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sabato 29 agosto 2015

Il Giappone quale è – Il Giappone conquistatore



TITOLO: Il Giappone quale è – Il Giappone conquistatore
AUTORE: Aloisio Mecs
CASA EDITRICE: Fratelli Treves Editori
PAGINE: 276
COSTO: 10/20€
ANNO: 1938
FORMATO: 22 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN:

Come spesso accade in libri di questo periodo le divagazioni all'interno di un capitolo (oggi li chiameremmo off-topic), che tratta uno specifico argomento, non mancano, come non sono assenti un certo numero di contraddizioni. Infatti capita che Aloisio Mecs in un capitolo faccia una perentoria affermazione, contraddetta poche pagine dopo una una opposta. L'autore fece anche un certo numero di previsioni storico-politiche, alcune azzeccate, altre molto meno.
Per tutti questi motivi il libro è una lettura interessante, specialmente se lo si riesce a recuperare a meno di 20 euro, cosa non impossibile.
A differenza di altri libri antecedenti la seconda guerra mondiale, che ho recensito qui sul blog, scritti da italiani, e quindi, purtroppo, infarciti di retorica fascista, essendo l'autore un giornalista ungherese, al lettore sono risparmiate tutte quelle stucchevoli leccate al regime... ciò non vuol dire che l'autore non avesse sue simpatie personali, chiaramente a favore del Giappone. Nonostante ciò, capita più di una volta che le sue lodi verso il popolo nipponico siano, lette oggi, ben poco lusinghiere, come quando li considera un popolo ingannatore.
Il libro è diviso in tre capitoli, nel primo (più o meno) si ripercorre il grande balzo tecnologico e sociale del Giappone dall'arrivo delle navi nere del Commodoro Perry fino al 1936, anche se poi l'autore narra in gran parte del suo rapporto con gli spioni mandati dalla polizia giapponese. Nel secondo si spiegano i motivi che spingevano il Giappone al predominio sia economico che territoriale. Nel terzo ed ultimo capitolo ci si concentra sull'aspetto militare e di politica estera collegato ai primi due, cioè con quali mezzi militari quel Giappone avrebbe ottenuto l'egemonia in Asia.
Una cosa curiosa che ho notato è che in tutto il libro non si accenna mai all'imperatore Hirohito, viene citato Meiji, ma il buon pacifista Hirohito viene ignorato, come anche il termine “imperiale”. Un lettore del 1938 avrà pensato che il Giappone avesse a capo un Presidente eletto dal popolo.
Ho insertito una ventina di scan con porzioni di scritto dell'autore, in quanto ritengo che alcune sue informazioni vadano lette direttamente
Chiedo scusa per le numerose scan storte, ma la rilegatura del libro si è un pelino lasciata andare in questi 75 e passa anni.

Capitolo 1: Il Giappone in progresso
Il risveglio del Giapponese
Breve illustrazione del tipo di governo fosse quello degli shogun Tokugawa, che curiosamente vengono chiamati “soguni”, anche se in altri punti si può leggere il più classico shogun.

Il cammino del Giappone verso la posizione di potenza mondiale
Si rievoca l'arrivo del commodoro Perry nel 1853, contro cui i daimyo risposero in due modi: 
guerra immediata; 
fingere di cedere, apprendere le conoscenze dei “barbari bianchi”, arricchirsi e fortificarsi, infine, opporsi.
Inutile dire che la tattica fu la seconda, aiutata dalla capacita innata dei giapponesi di trarre in inganno il prossimo



Distaccamenti di esploratori giapponesi in Europa
Uno dei segreti del balzo tecnologico di quel Giappone furono le missioni conoscitive svolte in Europa e negli Stati Uniti.
Nel raccontare di queste missioni dei giovani laureati giapponesi, l'autore narra che nel 1700 lo shogun Joshimune (Tokugawa Yoshimune) si recò in occidente per alcuni anni(?!)



