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sabato 29 luglio 2017

Hikikomori, nuova forma di isolamento sociale




TITOLO: Hikikomori, nuova forma di isolamento sociale
AUTORE: Iveta Vrioni
CASA EDITRICE: Youcanprint
PAGINE: 99
COSTO: 11 €
ANNO: 2017
FORMATO: 21 cm x 15 cm 
REPERIBILITA': sul web 

CODICE ISBN: 9788892646414


Talvolta mi capita di far la figura del criticone, e considerando che mi manca una scolarità specifica su qualsiasi argomento, tra cui gli hikikomori, rischio pure di sembrare presuntuoso >_<
Questo è l'ottavo saggio che ho potuto leggere sulla sindrome hikikomori, più qualche paragrafo su saggi che trattano della società giapponese, quindi, perlomeno, mi è possibile fare un raffronto tra le informazioni che ho letto, considerando che tutti questi libri non li ho studiati a memoria, ma solo letti, ergo qualche sfumatura o concetto mi sarà sfuggito oppure non lo avrò capito appieno.
Tutta questa premessa non per dire che il libro non sia da leggere (bisogna sempre farsi un'idea propria, mai fidarsi del blogger che spara sentenze a caso), però in alcuni punti sono rimasto un tantino perplesso.
Intanto il numero delle pagine è un po' limitato, specialmente se si decide di trattare il fenomeno hikikomori sia in Giappone che in Italia, sarebbe stato, forse, meglio concentrarsi solo su uno dei due paesi.
Inoltre sovente, mentre leggevo, non ho capito di quale scenario si stesse trattando, il giapponese o l'italico? Si passa dagli hikikomori giapponesi a quelli italiani senza che ce ne si renda conto, oppure sono io che non l'ho capito, può benissimo essere una mia mancanza di comprendonio. Comunque sarebbe stato meglio dividere il saggio in due sezioni ben distinte, una sugli hikikomori in Italia, ed una sugli hikikomori in Giappone.
Tutte le testimonianze di hikikomori riportate nel libro non sono frutto di interviste compiute dall'autrice, ma prese da altri saggi (qui recensiti) oppure dal web, quindi nessuna è attuale. Questo non è per forza un difetto, mi limito a farlo notare. Come ho notato che manca un qualsivoglia curriculum vitae dell'autrice, non so neppure la sua età. Non che mi interessi per fare del pettegolezzo, ma l'autrice esprime alcuni giudizi sulla pericolosità di videogiochi e web (che mi hanno lasciato un pelino basito), e sapere la sua età mi avrebbe fatto meglio comprendere se ad un videogioco possa averci mai giocato.
Nella premessa/introduzione vien individuato nella fine degli anni 80 il nascere del fenomeno hikikomori, in realtà a me, del tutto fortuitamente, è capitato di scovare un articolo su “La Stampa” del 27 novembre 1981, che lo retrodata fino dagli anni 60!

Fenomeno hikikomori in un articolo de "La Stampa" del 27 novembre 1981 - "Molto onorevoli ospiti del Sol Levante" di Alberto Gaino  

Il bello di queste poche righe è che stroncano in solo colpo le accuse, mosse pure dall'autrice, che una delle cause del fenomeno hikikomori possano essere anime, manga, videogiochi e web.
Infatti tra gli anni 60 ed il 1981 il web non esisteva, i videogiochi nascono alla fine degli anni 70, e si parla di “Space Invaders” o Pacman... Anime e manga, pur esistendo, non erano ancora un fenomeno tanto coinvolgente per un ragazzo giapponese, e comunque le tematiche erano molto elementari, Candy Candy, i robottoni, l'Uomo Tigre etc etc, e li potevi seguire solo in televisione, nessun videoregistratore o lettore DVD che ti permettesse di chiuderti nella tua cameretta e guardarli tutta la notte.
Questo breve spezzone dell'articolo stra dimenticato del giornalista Alberto Gaino, non è stato ancora scoperto dai saggisti o studiosi italici del fenomeno hikikomori, questo è un blog troppo di nicchia ^_^
Se queste brevi righe fossero conosciute, si eviterebbe, a mio avviso, di scrivere certe sentenze contro web, videogiochi, anime e manga.


