L'autore
si dispiace per come è esposto ai turisti questo fiero popolo, che è
piombato in una povertà peggiore di quella degli indiani d'America,
ed il cui destino è ancora più funesto. In quanto nel 1930 si
stimava esistessero solo 15 mila ainu, di cui solo 5000 al cento per
cento ainu. Sono descritte varie usanze ainu.
Capitolo
10
La
vita in un isola fredda: Sachalin
L'autore
arriva sull'isola di Sachalin, che divenne giapponese nel 1905, per
questo vi vive una folta popolazione di Russi zaristi e una minoranza
di polacchi, in quanto confinati qui dagli zar perché ribelli.
Parte
seconda: Le muse dei conquistatori
Capitolo
11
Giappone,
seconda patria di Beethoven
E'
raccontato di quanto fosse comune l'ascolto della musica sinfonica e
lirica in Giappone: alla radio, con i grammofoni, dal vivo grazie a
numerosissime orchestre nipponiche.
Capitolo
12
La
spada regge il film
Oltre
alla musica i giapponesi sono appassionati di cinema, hollywoodiani
nelle grandi metropoli, giapponesi in periferia.
Capitolo
13
L'onorevole
luna
La
passione artistica dei giapponesi per la luna.
Capitolo
14
Nel
teatro dei giganti dipinti
Anche
il teatro era molto seguito, e godeva di una tradizione secolare. Si
tratta del teatro composto da solo uomini (che recitano anche le
parti femminili), intervistando l'attore Shotscio. Per poi passare al
teatro kabuki, intervistando l'attore Kikugoro Onoye.
Capitolo
15
Teatro
occidentale nel crogiolo giapponese
Anche
il teatro occidentale è rappresentato in Giappone, sono riportate le
opere teatrali che più riscontro hanno nel pubblico nipponico.
Capitolo
16
Takarazuka,
opera per ragazze
Non
poteva mancare il teatro Takarazuka, relativamente nuovo, in cui le
donne interpretano anche i ruoli maschili, e che oggi nel 2013 è
ancora rappresentato. Sono riportate tutte le informazioni più
importanti riguardanti il Takarazuka, che fu fondato da Ishiso
Kobayashi nella località balneare di Takarazuka con 12 sole
attrici. Le ragazze possono diventare attrici di questo teatro
passando un severo esame, su mille domande solo 100 vengono
accettate, e di queste solo 50 passano l'esame. Le prescelte vi
entrano a 12 anni, con un contratto di 9 anni, durante il quale
andranno a scuola e reciteranno. Fino alla fine del contratto non
potranno sposarsi, previo pagamento di una salata multa, e mai
potranno ad altre compagnie teatrali. Secondo l'autore il tipo di
vita condotto da una diva del Takarazuka è pietoso, tanti sono i
sacrifici, quasi nessuno il lusso. L'autore riesce con difficoltà ad
intervistare la famosa attrice Fukuko Sayo, sorvegliata dagli agenti
del teatro.
Capitolo
17
Prima
lo spirito e poi il corpo
Sono
istruzione e lettura di libri i soggetti di questo capitolo. Oltre al
fatto che negli anni 30 il 99 per cento della popolazione era
alfabetizzata, si spiega quanto fosse impegnativo e gravoso il
compito dello studente nipponico. Tanto che già allora ogni anno 3
mila di loro si toglievano la vita a causa dello stress, e per questo
molto docenti non avevano il coraggio di dare brutti voti.
L'autore
annota una consuetudine editoriale tutta giapponese, pagare uno
scrittore straniero per fargli scrivere un libro sul Giappone, il cui
contenuto è stato già redatto dall'editore. In questo modo la
propaganda faceva più presa sulla popolazione, in quanto leggere
della grandiosità del Giappone da parte di uno straniero era più
efficace che se fosse stato scritto da un connazionale. Nel solo 1933
furono stampati 24 mila nuovi titoli.
Capitolo
18
La
saggezza del tè verde
Visti
alcuni lati stressanti della società giapponese la popolazione si
rilassa sorseggiando il tè, è spiegata l'importanza della cerimonia
del tè.
Parte
terza: Il ritmo del lavoro giapponese
Capitolo
19
Il
segreto delle merci a buon mercato
“Made
in Japan!”, questa è la terribile dicitura che terrorizzava gli
imprenditori occidentali, le cui merci erano messe fuori mercato dai
costi irrisori di quelle nipponiche. Il capitolo spiega il perché di
quei bassi costi di allora: non il dumping; non la svalutazione; non
il basso tenore di vita dei giapponesi; Non lo sfruttamento estremo
di operai ed operaie.
La
carta vincente delle merci giapponesi era lo spirito nazionalista dei
suoi lavoratori, che lavoravano per il “grande Giappone”, non per
se stessi.
