CERCA NEL BLOG

sabato 31 agosto 2019

Il paese del Sol Calante





TITOLO: Il paese del Sol Calante
AUTORE: Hayao Nakamura
CASA EDITRICE: Sperling & Kupfer
PAGINE: 90
COSTO: 2€
ANNO: 1993
FORMATO: 21 cm X 13 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE ISBN: 9788820017248


Questo non è propriamente un saggio sul Giappone, ma un racconto di un manager giapponese che visse e lavorò per più di 30 anni in Italia (dal 1961 ai primi anni 90).
L'autore, parlando della sua esperienza italiana, racconta, giocoforza, le differenze con la sua patria.
Per apprezzare questo libricino bisogna, però, ricordarsi qualcosa dell'Italia del 1993 (tangentopoli, le privatizzazioni delle aziende pubbliche, le riforme elettorali, la crisi monetaria, etc etc), in modo da contestualizzare bene certe affermazioni di Hayao Nakamura.
Il ruolo da manager che diede notorietà nazionale all'autore fu quello all'Ilva di Taranto, prima come consulente della Nippon Steel (chiamata da rendere più competitiva l'acciaieria) poi come amministratore delegato in vista della privatizzazione ai Riva...
Il seguente aspetto è un altro dei motivi che rende interessante lo scritto, visto che l'Ilva è un argomento di stretta attualità anche oggi.
Ho notato che nello scritto non si parla mai di sicurezza dei lavoratori né dei cittadini di Taranto, è vero che era un altro periodo storico, però in seguito vennero emesse delle condanne a vari manager per non aver adempiuto ai propri obblighi di tutela della salute dei lavoratori. Va precisato che Nakamura, per le news che son riuscito a reperire, fu l'unico assolto dai processi:
Ilva, condannati 27 ex dirigenti per le morti causate dall'amianto 23 maggio 2014

Un altro articolo più recente (2017) che può contestualizzare lo scritto sui fatti di Taranto è questo:
Il siderurgico con gli occhi a mandorla La profezia del ‘93: «Lo stabilimento di Taranto può funzionare ancora per 20 o 30 anni»

Oltre che della sua avventura nell'acciaio italiano, Nakamura parla del rapporto che ha intrapreso con la mentalità italiana, ed è questo l'aspetto più interessante del libro. Sinceramente mi è parso un po' nazionalista da questo punto di vista, non perché muova delle ingiuste critiche nei confronti della società italiana e del suo popolo casinista, ma perché tende a non notare quelli della sua patria. Dal 1993 le cose per noi italiani non sono certo migliorate, e i consigli di buonsenso proposti da Nakamura non se li è filati nessuno, popolo italico per primo... ma non è che il Giappone abbia mantenuto le performance economiche del 1993... anzi... proprio in quel periodo scoppiò la bolla immobiliare giapponese.
Nakamura parla anche del debito pubblico italiano e giapponese, solo che quello nipponico dal 1993 è esploso più del nostro   ^_^
Purtroppo non ho trovato notizie recenti dell'autore, ormai sono passati 26 anni dalla pubblicazione del libro.
Per inciso il paese del sol calante saremmo noi, ma il titolo non vuole essere offensivo, l'autore ne spiega il perché all'inizio del libro.



Ecco, l'evasione fiscale... alla fine è questo (assieme alla criminalità organizzata e alla corruzione) il più grosso problema italico... il problema dell'Italia non sono dei poveracci stranieri che scappano dalla guerra o dagli stenti, ma i nostri connazionali che si fregano i soldi delle tasse e li fanno pagare ad altri connazionali. Quella sopra non è l'unica pagina in cui il manager nipponico torna sull'argomento evasione fiscale, in Giappone non esisteva un problema simile a livello di numeri, per lui era inconcepibile vedere lamentarsi gli italiani dell'inefficienza dello Stato, e poi notare che le stesse persone evadevano o eludevano il fisco.

Ho fatto qualche scan del libricino e messo in toto l'ultimo capitolo in cui ci sono le sue conclusioni.

martedì 27 agosto 2019

Ufo Robot Grendizer: Costruisci il tuo robot 01 - Yamato Video & Gazzettta dello Sport


Ho fatto un salto in edicola ed ecco la prima (ed ultima per me) uscita del jumbo Goldrake da 70 cm!
A scanso di equivoci, nel caso che la frase tra parantesi non sia stata compresa del tutto, preciso che non proseguirò il modellino... certo... se una decina di lettori contribuissero ognuno con l'importo completo in anticipo, ci ripenserei  ^_^

La notizia è che la prima uscita in edicola costa 4,99 € e non 10,99 € come sarebbe intuibile dal sito.
L'altra notizia è che "l'inedito manga firmato Go Nagai" consta di 7 pagine (+ copertina) e ripercorre la trama della prima puntata dell'anime. Quindi, stante le 60 uscite programmate, farebbero 60x7= 420 pagine in tutto (formato 28 cm x 19 cm). Essendo il manga al centro del fascicolo spillato, in teoria alla fine della collezione si potrebbero staccare le pagine e riunirle in un unico volumetto.




Il alto a destra si può leggere "Una collana inedita per costruire un modello 3D alto oltre 70 cm e perfetto in tutti i dettagli interni ed esterni".
Mi auguro che non sia perfetto in ogni dettaglio come e quanto venne spacciata la "Go Nagai Robot Collection"  ^_^
In questo numero 1 è allegato un posterone del modellino in scala 1 a 1. Ho misurato Goldrake dalle corna ai piedoni, ma misura 65,5 cm... arrotondo a 66 cm, ma non si arriva agli "oltre 70 cm" di cui sopra. La base parrebbe misurare circa 3 cm, quindi non si arriverebbe neppure a 70 cm. Magari la foto ne riduce l'altezza anche se è presentata come una scala a grandezza naturale.