Prima o poi dovrò riunire tutte le traduzioni/definizioni italiane della parola hikikomori, capisco che il giapponese sia una lingua astrusa, ma ognuno/a la traduce un po' a piacere, questo è ciò che scrive l'autrice:


Nel primo capitolo viene fatto brevemente il punto della situazione in Giappone, Europa ed Italia. Il pensiero dell'autrice è in linea con quello degli altri studiosi del fenomeno hikikomori:
la sindrome hikikomori non è un problema mentale, ma un disagio sociale, inizialmente causato dal rifiuto scolastico, dovuto al bullismo. Chi fa hikikomori si sente inadatto a corrispondere alle attese di famiglia e società, e quindi taglia i ponti con tutti, divenendo un autorecluso.
Il secondo capitolo affronta le due figure più importanti per un hikikomori, i genitori. Ci si concentra di più sul rapporto madre/figlio e sul bullismo (anche cyber bullismo).
A mio avviso, nelle parti inerenti la società giapponese, si sarebbe dovuto aggiungere che il bullismo scolastico non è un fenomeno moderno, ma è sempre stato presente nella società giapponese. Da quello che ho letto in saggi storici il bullismo nasce nelle caserme all'inizio dell'era Meiji, con la coscrizione militare obbligatoria. Quindi il bullismo è un atteggiamento consueto per la società nipponica, del forte contro il debole, accettato dai vertici dell'istituzione dove è esercitato, gli ufficiali delle caserme prima, come gli insegnanti ed i presidi delle scuole dopo.
Mentre in Italia il bullismo sistematico è più recente, e prende forza dai social e dal web, ma non in Giappone. Per questo il saggio si sarebbe dovuto dividere in due parti distinte.
Non nascondo che sono sobbalzato sulla poltrona quando ho letto l'opinione di una esperta, la psicologa Paola Vinciguerra, sul perché si diventa bulli, pagina 42:
“Poco tempo con i figli, niente regole e molti videogiochi violenti. Ecco come rischia di crescere un bullo”.

Io mi chiedo, ma nelle caserme di inizio 900, e nelle scuole degli anni 60 del 900, in Giappone, esistevano i videogiochi?!
Poi non mi permetto di affermare che se uno inizia a giocare a Resident Evil a 6 anni, non possa diventare un bullo di merda (scusate la parolaccia), però dare ancora la colpa ai videogiochi violenti mi fa tornare in mente quando si accusava Goldrake della stessa colpa...
Il terzo capitolo cerca di far comprendere che la sindrome hikikomori non deve essere trattata come un problema psichico. Purtroppo è un capitolo di 5 pagine...
Il quarto vorrebbe offrire un panorama sulla situazione attuale giapponese e occidentale (e torno alla critica di cui sopra), inserendo correttamente, a mio avviso, anche gli adulti (giapponesi) rimasti disoccupati tra i potenziali hikikomori. Peccato che siano presenti considerazioni personali dell'autrice sui manga che non ben compreso, un po' alla “Studio Aperto”:


“... sfogliando avidamente dei voluminosi manga pieni di violenza sadomasochista senza un briciolo di imbarazzo.”.

Quindi tutti gli uomini che leggono manga in pubblico, stanno leggendo manga pieni di violenza sadomasochista?! O_o
Non è una affermazione che generalizza un po' troppo?
E' per questo che mi chiedo quanti anni abbia l'autrice, sarei sorpreso se fosse una ventenne.

Il quinto capitolo dovrebbe dare gli strumenti per approcciarsi al fenomeno hikikomori, per far ciò viene individuata la prima problematica da affrontare: internet e i videogiochi...
Non so, mi sembrano veramente cose già lette ai tempi dei cartoni animati giapponesi, non mi permetto di affermare che l'uso smodato del web (o dei videogiochi) in giovane età (o a qualsiasi età) sia una pratica sana, ma leggere questo passo mi ha fatto tornare in mente questo articolo di Bevilacqua:  ""Mazinga e Tekkaman droghe d'iniziazione per telebambini soli"




Ma non potrebbe essere che internet e videogiochi, invece di essere la causa di hikikomori, siano il luogo dove gli hikikomori vi si rifugiano?
Il breve ultimo capitolo cerca di riportare una panoramica delle possibili terapie. Noto che riguardo alla situazione giapponese non è mai citata la “sorella in affitto”, che in altri saggi è considerato uno degli approcci iniziali più efficaci per gli hikikomori giapponesi.







2 commenti:

  1. Ottima recensione, complimenti davvero!
    Anzi, sei fin troppo modesto :)
    Le tue recensioni sono sempre ben documentate, chiare e circostanziate.
    A differenza di certi libri scritti copiando malamente pezzi di libri altrui...

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    1. Grazie dell'apprezzamento, però non vorrei beccarmi anche una querela dell'autrice :]

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