Chissà
se era vero...
Capitolo
20
In
una fabbrica di kimono
E'
raccontato il processo produttivo di una fabbrica artigianale di
kimono.
Capitolo
21
I
minatori di Tsubo
Sono
illustrate le condizioni di lavoro in una miniera di rame di Tsubo,
che estrae materiale da 300 anni. Pare che i minatori giapponesi
siano gli unici al mondo ad essere felici di fare questo duro lavoro.
Capitolo
22
Le
ragazzine delle fabbriche
Qui
si illustrano le condizioni di lavoro e vita delle operaie dai 13 ai
24 anni di una filanda, la “Toyo Boseku”, la più grande filanda
esistente al mondo. Le due mila ragazze vivono in fabbrica, mangiano
nel refettorio, finito il turno di lavoro ci sono corsi educativi,
possono ricevere visite tre volte al mese. Il contratto è stipulato
con la famiglia, una parte dello stipendio resta alla ragazza come
dote per il matrimonio, di norma a 21 anni si licenziano per
sposarsi. L'autore spiega come le condizioni di lavoro di queste
operaie delle “Toyo Boseku” siano molto migliori di tante altre
impiegate in piccole aziende.
Capitolo
23
L'industrializzazione
della perla
E'
raccontata la storia completa di Kokichi Mikimoto e della sua
invenzione: l'industrializzazione della perla coltivata.
Capitolo
24
Il
viaggio dei pesci verso le fabbriche natanti
Questo
capitolo si concentra sulla descrizione della fiorente industria
ittica nipponica. E' descritta l'invenzione giapponese delle navi da
pesca/fabbrica, in cui il pesce appena pescato viene lavorato. Le
condizioni di lavoro erano terribili, in quanto le navi non dovevano
sottostare alle leggi sulle fabbriche della terraferma. Alla fine del
capitolo l'autore fa una previsione lungimirante sulla
insostenibilità ambientale ed economica dell'enorme consumo di pece
per il futuro aumento della popolazione giapponese.
Capitolo
25
Il
grande piano alimentare
A
causa dell'aumento della popolazione le autorità erano preoccupate
per il rischio che in futuro potessero mancare abbastanza calorie
nutritive per far crescere un popolo sano (e combattivo). Per questo
venne affidato al professore Tadasu Saiki, direttore dell'istituto
imperiale dell'alimentazione, un piano alimentare pluriennale. Il
piano prevedeva la somministrazione del corretto quantitativo di
calorie al minimo costo possibile. Sono descritti gli esperimenti
scientifici del professore Saiki per scoprire il giusto numero di
calorie da assumersi giornalmente, a me son sembrati poco
scientifici... Guarda caso si studiavano anche alimentazioni
alternative per la popolazione in caso di guerra, che avrebbe ridotto
la quantità di derrate alimentari. Tipo la carne di serpe, il pane
di paglia(!) e quello di foglie di piante(!!), le cavallette in salsa
di soia (che pare siano più nutrienti del pesce), ma anche cani,
gatti (il “coniglio” italiano in tempo di guerra), chiocciole e
rane (già facenti parte del menù europeo).
Parte
quarta: La marcia sull'Asia
Capitolo
26
La
via del paradiso
“Territorio
che accoglierà l'eccesso della nostra popolazione... Campo di
smercio per i nostri manufatti... Fonti per le nostre materie
prime... Barriera contro la Russia comunista...”: tutto questo era
la Manciuria cinese, cioè il Manciukò giapponese, per il Giappone.
L'autore
narra dello sforzo delle autorità nipponiche per far considerare ai
giapponesi il Manciukuò la nuova terra promessa, spingendoli a
colonizzarla (peccato, aggiungo io, ci fossero già i cinesi da
qualche migliaio di anni...). E' descritto lo sfruttamento giapponese
dell'industria cinese della soia. L'autore si reca nel Manciukuò
descrivendone tutte le tappe e ciò che vede. Sono riportati gli
investimenti economici giapponesi nel manciukuò, l'attività
militare dell'armata giapponese del Kwantung, lo stato fantoccio
affidato all'ex imperatore cinese Enrico Puyi, i complotti giapponesi
per impossessarsi della Manciuria del 1931.
Capitolo
27
Il
ritratto di una città che si sta formando
La
descrizione della capitale del Manciukuò: Hsingking.
Capitolo
28
I
giapponesi comandano, i cinesi marciano
“I
giapponesi educano, dominano, comandano soli in questo enorme stato”.
I giapponesi crearono l'etnia dei manciuriani, considerandolo un
popolo differente dai cinesi. Il loro scopo era quello di trasformare
30 milioni di manciuriani in simil giapponesi, dimostrando agli altri
400 milioni di cinesi quanti vantaggi avrebbero avuto a farsi
governare da loro.
Capitolo
29
Paradiso
delle razze?
