TITOLO: Hikikomori Syndrome e disagio scolastico
AUTORE: Giustina
Iadecola
CASA EDITRICE: Edizioni Il Campano
PAGINE: 70
COSTO: 9 €
ANNO: 2012
FORMATO: 20 cm X 12 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788865281529
Ho scoperto un po'
in ritardo questo piccolo saggio sugli hikikomori del tutto
casualmente girovagando nello sterminato web, infatti risale al 2012,
e non mi è stato facile reperirlo, In questo devo ringraziare la
casa editrice che ne ha recuperata una copia, visto che era fuori
catalogo.
Ne è valsa
la pena?
Ni.
Si, perché,
nonostante la tematica sia trattata sul versante psicoterapeutico, lo
scritto risulta essere più che comprensibile, a parte alcune parti
lasciate in inglese(...).
No, perché a mio
avviso non aggiunge molto a ciò che è stato già scritto fino al
2012. In quanto mi pare di aver capito che l'autrice non ha svolto
sue ricerche direttamente in Giappone, che sarebbe la fonte primaria
per chi si vuole occupare del fenomeno hikikomori. Infatti le fonti a
cui attinge l'autrice sono in gran parte i libri recensiti su questo
blog.
E' di certo una
lettura utile per chi si vuole informare per la prima volta sugli
hikikomori, anche grazie alla comprensibilità del testo.
Per chi, invece,
ricerca informazioni più recenti bisognerà attendere pubblicazioni
più recenti che non facciano capo a saggi più vecchi.
In generale quello
che mi ha convinto poco è l'aver trattato il fenomeno hikikomori in
Giappone assieme al disagio scolastico in Italia (che porta al
rifiuto di recarsi a scuola). Ovviamente ci sono delle analogie, ma
le due società sono troppo differenti, e differenti sono le
dinamiche della famiglia italiana e giapponese.
Non per nulla in
Giappone fanno hikikomori anche persone adulte, che a causa di ciò
abbandonano il lavoro.
Il libro è diviso
in tre capitoli.
Nel primo si fa un
riassuntone del fenomeno hikikomori in Giappone.
Nel trattare il
rapporto tra hikikomori ed internet non viene dato conto che una
fetta dei soggetti non ne fa nessun uso, in quanto totalmente
apatici. Alla fine parrebbe quasi che tutti gli hikikomori usino
parzialmente o massicciamente il web.
Assai curioso,
inoltre, l'accenno agli otaku come ad una categoria quasi
psicopatologica, affetti da una qualche ossessione. Di certo ci sarà
una fetta degli otaku nipponici che per i nostri canoni sarebbe da
curare, visto ciò che leggo sui libri e vedo sul web, ma di solito
gli “otaku” sono identificati come super fan un po' troppo
fissati con anime/manga/videogiochi. Forse l'autrice non è
appassionata d anime e manga?
Magari ho
interpretato male il senso delle sue parole scritte, ergo ho
scannerizzato le poche righe incriminate ;)
Nel secondo capitolo si tratta del fenomeno dell'abbandono scolastico in Italia, con una analisi che, seppur succintamente, parte fin dagli anni 60/70(...). Capitolo che mi ha lasciato abbastanza perplesso, in quanto non si capisce bene la posizione dell'autrice.
C'è un nesso? Non
c'è un nesso? Forse si, forse no.
Pare quasi che
l'autrice sottintenda: “io ve la butto lì, poi vedete voi”.
La mia sensazione è
che si sia riempito un po' il libro con questa tematica.
Nell'ultimo capitolo
si da conto delle terapie medico/psicoterapeutiche/sociali per curare
i soggetti che fanno hikikomori. Anche questa parte del saggio (come
il primo capitolo) fa riferimento quasi in toto agli scritti sugli
hikikomori recensiti su questo blog, in particolare a quelli di Carla
Ricci, che però non scrive nulla di totalmente nuovo dal 2009.
Una cosa nuova mi
pare sia il paragrafo sulla terapia psichiatrica tramite il web, già
usata (in Italia? Non è specificato) per chi soffre di dipendenze da
internet e/o da videogiochi online. Peccato che la stessa autrice
premetta che “potrebbe essere quindi utilizzabile nei casi di
hikikomori, quale primo approccio riabilitativo”.
Potrebbe? Quindi
fino al 2012 non era mai stato usato a quello scopo? E quindi che
nesso ha questo paragrafo con gli hikikomori?
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