Spie europee in Giappone
Mecs visse due anni in Giappone, ed una cosa che si capisce proprio non digerì fu il continuo controllo a cui era sottoposto da polizia e spie giapponesi. Trattamento che era riservato a tutti gli stranieri, visti in toto come pericolosi agenti segreti in missione di spionaggio. L'autore racconta numerosi aneddoti capitati ad amici, ma anche disavventure personali, che lo portano a notare come, mentre i giapponesi erano stati liberi di girare liberamente per le città occidentali ed apprendere tutta la conoscenza possibile, agli occidentali non era permesso quasi fare neppure il turista. Questo perché, per il governo giapponesem era scontato che gli occidentali si recassero in Giappone per lo stesso motivo che aveva spinto loro a visitare Europa ed Usa: spiare.

Ognuno può essere sospettato come spia nel Giappone
In questo capitolo sono riportate le esperienze dirette di straniero spiato. Si lamenta in particolare del trattamento subito quando, in qualità di giornalista, si recava in Corea, Manciuria e Cina del nord, ma dire che, essendo quelle zone di guerra, la cosa aveva anche un senso.

I fastidi dei forestieri
Sono elencati gli inconvenienti che gli stranieri dovevano subire a causa della fobia che i giapponesi avevano della spie. 

Storia del mio spionaggio
Qui l'autore racconta nei minimi particolari un caso accaduto a lui ed ad un suo amico statunitense.

Capitolo 2: Il Giappone conquistatore
La lotta per il ferro, il carbone e le comunicazioni a buon mercato
Nel raccontare sia dello strabiliante sviluppo dell'industria pesante in Giappone in soli 50 anni, che della contemporanea carenza di materie prime, l'autore considera d'importanza cruciale “l'avventurarsi nell'impresa della Manciuria”. Ai tempi il colonialismo era una cosa ovvia, come oggi le guerre per esportare la libertà...
Nel raccontare quanto si era sviluppa l'industria elettrica viene portato ad esempio un treno che sfrecciava a 110 Km/h!




E sullo sviluppo ferroviario si può trovare un piccolo ma significativo accenno al teatro Takarazuka!
Secondo Mecs il teatro Takarazuka venne fondato per far affluire persone alla stazione!




La piccola industria meccanizzata
Viene spiegato come la grande industria non uccideva l'artigianato, aiutandolo, invece, a meccanizzarsi, per aumentare la produzione e diminuire i costi.
Mecs racconta che il frigorifero, che in Europa era considerato un bene di lusso, in Giappone era alla portata di tutti, visto il costo forzatamente basso a cui era venduto. Lo scopo finale di questa vendita in perdita era quello di poter aumentare la vendita delle derrate alimentari.

Il segreto del dumping giapponese
Principalmente ci si dilunga nella descrizione della competitività dell'industria tessile, aiutata dalla manovra di svalutazione, eseguita in gran segreto, che dimezzò il valore dello yen rispetto a dollaro e sterlina.
Pur nel contesto economico l'autore fa delle considerazioni quasi profetiche se si pensa a ciò che capiterà a Pearl Harbor, viste le capacità giaponesi di operare nell'ombra.



  
La situazione degli operai nel Giappone
Uno dei motivi che rendeva competitivo il tessile giapponese erano gli esigui salari degli operai, specialmente delle operaie. In questo caso Mecs mi pare che non colse la situazione di semi schiavitù della giovani “assunte” nelle fabbriche, che quasi sempre erano parcheggiate dalla famiglia d'origine fino al matrimonio, in modo che, oltre ad portare a casa dei soldi, si costituissero la dote per il matrimonio. Per l'autore le operaie erano felici di lavorare per i loro principali, considerati una seconda famiglia, e grate per lo stipendio dato loro.

La guerra tessile
In questo capitolo sono sviscerate le tattiche industriali ed economiche che portarono il Giappone da importatore di macchinari e tessuti, ad esportatori di tessuti, mentre i macchinari li producevano autonomamente, conquistando i mercati di Asia ed Africa.
In uno slancio filo giapponese l'autore contesta la propaganda occidentale che mostrava un Giappone aggressivo, fatto rivelatosi abbastanza vero dai successivi accadimenti storici.




Mentre sono interessanti altre sue considerazioni, come quella che Gandhi poté boicottare i tessuti inglesi perché c'erano a disposizione, e a costo inferiore, quelli giapponesi.