E'
raccontato come la propaganda giapponese descrivesse il Manciukuò
come il “paradiso delle razze”, in quanto vi convivevano
“pacificamente” giapponesi, cinesi, coreani e russi (zaristi).
Capitolo
30
L'albergo
Yamato, a Hsingking
E'
narrata la ricca e varia umanità ospitata nell'albergo Yamato a
Hsingking. Tra i personaggi descritti vi è il generale Minami,
ambasciatore del Giappone e comandante dell'armata del Kwantang, in
prativa il vero governante del Manciukuò.
Capitolo
31
Commedia
e realtà
E'
ben illustrato quanto poco contassero nel governo del paese
l'imperarore Puyi (contornato ormai quasi solo da giapponesi) e i
ministri di governo, col potere reale tutto in mano al 1 per cento
della popolazione, cioè i giapponesi.
Un
cinese collaborazionista di alto livello confessa all'autore che loro
si rendevano conto che il potere era in mano ai giapponesi, ma
avevano la speranza che in un futuro lontano, la maggiore crescita
demografica cinese, li avrebbe portati da 30 a 100 milioni, in modo
da permettere loro di impossessarsi del Manciukuò. Intanto i
giapponesi, con lo slogan “l'Asia agli asiatici”, che in realtà
significava “il Giappone alla testa dell'Asia”, si preparavano ad
espandersi ulteriormente a nord.
Parte
quinta: Lo spirito
Capitolo
32
La
scuola dei vulcani
L'autore
spiega lo spirito dei giapponesi attraverso l'illustrazione del
bushido e della sua storia. L'etica del bushido, che durante lo
shogunato era propria dei samurai, con la Restaurazione Meiji fu
inoculata a tutta la popolazione, che la applicava in ogni attività
che intraprendeva.
Capitolo
33
Il
Dio vivente
Capitolo
incentrato sul Dio vivente “Ara-hito-kami”, e sulla convinzione
del popolo che esso fosse realmente un dio. Credenza che li portò a
sacrificare la vita in decine di migliaia, alla quale pare Hirohito
non credesse, ma lasciò credere a 100 milioni di sudditi.
Capitolo
34
Il
sogno degli ufficiali
L'autore
ci spiega cosa aspetta il Giappone nei prossimi anni 40: una nuova
restaurazione Showa”.
Il
motore di questa nuova era saranno i militari, guidati dalla loro
etica da samurai. Il piano dei militari era prendere in consegna la
nazione e guidarla verso un'economia controllata, che eliminasse sia
la povertà che la ricchezza, uniformando le condizioni di vita del
popolo. Espandendo il controllo su tutta l'Asia, in onore
dell'imperatore. Sono raccontati gli omicidi (quasi colpi di stato)
da parte dei militari di esponenti civili del governo negli anni 1932
e 1936 (anno del libro). L'autore arriva a fare una considerazione
prendendo spunto dall'epilogo della ribellione di quell'anno
(febbraio 1936), che pare banale, ma che nell'odierno 2013 si stenta
ad applicare alla figura storica di Hirohito: “Il sogno degli
ufficiali può, da un giorno all'altro, perdere ogni probabilità di
realizzarsi. Ciò avverrebbe nel momento in cui il divino imperatore
dicesse un “no” definitivo. La Restaurazione Showa non può
essere altro che un'evoluzione. Perché, nel Giappone, ogni
rivoluzione deve fermarsi davanti ai muri del palazzo imperiale”.
Infatti
Hirohito si oppose alla rivolta militare del febbraio 1936, ordinando
alle truppe di tornare in caserma, facendola naufragare. Peccato non
abbia avuto lo stesso coraggio in seguito, o in precedenza...
Il
libro si conclude con i dubbi dell'autore che il nuovo primo ministro
Koki Hirota riuscisse a tenere a bada i militari, specialmente in
Manciuria. Restava, per Edgar Lajtha, la speranza nella figura a cui
tutti obbedivano: Hirohito.
Fiducia
mal riposta...
La costina del libro
Una caratteristica di questi libri sono le immagini contenute, che riporto di seguito interamente, le didascalie ne illutrsano il contenuto.
Trovo che questa sia in assoluto la foto più importante del libro, oltre che la più drammatica. Il fanatismo di un intero popolo che s'inchina al cospetto di una semplice immagine, neppure mostrata, in quanto l'effige dell'imperatore restava celata agli sguardi umani, portò il Giappone quasi alla totale distruzione. Provocando milioni di morti nelle popolazioni civili delle nazioni conquistate. E questa era una scuola...
La vita in fabbrica come quella in caserma.
Coolies cinesi.
Alunni cinesi, anzi, manciuriani, docenti poliziotti giapponesi.
La città perlifera di Toba, luogo natio di Kokichi Mikimoto.
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