Ed ecco la copertina "dell'inedito manga firmato Go Nagai", non essendo un esperto delle varie versioni dei manga di Goldrake, posso solo annotare che è la trama più succinta della prima puntata fino a quando compare "Giru Giru".
Manca la scena di Actarus che suona la chitarra alla luce della luna rossa.

venerdì 23 agosto 2019

"Tutti i Superman dei telefilm", di Nicoletta Artom - "Settimana TV" dal 9 al 15 aprile 1978


"Atlas Ufo Robot" aveva esordito da soltanto una settimana, quando Nicoletta Artom scrisse il suo primo (mi pare) articolo sulla trasmissione contenitore "Buonasera con..." da lei prodotta. Fino ad oggi ho recuperato cinque articoli della Artom inerenti i cartoni animati giapponesi (link), non tantissimi, ero convinto che fossero tutti in "difesa" della sua creatura Goldrake, attaccata praticamente da chiunque, invece questo breve scritto era di carattere promozionale. Non credo che al momento di mandare in stampa questo numero della rivista televisiva "Settimana TV" si avessero già dati sull'indice di gradimento di "Atlas Ufo Robot", quindi la Artom cercava di far conoscere ai lettori i "nuovi eroi giapponesi". Il tutto molto prima che si scatenassero le polemiche contro i cartoni animati giapponesi, infatti le prime 25 puntate di Goldrake non sortirono praticamente alcuna reazione della carta stampata, i non tantissimi articoli erano addirittura positivi:
Esordio TV di Goldrake (primi 25 episodi: 4 aprile/6 maggio 1978), articoli di Repubblica e Corriere della Sera


La prima metà dell'articolo è sullo stramega conosciuto Superman, che si pensava sarebbe stato il pezzo forte della trasmissione "Buonasera con...", ed invece l'uomo d'acciaio statunitense sapeva di stantio al cospetto del principe di Fleed.
La considerazione di cui sopra è il mio punto di vista da testimone televisivo oculare dei fatti  ^_^

domenica 18 agosto 2019

Età evolutiva e televisione - Livelli di analisi e dimensioni della fruizione





TITOLO: Età evolutiva e televisione - Livelli di analisi e dimensioni della fruizione
AUTORE: Elisa Manna
CASA EDITRICE: Eri
PAGINE: 166
COSTO: 5€
ANNO: 1982
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE ISBN:


E' un vero peccato che nel titolo del libro la casa editrice non inserì nessun accenno all'animazione giapponese, che è il soggetto primario dello studio. Tra l'altro un titolo ed un sottotitolo abbastanza criptici... anche sensatamente criptici, visto che è uno scritto indirizzato ai colleghi della sociologa Elisa Manna, però a causa di questo titolo sociologico il saggio è finito nel dimenticatoio.
Lo scopo dello studio è quello di analizzare l'influenza dei programmi televisivi sui bambini, quindi sono presi in esame studi antecedenti, specialmente di matrice straniera, la terminologia è molto tecnica, ergo in certi punti ben oltre le mie capacità di comprensione.
La cosa importante per la mia ricerca di pre-saggistica sugli anime  è che tutto lo studio portato avanti da Elisa Manna è basato sull'animazione giapponese presente in televisione dall'aprile al giugno 1980!
In pratica il periodo delle polemiche più virulente contro i cartoni animati giapponesi (immagine), aspetto sottolineato anche dall'autrice. Non solo, nel saggio si fa riferimento allo studio Rai/Mesomark, che fu una delle involontarie cause dello scatenarsi dello tsunami mediatico dell'aprile 1980:
"I bambini e la televisione: La fruizione televisiva infantile nella programmazione multirete" - Servizio Opinioni Rai (aprile 1980) - parte 1

"I bambini e la televisione: La fruizione televisiva infantile nella programmazione multirete" - Servizio Opinioni Rai (aprile 1980) - parte 2 (fine)

Questo saggio lo si può considerare il giusto tassello per comprendere sia lo studio Rai/Mesomark che per avere un punto di vista non emozionale e scandalistico sulle polemiche contro i cartoni animati giapponesi del periodo.
L'autrice non si scaglia contro l'animazione seriale giapponese, la analizza senza preconcetti (o comunque al minimo possibile) e anzi critica le polemiche della carta stampata. Tanto per fare un esempio in tutto il saggio mai una volta si afferma che quegli anime fossero fatti con l'ausilio del computer. Inoltre, per meglio valutare le due serie preferite dai bambini, cioè Goldrake ed Heidi, si guardò (lei o il suo gruppo di studio) tutte le puntate di entrambe le serie!
Ad oggi ho recensito (con questo) 17 saggi che a vario titolo trattarono i cartoni animati giapponesi tra il 1978 e i primi anni 90, ed il saggio di Elisa Manna mi è parso il più interessante e valido, fin dove l'ho potuto capire, ovviamente:
Topolino e poi, cinema d'animazione dal 1888 ai nostri giorni (1978)
Da Cuore a Goldrake, esperienze e problemi intorno al libro per ragazzi (1980)
La Televisione - Come si producono come si guardano le trasmissioni tv in Italia e nel nel mondo, le reti pubbliche e private (1980)
Mamma, me lo compri? Come orientarsi tra i prodotti per bambini (1980)
Capire la TV (1981) 
Il ragazzo e il libro: corso di aggiornamento (1981)
L'alluvione cine-televisiva, una sfida alla famiglia alla scuola alla chiesa (1981)
TV e cinema: Quale educazione? (1982)
Fare i disegni animati - Manuale didattico di cinema d'animazione (1982)
La camera dei bambini – Cinema, mass media, fumetti, educazione (1983)
Guida al cinema di animazione - Fantasie e tecniche da Walt Disney all'elettronica (1983)
Il bambino e la televisione, a cinque anni solo con Goldrake (1985)
Il libro nella pancia del video - Il bambino lettore nell'era dell'informatica (1986)
Ombre Rosa - Le bambine tra libri, fumetti e altri media (1987)
Fantascienza e Educazione (1989)
Il bambino televisivo, infanzia e tv tra apprendimento e condizionamento (1993)


Nel proseguo della recensione consiglio di verificare il numero di pagina del saggio che si sta leggendo.


Già dall'introduzione del sociologo Gianni Statera viene fatto notare che non essendoci indagini scientifiche obiettive sul rapporto bambini/televisione, si tendeva a confondere il messaggio con il mezzo che lo veicolava, cioè la televisione, con il risultato finale che ci si scagliava contro ciò che non si conosceva: l'animazione giapponese.
Lo studio di Elisa Manna voleva rimediare a questa lacuna del 1982, che poi proseguì anche negli anni successivi, visto che ad occhio questo saggio lo lessero in pochi...

mercoledì 14 agosto 2019

"Questa sera la passo con il videogioco", di Salvatore Gajas - Europeo 27 dicembre 1982


Nel 1982 gli articoli sui videogiochi erano ancora una rarità, specialmente se volevano essere un approfondimento, come queste sei pagine sull'Europeo.
Per gli adulti di allora passare una serata con i videogiochi, come recita il titolo dell'articolo, era inconcepibile, anche per il solo fatto che per far ciò non si sarebbero potuti guardare i programmi televisivi.
Senza contare che, è giusto sempre ricordarlo, per collegare una console le operazioni non erano molto semplici:
Per eseguire le operazioni di cui sotto era necessario spesso movimentare un televisore a tubo catodico, ergo di una pesantezza non paragonabile alle tv LCD di oggi, ergo c'era bisogno di un adulto.
Bisognava distaccare il cavo dell'antenna, visto che non esistevano prese scart o cavetti  HDMI;
Collegare la console;
Ricercare tramite il sintonizzatore manuale la frequenza dove era ospitato il segnale della console medesima.

