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domenica 3 gennaio 2016

Giappone delle meraviglie, miracoli del passato sfide del futuro


TITOLO: Giappone delle meraviglie, miracoli del passato sfide del futuro
AUTORE: Vittorio Volpi
CASA EDITRICE: Egea
PAGINE: 209
COSTO: 24€
ANNO: 2015
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788883502354


Nel periodo prenatalizio ho trovato più titoli di saggistica storica/sociologica sul Giappone, ho scelto questo perché, oltre al passato, analizzava il presente e cercava di dare uno sguardo al futuro del paese del Sol Levante.
Ho fatto bene?
Direi che sostanzialmente è un libro che ho trovato interessante, anche se alcune parti mi sono incomprensibili per la mia ignoranza delle tematiche economiche, ed in altri punti sono rimasto un po' perplesso.
L'autore racconta i suoi quattro decenni di vita professionale in Giappone, dove ha lavorato in campo economico/bancario, e da dove scriveva per alcuni quotidiani italiani (Il Giornale, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore) della situazione politica ed economica nipponica. Racconta tutte le trasformazioni che ha vissuto e visto con i suoi occhi, ma anche quelle precedenti al suo arrivo in Giappone, partendo dall'arrivo delle navi nere del commodoro Perry. Sono riportati stralci di suoi articoli scritti per i quotidiani italiani, in 20 anni di collaborazione giornalistica.
Il punto di vista dell'autore è, come ovvio che sia, prettamente economico, quindi valutare il valore finale totale del saggio è per me problematico. La parte più storica mi è parsa valida, la parte economica l'ho letta con piacere. Bisogna vedere quanto chi lo legge abbia fiducia nelle teorie economiche a cui si rifà l'autore. Io ne ho poche, il perché lo si capisce vedendo come funziona il mondo finanziario ( e di conseguenza la società).
L'autore ha il coraggio, oltre che di analizzare la situazione economica del Giappone degli anni passati, anche il presente ed il futuro, benché questa parte sia minoritaria nel saggio. Non è facile fare previsioni economiche, di solito gli economisti e tutti i vari esperti sono in gamba a spiegarti il crollo della borsa o una crisi finanziaria dopo che è successo il patatrac... prima quasi mai... cosa che sarebbe grandemente più utile...
L'obbiettivo dell'autore è incentrato sulle “aperture” del Giappone verso l'esterno: 
prima la Restaurazione Meiji poi l'occupazione statunitense, quindi quelle passate, ma anche le mancate aperture degli anni 90 e 2000, fino alle ipotesi di apertura future, incarnate dal primo ministro Shinzo Abe.
Per Volpi il Giappone si è imposto al mondo quando si è aperto verso l'esterno, mentre quando non lo ha fatto ha patito i rovesci più grandi.
Prima di addentrarmi un po' di più nel contenuto del saggio ci tengo a far notare una grossa disfunzione editoriale. Il libro non contiene la bibliografia, non per la sua assenza, ma perché la si può consultare sul sito della casa editrice. Per fare ciò, però, bisogna digitare un codice presente nella quarta di copertina, a questo punto dovrebbe comparire sia la bibliografia che una "swot analysis" aggiuntiva dell'autore, che mi sarebbe piaciuto leggere, anche perchè il libro l'ho comprato...



 Ho digitato il link, ma non ho neppure fatto in tempo ad inserire il codice, perchè...



Complimenti vivissimi  :]