Lo sviluppo senza precedenti della marina mercantile
Viene ripercorso il mostruoso sviluppo della marina commerciale nipponica, che in sei decenni passò dalle navi a vela shogunali ad una flotta moderna, inferiore solo a quella inglese. Interessante l'annotazione di Mecs che il governo stava ammodernando la flotta commerciale in modo da poterla sfruttare, all'occorrenza, a scopi militari.




Capitolo 3: Il Giappone terribile
L'esercito giapponese
Sorprendentemente l'autore considera propaganda il mito dell'audacia del soldato nipponico, esagerata dagli occidentali per generare la paura per il “pericolo giallo”, e che i giapponesi non smentirono perché onorati di tale considerazione. Mecs aggiunge che nel 1935 l'esercito nipponico non aveva ancora combattuto una vera guerra moderna di terra, quindi non era certo che potesse vincere una guerracontro le grandi potenze.
Questa affermazione verrà smentita nel proseguo del capitolo, con continui inni al coraggio del soldato nipponico.
Formalmente l'esercito giapponese era stato ridotto, ma in realtà i riservisti erano in continuo aumento, e le discipline militari erano insegnate fin dalla scuola media.





L'autore racconta che al ministero della guerra c'era un dipartimento che leggeva tutti i quotidiani più importanti delle altre nazioni, arrivando a conoscere addirittura la singola posizione politica di ogni quotidiano, l'origine dei finanziamenti al giornale, le biografie di direttori e capiredattori.
Nel descrivere, però, l'attività sul campo dei soldati e degli ufficiali imperiali mi pare si faccia influenzare dalla propaganda nipponica. Specialmente quando dipinge l'ufficiale come “affabile e cordiale”, seppur attento alla disciplina. Quando, invece, è appurato che una delle cause della spietatezza del soldato giapponese verso civili e militari nemici, fu proprio il trattamento violento subito a sua volta da superiori e commilitoni.




Più di una volta si accenna all'operato dell'armata del Kwantung in Manciuria contro le “bande di razziatori” cinesi, che ammontavano a 250 mila. Senza problemi viene scritto che venivano usati gas per sbaragliare le bande di razziatori, tra cui i giapponesi annoveravano anche chi si opponeva al loro regime, senza considerare che i gas non fanno distinzioni tra combattenti e civili.




La marina giapponese
Per l'autore i difetti della marina imperiale erano due, direi entrambi non dimostratisi veri.





A causa della mancanza di fantasia dei giapponesi, che impediva lorodi fingere una situazione, le esercitazioni venivano fatte con proiettili veri!



Sull'eventuale scontro navale tra Giappone ed angloamericani vengono fatte queste considerazioni, in parte dimostratesi a dir poco profetiche:





Quo Vadis Nippon?
Le domande dell'autore:
Come continuerà il suo sviluppo?
Dove volerà?
Diverrà un membro utile o nocivo dell'umanità?
Nel rispondersi esalta l'opera di civilizzazione di Corea e Manciuria portata avanti dai colonizzatori nipponici, ovviamente erano altri tempi.

Il bilancio della conquista della nuova patria
Viene spiegato che i “circoli militari” invasero la Manciuria per dare ai contadini giapponesi una nuova patria in cui non sarebbero più stati poveri e sfruttati, ma alla fine, della loro opera si impadronirono i grandi capitalisti nipponici.
Ma fa anche altre considerazioni curiose:






Qui Mecs toppa alla grande la sua previsione, e, comunque, in altri punti del libro, aveva scritto l'opposto...




Il maestro e il suo discepolo
Alla fine il Giappone aveva preso a modello l'Inghilterra, solo che al posto degli occidentali per l'Asia preferivano dei padroni asiatici: i giapponesi.
Riporto altre considerazioni dell'autore, che in parte contraddicono ciò che aveva scritto in precedenza, ma che in alcuni casi sono risultate veritiere.





Altro punto centrato: il Giappone era troppo povero per sopportare uno scontro a lungo termine contro gli Usa.




 Purtroppo per i cinesi è quello che succederà...




La seconda di copertina.




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