L'ultima operazione implicava, chiaramente, che si perdeva la sintonizzazione del canale originario, quindi, dopo aver terminato l'ipotetica serata ai videogiochi, ci si sarebbe dovuti di nuovo risintonizzare sul canale Rai iniziale.
Infatti, altro ostacolo, di solito la frequenza dove era ospitato il segnale della console era quello della banda VHF, proprio quello di mamma Rai... mentre le tv locali provate trasmettevano in UHF.
Oggi pare una questione da poco, ma i genitori erano assai restii ad effettuare questa non breve operazione, visto che allora queste apparecchiature erano per molti di loro completamente oscure, mentre oggi più o meno tutti ci sappiamo districare tra cavetti e segnali in input ed output.
Console Reel - 4 giochi TV (1977/78)

Tutta questa premessa per rammentare che il titolo, anche se oggi non pare tale, era una assoluta provocazione con lo scopo di attirare l'attenzione dell'adulto che girava la pagina della rivista.



Ma l'articolo era interessante?
Direi di si, oltre ad una analisi più che accettabile, sono riportati una serie di dati di una certa importanza, che dimostrano l'arretratezza tecnoclogica italica. L'industria italiana del giocattolo rimase ancorata a trenini e bambole, senza comprendere che i videogiochi erano la nuova frontiera ludica dei bambini. Infatti oggi non produciamo quasi più i giocattoli vecchio stile per motivi concorrenziali, e ne eravamo leader a livello mondiale, ma non abbiamo neppure un'industria videoludica...
Intanto l'articolo ci rivela una notizia che oggi è ormai da decenni una realtà a qualsiasi latitudine planetaria, cioè che negli Stati Uniti i bambini erano a grandissimo loro agio con i computer e le console di videogiochi, tanto da essere soprannominati "microkids":
"Non ancora capaci, in molti casi, di leggere e scrivere, i microkids dialogano alla perfezione con il computer, sfoderando elasticità mentale e fantasia proibite agli adulti".

Ma non è la medesima cosa che si dice oggigiorno sull'abilità dei bambini, anche i più piccini, di smanettare sugli schermi touchscreen di smartphone e tablet?
In quegli anni negli Stati Uniti era stata calcolata come la metà delle case americane la percentuale di saturazione dei videogiochi. Direi che oggi siamo al 99%, e non solo negli Usa!  ^_^

lunedì 12 agosto 2019

"Un cuore... a Transistor", di Enzo Tortora - Telesette dal 6 al 12 giugno 1982



Dei quasi mille scritti sui cartoni animati giapponesi che ho scovato fino ad oggi non sono moltissimi quelli ad opera di personaggi mediatici famosi, qualche firma importante del giornalismo italiano se ne occupò occasionalmente, ma furono ben poche le star televisive che toccarono l'argomento.
In controtendenza spiccò Enzo Tortora, che il 18 aprile 1980 dedicò una punta de "L'altra campana" alla pericolosa invasione nipponica:
I genitori di Imola colpiscono ancora! "L'altra Campana" vs Goldrake e Mazinga - articoli del 1980

Telepiù n° 10 dal 24 al 30 maggio 1980 - "Goldrake: la parola ai bambini", lettera di un quasi 17enne + Cicciolina vs Mazinga 

Da sottolineare che a difesa di Goldrake ci fu solo la voce di Bruno Bozzetto, nessun ragazzo poté esprimere il proprio punto di vista. Quanto mi piacerebbe poter rivedere quella puntata de "L'altra campana"...
Lunedì 3 maggio 1982 su Rete4 alle 19,45 esordiva il cartone animati "Ai no gakkō Cuore monogatari", cioè la versione della Nippon Animation del "Cuore" di De Amicis.
Personalmente ho sempre detestato il libro e non ho mai visto l'anime, proprio perché non sopportavo il libro  :]
Un mese dopo il primo episodio della serie animata, sul settimanale televisivo Telesette, dove aveva una rubrica settimanale dal titolo "Speciale Portobello", il popolarissimo Enzo Tortora recensiva Cuore.
Si vede che il conduttore non digeriva molto l'animazione giapponese  ^_^
Mi chiedo se, magari, non potesse chiedere un punto di vista alle figlie, forse gli avrebbero fatto notare qualche lato positivo dell'animazione giapponese.
Stante che io Cuore non l'ho mai seguito, apprezzavo (ed apprezzo) solo la bellissima sigla de "I Cavalieri del Re", Enzo Tortora aveva ancora qualche sassolino da togliersi dalla puntata de "L'altra campana", perché il suo giudizio non si limita al cartone animato, che in un certo senso parrebbe anche non del tutto negativo, ma in generale all'industria animata nipponica, che, invece, è assai dispregiativo.
In articoli come questo capita spesso di leggere che lo scrivente, chiunque esso sia, parte letteralmente per la tangente, non si limita a valutare l'opera in sé, e Tortora da grande uomo dello spettacolo quale era, pur essendo a digiuno di animazione (come quasi tutti in Italia), aveva i titoli per esprimere un giudizio, ma si tirano in ballo ennemila questioni che nulla avrebbero avuto a che fare con il tema originale della rubrica.
C'è da dire che per parlar solo della serie, Enzo Tortora avrebbe dovuto seguirne qualche puntata, ma gli adulti ai tempi non guardavano i cartoni animati, men che meno giapponesi, era tutta roba per bambini!  ^_^
Erano passati due anni dalla trasmissione de "L'altra campana" contro Goldrake e Mazinga, i robottoni non erano più trasmessi dalla Rai e sulle tv private li si vedeva poco, in generale sulle tv locali private minori, ma l'analisi su "Cuore" partiva sempre dalle serie robotiche prodotte in Giappone una decina di anni prima.