Ritorno alla recensione.
Nella prima parte del saggio si racconta la prima apertura del Giappone moderno, quella nata dopo il crollo dello shogunato Tokugawa (che viene brevemente analizzato), l'obbiettivo predilige il campo economico, ma non si limita a questo.
Il secondo capitolo narra sia delle vicende della seconda guerra mondiale, compreso il periodo del nazionalismo militarista, che dell'apertura nata dall'occupazione statunitense, con in boom economico degli anni 50 e 60.
Purtroppo sulla figura di Hirohito si leggono le solite assoluzioni buoniste: non sapeva, non poteva, era pacifista, era mite... poverino...
Il capitolo riporta tutti i successi industriali ed economici fino all'esplosione della bolla speculativa nel 1990.
Con il terzo capitolo l'autore analizza le cause della lunga recessione nipponica, considerandolo il periodo della mancata terza apertura del Giappone. La prima causa di quella crisi finanziaria viene individuata fu l'arroganza dei manager. Visti i grandi successi degli anni precedenti i manager nipponici si sentivano superiori a tutto il resto del mondo finanziario. Per l'autore il Giappone non è riuscito a modificare il suo approccio ai problemi del paese, a cambiare la sua cultura, fatto che gli ha impedito di comprendere i cambiamenti economici mondiali. In questo capitolo sono analizzati tutti gli errori che l'autore ha individuato.
Viene riportato un dato interessante sui livelli di speculazione immobiliare raggiunti prima dello scoppi della bolla: nel 1989 nel quartiere di Ginza un metro quadrato arrivava a valere 200 miloa euro, e 50 mila euro era il valore delle zone residenziali di Tokyo.
Una delle cause della crisi viene individuata nello disgregarsi della famiglia e nelle carenze del sistema educativo. Ho trovato questi paragrafi corrispondenti a tutti gli altri saggi sulla società giapponese che ho letto (e recensito):
l'assenza del padre in famiglia; il calo della natalità; le madri che spingono i figli ad eccellere nel percorso scolastico; il nozionismo della scuola nipponica; il dramma degli esami; il bullismo.
Incredibilmente non è mai citato, dico mai, una sola volta il fenomeno Hikikomori. Rimango sempre sbalordito da queste mancanze, che non affermo siano volontarie, visto che l'autore non nasconde tante altre problematiche della società giapponese. Rimango sorpreso dal fatto che o il fenomeno hikikomori esiste, e quindi manca un tassello importante all'analisi sulla crisi della società nipponica, oppure gli hikikomori in realtà sono un fenomeno marginale, ergo ho letto dei saggi con un sacco di panzane...
Nell'ultimo capitolo viene ipotizzato quale dovrebbe essere la terza apertura del Giappone verso l'esterno, dopo quella mancata del ventennio 1990/2010. L'autore cerca di spiegare come la società giapponese potrebbe uscire dal malessere culturale che le impedisce una uscita definitiva e duratura dalla crisi economica.
E' interessante come venga fatto notare, a fronte della crisi occidentale del 2007/08, che ancora attanaglia l'Italia, come in fondo il Giappone abbia retto bene nel suo “ventennio perduto”. Chiunque visiti il Giappone ne ritorna con una impressione entusiastica, tutto funziona, e se quella giapponese è una crisi economica, noi tutti vorremmo essere in crisi come loro. Anche se i dati macro economici del periodo 1990/2010 sono pessimi, la società giapponese non si è impoverita.
Sono spiegati brevemente dell'attuale primo ministro Shinzo Abe di rivitalizzare l'economia, con la sua famosa “Abenomics”. Le prime due parti dell'Abenomics sono state già attuate: una politica monetaria espansiva e una politica fiscale flessibile.
Per l'autore il punto focale di questa strategia economica è la terza parte dell'Abenomics, formata da più interventi riformatori, e quindi la più difficile da attuare e far digerire alla popolazione e ai grandi potentati economici e sociali. In particolare l'aspetto che dovrebbe permettere al Giappone l'inizio della terza apertura mai avvenuta: un aumento della popolazione attiva, anche tramite l'immigrazione.
Da notare che questo aspetto dell'Abenomics non è stato ancora compiuto, come altre riforme strategiche.
Personalmente sono molto curioso di vedere se il Giappone aprirà un minimo le frontiere all'immigrazione, con annessi, ovviamente, più diritti per i nuovo lavoratori stranieri.
L'autore analizza tutti i vari fattori della terza parte dell'Abenomics non ancora attuati.

L'indice del libro, da cui si possono chiaramente desumere gli argomenti trattati.







Seconda, terza e quarta di copertina.





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