Da considerare nella lettura del pezzo che il "politically correct" nel 1982 non esisteva.
Oddio... non esiste più neppure oggi...   T_T

sabato 10 agosto 2019

"Per me è scoppiata la pace mondiale" (Hiroo Onoda), di Paolo Santoro - Domenica del Corriere 10 ottobre 1979



Piccola digressione.
Quando mi prendo male perché in qualche libro (quindi un prodotto a pagamento) oppure in qualche servizio giornalistico (quindi il giornalista ha percepito un stipendio) hanno messo gli articoli dell'Emeroteca Anime senza uno straccio di citazione del blog, non è perché quegli articoli li consideri "miei", palesemente non lo sono, ma solo perché per riesumarli dal totale oblio ho speso tempo e soldini. Un esempio di tale spesa economica è la seguente "Domenica del Corriere" che riporta un articolo sull'ex tenente Hiroo Onoda.
Questo numero dell'ottobre 1979 fa parte di uno stock che acquistati anni addietro, erano tre annate quasi complete a circa 50 centesimi il pezzo, ovviamente nella stragrande maggioranza dei numeri non c'erano articoli sui cartoni animati giapponesi, ma qua e là vi si poteva leggere scritti su altre tematiche interessanti.
Quando lessi questo articolo misi da parte la rivista, chissà... prima o poi sarebbe tornata utile  ^_^
A distanza di svariati anni è giunto proprio il caso di postare questo scritto a compendio della recensione del libro linkato sopra sulla vicenda militare dell'irriducibile, oltre qualsiasi buonsenso, tenente dell'esercito Imperiale giapponese.
Che fine aveva fatto Hiroo Onoda nel 1979?
Se ne era andato a vivere in Brasile, dove aveva vissuto anche uno dei suoi fratelli in passato.
Nella foto lo vediamo assai invecchiato rispetto alle immagini del libro, si vede che 30 anni di privazioni nella giungla non dovevano essere state poi molto salutari, anche se c'è da dire che campò fino al 2014, ben 92 anni.


       


Su You Tube ho trovato questo speciale in italiano, che arriva fino agli anni 2000. Diciamo che la lettura del suo libro, l'articolo e il documentario, mi hanno permesso di avere un'idea più precisa sul personaggio.
Ed è un'idea parecchio negativa...
Ok, gli eventi storici ed una certa dose di fanatismo ti hanno ficcato in un cul de sac...
Ok, continui a far la guerra a dei poveracci di agricoltori filippini per 30 anni...
Ok, ne cagioni la morte di un numero tra i 30 e i 50 (o forse più)...
Ok, non vieni in alcun modo punito dal governo filippino...
Ok, come premio del tuo operato il governo giapponese ti aiuta a comprare la fazenda in Brasile...
Però, almeno, quando torni in patria seppellisci l'ascia di guerra e te ne stai zitto in segno di contrizione... no... faceva propaganda ai movimenti nazionalisti di estrema destra...



Quello che mi lascia sempre parecchio basito sono il numero clamorosamente alto di errori negli articoli della stampa italica, fino a qualche anno fa pensavo fosse un problema dei giorni nostri, ma grazie agli articoli sui cartoni animati giapponesi e ad altri come questo, ho capito che il giornalismo italiano è sempre stato abbastanza claudicante per quando riguardava la veridicità dei fatti...
L'articolo consta, alla fine, di solo due colonne, ma vi si possono leggere numerose imprecisioni storiche a proposito della missione del tenente Hiroo Onoda.
Ovviamente mi baso su ciò che ho letto nel suo libro:
Il tenente Onoda non era a capo di nessun "ristretto gruppo di soldati specializzati", lui stesso disprezzava i suoi commilitoni in quanto non operativi e lavativi;
Non danneggiò in alcun modo il porticciolo di Lubang, ammette lui stesso il fallimento;
Non rese inutilizzabile la pista d'atterraggio di Lubang, ammette lui stesso il fallimento;
Non ostacolò in nessun modo la presa statunitense dell'isola di Lubang;
I fedeli compagni erano solo tre, poi due.

Il giornalista accenna anche al libro di Onoda, che ai tempi era stato pubblicato da pochi anni, ma direi che lui non lo lesse, perché leggendo l'articolo ci si immagina il coraggioso soldato giapponese che compie missioni strategiche contro l'esercito a stelle e strisce, ma in realtà terrorizzò solo dei civili filippini...

venerdì 9 agosto 2019

Non mi arrendo, i miei trent'anni di guerriglia nella giungla filippina




TITOLO: Non mi arrendo, i miei trent'anni di guerriglia nella giungla filippina
AUTORE: Hiroo Onoda
CASA EDITRICE: Mondadori
PAGINE: 247
COSTO: 20 €
ANNO: 1975
FORMATO: 21 cm X 16 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE ISBN: 


Conoscevo solo a grandi linee la storia del tenente Onoda Hiroo, l'ufficiali dell'esercito Imperiale giapponese che si arrese solo nel marzo del 1974 sull'isola filippina di Lubang.
Marzo 1974, 30 anni dopo la fine del conflitto...
Mi son sempre chiesto se io al suo posto mi sarei comportato come lui, praticamente impossibile dare una risposta, resto profondamente convinto di no, per il semplice motivo che non sono un cuor di leone, quindi mi sarei arreso subito o quasi subito.
Certo che per la maggior parte dei soldati giapponesi la resa era impensabile, e tanti tragici aneddoti storici lo confermano, partivano in guerra già con lo scopo di sacrificare la vita per il buon Hirohito (un vero pacifista...), senza contare che la propaganda militare aveva convinto tutti i giapponesi che se fossero caduti prigionieri degli americani avrebbero subito indicibili torture.
Per il tenente Onoda, però, la morte in battaglia non era una opzione, la sua missione era restare vivo e portare a termine operazioni di guerriglia dietro le linee americane, e nel contempo preparare e favorire il ritorno delle truppe Imperiale sul suolo di Lubang. Faceva infatti parte di una speciale sezione del servizio segreto dell'esercito, di nuova creazione, i cui compiti erano per giunta top secret.
La vicenda di Onoda parrebbe più da film di fantascienza che un racconto ormai storico, in realtà lui non fu l'unico, non per nulla il termine "essere come l'ultimo giapponese" non nasce da un solo episodio:
https://it.wikipedia.org/wiki/Soldati_fantasma_giapponesi

Semplicemente quello del tenente Onoda fu il più eclatante, nato grazie ad una capacità di inculcare alle masse concetti assurdi. che in seguito abbiamo visto raramente, popolo giapponesi che forse era in parte già predisposto culturalmente per accettare tanto fanatismo.
Personalmente mi ero convinto che Onoda e i suoi due commilitoni fossero rimasti quasi del tutto tagliati fuori dai rapporti con la popolazione indigena e con le notizie del mondo, ed era questa la causa, per quello che pensavo prima di leggere questo libro, di tanto assurdo fanatismo.
Non era così. In quei 30 anni tantissime volte ed in diversi modi si cercò di convincere Onoda che la guerra fosse terminata. Sono rimasto sbalordito nel leggere che, oltre ad opuscoli e lettere lasciate sul posto, ci furono numerose spedizioni nella giungla di giapponesi che si mettevano ad implorare Onoda di arrendersi, spiegandogli che la guerra fosse terminata. Addirittura più volte si recarono a Lubang i parenti del tenente (fratello, sorella e padre) e di uno dei suoi due compagni.
Ma perché in Giappone sapevano che Onoda era ancora in quella giungla di Lubang?
Perché i tre soldati continuavano ad uccidere, sul web ho trovato una cifra che oscilla dai 30 ai 50 civili filippini uccisi dalla fine della guerra al marzo 1974, i tre furono soprannominati dai civili filippini "i diavoli delle montagne". Per sopravviver i tre soldati si davano ad "operazioni militari" di saccheggio, espediente normale per l'esercito imperiale giapponese, e qualche volta per i civili filippini finiva male... ovviamente al momento della sua resa, l'unico sopravvissuto del trio, non subì alcun processo per quegli omicidi, il presidente Ferdinando Marcos preferì usare il caso per rinsaldare i rapporti con il Giappone, piuttosto che per creare fratture.
Inutile dire che, una volta giunto in Giappone, Onoda fu trattato come un eroe, e non come un personaggio tragico che aveva continuato ad ammazzare poveracci che cercavano solo di lavorare per vivere.
Da notare che in questo libro raramente si parla di filippini uccisi da parte di Onoda e dei suoi due compagni, lo si capisce, ma i vari omicidi non sono mai esplicitati, mentre sono enfatizzate le morti del caporale Shimada (maggio 1954) e del soldato Kinshichi Kozuka (ottobre 1972).
In realtà il terzetto fu, nel primo periodo, un quartetto, infatti ne faceva parte anche il soldato Yuichi Akatsu, che però nel settembre del 1949 "disertò", come scrive Onoda.
Akatsu, qualche tempo dopo la sua "diserzione", fece pervenire ai tre commilitoni un volantino in cui li avvertiva che la guerra era finita, e che se si fossero arresi l'esercito filippino non li avrebbe puniti. Onoda e soci non vi credettero, come non credettero a tutte le tante altre prove che la loro guerra era assurda.
Da notare che al momento della morte di Shimada e Kozuka si intensificarono i tentativi di contattare i superstiti, proprio perché in Giappone sapevano che Onoda faceva parte di quel contingente, e le autorità dell'isola segnalavano le continue incursioni dei soldati giapponesi.



Questa sopra è la piccola isola di Lubang, il percorso centrale è quello del "territorio" di Onoda, la zona in cui si muovevano continuamente per non essere scoperti.
Per questa recensione ho deciso di lasciar parlare il tenente Onoda, ho quindi estrapolato alcune parti del libro, in particolare quelle in cui vari gruppi di ricerca cercarono di contattarli. Mettere assieme tutti questi tentativi di contatto, che Onoda vide sempre, fa veramente impressione...

giovedì 8 agosto 2019

Le anime disegnate, il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre (nuova edizione)




TITOLO: Le anime disegnate, il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre
AUTORE: Luca Raffaelli
CASA EDITRICE: Tunuè
PAGINE: 292
COSTO: 28 €
ANNO: 2018
FORMATO: 24 cm X 16 cm
REPERIBILITA': disponibile nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788867903160

E' questa la quarta copertina del saggio di Luca Raffaelli che uscì nel 1994, uno dei primissimi saggi che si occupò anche dell'animazione giapponese, dato che sono trattati i tre principali filoni:
Walt Disney; Hanna & Barbera/Warner/MGM; anime.

Le prime due copertine furono pubblicate da Castelvecchi: la prima vede Bugs Bunny che bacia il cacciatore Elmer; la seconda riporta la silhouette di Willy il coyote.
La terza copertina è pubblicata dalla casa editrice Minimun Fax, e vede un mix di personaggi.

Di norma sono un po' restio a ricomprare una riedizione, anche quando è "riveduta ed ampliata o aggiornata", mi sa tanto di minestra riscaldata, che poi mangio lo stesso, però rispendere una cifra maggiore per un libro che già ho mi scoccia...
Ci sono delle eccezioni, e questa è una di loro.
Io comprai l'edizione con Willy il coyote in copertina, sempre Castelvecchi, ergo datata 1998. In questi 21 anni qualcosa è cambiato nell'animazione mondiale, mi pareva giusto rileggere come la pensava Raffaelli.
Un altro buon motivo per ri-prendere questo libro è la rilegatura: copertina rigida, bella rilegatura, formato non piccolo.
Nella libreria ci sta proprio bene  ^_^
Ho provato a valutare quanti paragrafi o capitoli ci fossero in più rispetto all'edizione del 1998, ma la comparazione risulta un po' ardua, di certo lo scritto è maggiore, e comunque fa riferimento ai fatti fino al 2018, anno di pubblicazione.
Quindi, se non avete mai letto una delle precedenti edizioni, il saggio va acquistato per forza, ma anche se avete la prima o la seconda copertina (made in Castelvecchi), l'acquisto è a mio avviso motivato. Non saprei valutare quanto migliorativa sia questa edizione Tunuè rispetto all'edizione di Minumin Fax.




Mettendo a confronto le quattro copertine ho notato quanto gli appassionati di animazione giapponese devono aver conquistato mercato editoriale negli ultimi 21 anni, mi spiego meglio.
Nelle prime due copertine (1994 e 1998) ci sono solo personaggi della Warner.
Nella terza copertina (2005) venne disegnato un Frankestein di vari personaggi: il muso di Braccobaldo; la testa di Bart Simpson; le orecchie di Topolino; una manica di quello che parreebbe essere il vestito di Biancaneve.
L'unico segno dell'animazione giapponese sembrerebbe essere l'occhio destro, in stile shojo.
In questa coperta ci sono Topolino e Goldrake che si stringono le mani, fifty-fifty.
Quando comprai l'edizione del 1998 (con Willy il coyote) dovetti leggere il sottotitolo del libro e l'indice per accertarmi che trattasse anche di cartoni animati giapponesi. Si vede che la casa editrice non puntava molto sui fan degli anime, veniva considerato più di richiamo il mondo dell'animazione statunitense.
Nel 2005 la copertina era più variegata, ma ci voleva un "occhio" attento per notare quella citazione visiva buttata un po' lì.
Nel 2019 i vecchi e brutti cartoni animati giapponesi hanno raggiunto la parità con il Dio Disney, un qualsiasi "vecchio" appassionati di anime riconoscerà subito la potente mano di Goldrake.
Qualche passo avanti rispetto a quando i nippocartoon erano violenti e diseducativi, lo abbiamo fatto.
Raffaelli divide il saggio in tre capitoli, uno per la Disney, uno per le altre case di produzioni statunitensi, e l'ultimo sui cartoni animati giapponesi.
Per ogni tipologia viene ripercorsa la sua storia, dagli autori alle problematiche di produzione, fino all'impatto che ebbero in Italia.
Lo scritto fila via liscio, leggibilissimo, senza paroloni complessi, comprensibile e piacevole.
Nella parte sull'animazione giapponese, oltre alla cronistoria della prima invasione, si fa riferimento alle polemiche che si scatenarono sulla carta stampata (presente anche dell'edizione del 1998), ed in questo frangente ho apprezzato l'autocritica di Raffaelli rispetto alla sua posizione anti-cartoni animati giapponesi nel periodo 1978/1980.
Recuperando vecchi saggi sull'animazione ho potuto leggere posizioni (legittime) abbastanza negative di vari esperti, che poi cambiarono idea senza colpo ferire.
Segue l'indice del saggio per valutarne il contenuto e rapportarlo con la propria eventuale precedente edizione  ;)

mercoledì 7 agosto 2019

Elementare, Matsuda! I manga polizieschi tra tradizione letteraria e cultura contemporanea




TITOLO: Elementare, Matsuda! I manga polizieschi tra tradizione letteraria e cultura contemporanea
AUTORE: Gianluca Lamendola
CASA EDITRICE: Società Editrice La Torre
PAGINE: 217
COSTO: 18,50 €
ANNO: 2018
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': disponibile nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788896133170


In colpevolissimo ritardo recensisco il saggio di Gianluca Lamendola sul rapporto tra i manga polizieschi, principalmente "Detective Conan" (ma non solo), e i romanzi gialli, come Sherlock Holmes (ma non solo).
Non per responsabilità dell'autore ho interrotto la lettura almeno un paio di volte, semplicemente perché non ho mai letto il manga di "Detective Conan" e non ho mai letto romanzi gialli, ergo sono proprio a digiuno delle tematiche esposte  ^_^
Poi è capitato che nelle ultime settimane stia guardando la serie inglese "Sherlock", e quindi ho provato a riprendere in mano il libro. Non che l'aver seguito una serie live gialla abbia cambiato molto, ma almeno qualche riferimento ai romanzi di Conan Doyle, dei tanti presenti nel saggio, mi è stato meno oscuro rispetto ai primi due tentativi.
A questa mia ignoranza diffusa fa parziale eccezione il quarto capitolo.
Lo scritto è veramente molto dettagliato, si vede che l'autore, oltre ai manga di cui parla (riporto i loro titoli a fine recensione), ha letto un sacco di gialli degli autori più noti.
Stante questa considerazione, posso consigliare la lettura del libro a chi conosce almeno uno dei due versanti trattati, i manga polizieschi oppure i romanzi gialli, poi se li si conosce entrambi, almeno in parte, meglio ancora  :]
Il saggio è diviso in quattro capitoli.
Nel primo capitolo sono messi a confronto i luoghi dei manga polizieschi con i luoghi dei classici romanzi gialli, ergo Londra e Tokyo.
Nel secondo capitolo si analizza il modus operandi dei detective di manga e romanzi, confrontando i metodi di indagine tra i due gruppi.
Nel terzo capitolo ci si concentra sul movente e sull'assassino.
L'ultimo capitolo parla di un personaggio che non è né un assassino né un detective, ma un ladro: Arsenio Lupin.
Oltre che mettere a confronto il Lupin dei romanzi a quello di Monkey Punch, una certa attenzione è riservata al ladro presente in "Detective Conan": Kaito Kid.
Come accennavo poco sopra è questo l'unico capitolo in cui ho potuto seguire un po' più autonomamente le analisi dell'autore, principalmente da pagina 186, il punto in cui si inizia a parla di Lupin III. Del nipote di Arsenio Lupin sono commentate le prime due serie animate, molto meno il manga.
Il saggio non tratta solo del manga di "Detective Conan", ma di molti altri titoli del genere poliziesco, a dimostrazione che l'autore ha svolto una ricerca approfondita, di seguito inserisco i titoli di quelli analizzati più spesso:
Death Note; City Hunter; Il mitico detective Loki; Jirashin; Labyrinth; Psychic detective Yakuno; Akumetsu.

lunedì 5 agosto 2019

"Dossier: I mostri d'acciaio" - 9 articoli su La Repubblica del 3 gennaio 1981


All'inizio di gennaio 1981 il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari pubblicò addirittura un dossier sui cartoni animati giapponesi, che nel titolo parrebbe dedicato solo ai robottoni, in realtà trattava varie serie arrivate in Italia.
Non per nulla nella prima pagina dello speciale si può ammirare Goldrake che stringe nel suo pugno Candy Candy.
A dire il vero La Repubblica non si distinse per una particolare attenzione verso l'animazione giapponese in Italia, fino ad oggi ho rinvenuto solo 17 articoli, si fece perdonare con questo dossier.
Immagino l'iniziale curiosità del bambino/a o ragazzino/a a cui il padre o la madre passarono queste quattro pagine dense di analisi ponderate: i propri eroi animati campeggiavano sul quotidiano comprato da mamma e papà!
La curiosità mista ad uno spicchio di felicità si tramutarono presto in delusione, quindi in rabbia:
i giornalisti che si erano occupati dell'inchiesta sparavano a zero sui cartoni animati giapponesi...

Vabbè... sparavano ad alzo zero un po' tutta la carta stampata, perché la redazione de La Repubblica avrebbe dovuto fare diversamente?  ^_^
Solo che i bambini che, eventualmente, lessero queste pagine non potevano contestarne le informazioni: "era scritto sul giornale!"



Actarus, stritola Candy Candy, ti prego!  ^_^
L'articolo d'apertura del dossier è a cura di Marco Giovannini, che nelle tre (non poche) colonne ribadisce tutte le cose che si scrivevano a proposito degli anime, sia quelle corrette che quelle inventate di sana pianta...
Accidenti... è uno speciale, immagino preparato con un certo anticipo rispetto ai normali articoli del resto del quotidiano, perché non cercare una fonte giapponese che spiegasse la realtà dell'animazione giapponese?
Non sarebbe stato un bello scoop?
Ed infatti uno degli articoli fu scritto da un inviato in Giappone, ed il contenuto risulta veritiero, peccato che gli stessi colleghi del giornalista di questo dossier, non lessero il suo scritto...




Ho modificato l'incolonnamento dell'articolo per renderlo più leggibile senza doverlo spezzettare  ;)
Inutile dire e il giornalista è abbastanza aggressivo verso i cartoni animati giapponesi, la cui invasione fu etichettata come "subdola", senza parlare "dell'occupazione paramilitare" dei canali televisivi... ma chi comprava gli anime?
Mi sembra un po' lo stesso discorso di alcuni milanesi che danno addosso ai cinesi perché in questi anni hanno comprato a man bassa gli esercizi commerciali... prima i negozianti milanesi incassano il cash cinese, poi si lagnano della perdita dell'amato negozio che avevano da generazioni...
Tralasciando gli errori dei nomi, bellissimo il lungo elenco delle serie nipponiche che invadevano le televisioni, peccato che il giornalista ci mise dentro pure "Josie e le Pussycats", della americanissima "Hanna & Barbera"  ^_^
Ci viene spiegato che Tadanao Tsuji, oltre ad essere il papà di Goldrake, era l'inventore pure di Capitan Harlock, alla faccia di Leiji Matsumoto  ^_^
I genitori di Imola passano da 600 a 1600, forse a causa dell'inflazione galoppante del periodo?
Sono riportate correttamente le notizie anche commerciali del successo degli anime in Italia, ma perché fruttavano così tanto le serie animate giapponesi?
"... perché i giapponesi continuando ad usare computer e mano d'opera coreana per abbassare i prezzi, difficilmente possono trovare concorrenti.".

Ma perché se i giapponesi avevano questi fantascientifici computer, dovevano usare la mano d'opera coreana? Facciamocela una domanda  :]
Sul finale dell'articolo posso sbagliare, ma a me pare che non furono i giapponesi a fare una seconda edizione di Godzilla per il mercato statunitense, ma furono gli americani per venire in contro ai propri gusti e per non dover vedere dei giapponesi che erano protagonisti del film...
Quindi, se non  rammento male io, successe proprio l'opposto di quello che scriveva Giovannini.

domenica 4 agosto 2019

Si trasforma in un razzo missile




TITOLO: Si trasforma in un razzo missile
AUTORE: Stefano Di Trapani (alias Demented Burrocacao)
CASA EDITRICE: Rizzoli Lizard
PAGINE: 207
COSTO: 17€
ANNO: 2019
FORMATO: 18 cm X 13 cm
REPERIBILITA': disponibile nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788817138697

Mentre scrivo questa recensione sto ascoltando le sigle dei cartoni animati giapponesi che l'autore del libro ha scelto per parlare di se stesso e delle sigle stesse.
Mi è capitato spesso di scrivere che le sigle italiane degli anime non sono ancora state sufficientemente scandagliate sul versante saggistico/musicale, ed è un vero peccato, perché anche i miei amici ed amiche che non sono appassionati di animazione giapponesi si ricordano di quelle musiche, quindi qualcosa rappresenteranno pure, no?
Parto dall'inizio del libro, cioè dalla copertina, che mi ha lasciato un po' perplesso... un tizio in mutande con le cuffie che vola grazie a dei reattori nei piedi... ma che in realtà mi ha permesso di notare il libro nel reparto musica della libreria Hoepli di Milano, quindi un qualche senso deve avere  ^_^
Ma poi quando leggi il titolo, i dubbi scompaiono e te lo porti felicemente alla cassa.
Premetto che io ho una cultura musicale pop e non pop pari allo zero, quindi in questa recensione non mi permetterò in alcun modo di criticare le valutazioni musicali che l'autore compie delle sigle dei cartoni animati giapponesi.
Ma ci sono punti dello scritto che si possono criticare?
A mio avviso no, tranne due o tre errorini su cui tornerò en passant più sotto, ma son proprio dettagli da fissati.
E' giusto precisare che questo non è un saggio sulle sigle, ma un diario personale dell'autore durante il quale si fanno considerazione sulle serie trattate e sulle loro sigle. Per fortuna l'autore, a differenza mia, ha un background musicale di un certo livello (così ho appreso grazie al web), quindi la sua analisi musicale delle sigle non sono parole a caso. Poi io non ci ho capito quasi nulla, ma è una mia deficienza personale, mica una sua responsabilità.
Più interessante, e per me comprensibili, le parti in cui sono raccontati gli autori e i musicisti di quelle sigle.
Ergo tutte le restanti maggioritarie parti del libro in cui l'autore racconta della sua infanzia nella periferia di Roma sono orpelli inutili del libro?
No, alla fine un quartiere popolare di Roma ed uno di Milano nel medesimo periodo temporale soffrivano dei medesimi problemi e positività: terrorismo, criminalità, droga, giochi in cortile, piccoli o grandi soprusi, problemi famigliari, amicizie, cartoni animati giapponesi in tv e relativi 45 giri delle sigle triturati nei mangiadischi.
L'autore è un pelino più piccolo di me, solo sei anni, oggi non sono nulla, ma ai tempi erano un bel gap generazionale, tipo che io ho visto da bambino senziente (più o meno) la prima puntata di Goldrake e tutto il resto dell'invasione nipponica, e l'autore, per mere cause anagrafiche, no  ^_^
Tra l'altro, oltre ad un certo vissuto giovanile comune e alla passione per l'animazione giapponese, direi proprio che condivido con l'autore la medesima avversione per certe idee politiche che si sperava fossero tramontate...
Dalla lettura del libro intuisco che l'autore non riesuma le sigle dei cartoni animati giapponesi tanto per scrivere un libro, finire in qualche articolo promozionale e fare qualche (legittimo) soldino, ma risulta essere un vero appassionato, che seguì serie più moderne anche da adulto.
Il fatto che un libro come questo venga pubblicato da una casa editrice importante come la Rizzoli, mi fa ben sperare che qualcuno abbia capito che su questa tematica si potrebbe pubblicare anche uno scritto più organico che ripercorra la storia delle sigle italiane degli anime, dei suoi autori e musicisti, e ne analizzi i contenuti.
Direi che lo stesso Stefano Di Trapani potrebbe tranquillamente scriverlo, avendo tutte le conoscenze e la passione del caso.
Per completare la serie di complimenti al libro, aggiungo che è scritto in un italiano molto fluido e leggibile, è divertente, e lo si termina d'un fiato.
Fatta tutta questa sequela di lodi, che mi pare di essere un TG Mediaset ai tempi dell'impero berlusconiano... in conclusione della recensione torno sui due o tre errorini  ^_^

sabato 3 agosto 2019

Testate e giornalisti che si sono occupati di cartoni animati giapponesi sul totale dei 983 articoli che ho recuperato




Arrivato alla cifra monstre di 983 articoli pubblicati sugli anime dal 1969 al 1987, mi è parso il caso di stilare un paio di classifiche su quali testate e quali giornalisti se ne occuparono maggiormente.
Ci tengo sempre a precisare che il numero di 983 non è sempre riferibile ad articoli classici, ho inserito nell'indice dell'Emeroteca Anime anche le lettere alla redazione, articoli in cui l'animazione giapponese o i suoi personaggi erano solo citati, se con un senso e non solo en passant, ed infine ho considerato degne di nota financo le copertine anche se nell'articolo della rivista non si parlava di cartoni animati giapponesi.
Stante queste precisazioni, i due tipi di tabelle che mostro in questo post pur avendo il valore di mera statistica, mi hanno permesso di togliermi qualche curiosità:
Quale fu il giornalista che scrisse il numero maggiore di articoli sugli anime?
Quale fu la testata che dedicò più attenzione ai cartoni animati giapponesi?

Per quanto riguarda i giornalisti la palma di vincitore spetta ex aequo a Paola Zivelli e Paolo Cucco con 12 articoli. Entrambi scrivevano su "Tv Sorrisi e Canzoni", mentre per Cucco solo un articolo non era sulla rivista televisiva, ma su Playboy, Paola Zivelli scrisse tre articoli su dodici per Telepiù.
La medaglia d'argento spetta a Teresa Buongiorno, che tranne per due articoli su "La Stampa", ne scrisse sempre sul Radiocorriere TV.
Per il terzo gradino del podio c'è un altro ex aequo, tra Giulia Borgese ed Ivano Cipriani. La prima scrisse tutti gli articoli per le testate della Rizzoli (5 per il Corriere della Sera, 3 per il Corriere della Sera Illustrato, ed uno per la Domenica del Corriere), il secondo per la rivista "Il giornale dei genitori" (6 articoli), "Paese Sera" (2 articoli) e Gulliver (un articolo).
La medaglia di legno tocca ad Ernesto Geminiani, che si occupava della pagine degli spettacoli del serio "La Discussione", quindicinale della Democrazia Cristiana.
Preciso che non ho inserito nella classifica che si firmò solo con le iniziali (e non furono pochi), mentre ho messo chi usò una abbreviazione. Due singole lettere come firma, seppur della medesima testata, non escludono la possibilità di un caso di omonimia.
Da notare che, ad oggi, ho trovato solo 5 articoli di Nicoletta Artom, ero convinto ne avesse scritti di più. Stesso discorso per Oreste del Buono, solo due articoli, nonostante fu il direttore di Linus nel periodo dell'anime boom.
Non mancano giornalisti di una certa caratura nazionale, come Alberto Bevilacqua, Beniamino Placido, Maurizio Costanzo, Indro Montanelli, Luca Goldoni e Vittorio Zucconi.
Purtroppo ben 285 scritti sul totale di 983 non furono firmati, in alcuni casi motivatamente, essendo meri trafiletti, in altri casi forse gli autori si vergognarono di dover trattare un argomento per bambini.


Passo alle testate che si occuparono di animazione giapponese.
In questo caso non ho avuto la forza di stilare la classifica, ma ho lasciato l'ordine alfabetico con a sinistra la quantità di articoli dedicati agli anime, a destra il numero progressivo delle testate, per evidenziare che, fino ad ora, ne ho trovate ben 124!
Valutando di cosa si occupavano le varie testate si può comprendere che i cartoni animati giapponesi suscitarono l'attenzione di una platea assai disomogenea di riviste, ed è proprio questo aspetto che permette di cogliere quanto il linguaggio degli anime fu rivoluzionario per la televisione italica.
Ho diviso l'elenco in più riquadri, altrimenti il titolo delle testate risultava troppo piccolo.
Per rendere un po' più fruibile le tabelle inserisco qua sotto la classifica fino alla 24esima testata che pubblico 10 articoli.

TESTATA                                         ARTICOLI             
Corriere della Sera                            92 (quotidiano)
TV Sorrisi e Canzoni                        74 (settimanale televisivo)
Telepiù                                              71 (settimanale televisivo)
Telesette                                            59 (settimanale televisivo)
La Stampa                                         48 (quotidiano)
La Gazzetta del Mezzogiorno           42 (quotidiano)
Segnalazioni Cinematografiche        29 (mensile cinematografico)
L'Occhio                                            29 (quotidiano)
L'Unità                                               27 (quotidiano)
Radiocorriere TV                               21 (settimanale televisivo)
La Discussione                                   21 (organo politico)
Topolino                                             19 (fumetto)
Corriere della Sera Illustrato              18 (settimanale di costume)
Domenica del Corriere                       18 (settimanale di costume)
Famiglia TV                                       18 (settimanale televisivo)
La Repubblica                                    17 (quotidiano)
Il Messaggero                                     17 (quotidiano)
Paese Sera                                           16 (quotidiano)
Il giornale dei genitori                        13 (periodico scolastico)
Il resto del Carlino                              13 (quotidiano)
Vita dell'Infanzia                                 13 (periodico scolastico)
La Provincia di Cremona                    12 (quotidiano)
Millecanali                                          11 (mensile televisivo)
Rivista del Cinematografo                  10 (mensile cinematografico)

Sia la tabella degli autori che questa sulle testate risentono di talune disomogeneità di ricerca:
1) le varie testate non sono state consultate sul medesimo arco temporale;
2) il metodo di ricerca non è uguale per tutte;
3) alcune annate di certe testate non sono state ancora consultate;
4) alcune annate di altre testate non sono reperibili.

venerdì 2 agosto 2019

Aggiornamento (71 articoli) del 2 agosto 2019 all'indice dell'Emeroteca Anime

Nuova infornata di articoli, nuove testate che dedicarono spazio ai cartoni animati giapponesi, nuove chicche  ^_^

Questa volta l'aggiornamento non nasce dal ritrovamento di una o più specifiche testate che dedicarono ampio spazio agli anime, ma è più frazionato. Fanno eccezione i nove articoli dell'annata 1978, di cui ben sei sono della rivista televisiva "Settimana TV", che purtroppo cessò la pubblicazione del dicembre 1978, quindi non poté dedicare altrettanti articoli nelle annate successive, un vero peccato...
Altra particolarità di questa serie di articoli sono i dossier sugli anime, ben tre, in tre annate differenti (1980-1981-1982) di tre testate diverse (Vita dell'Infanzia - La Repubblica - Gulliver), contenenti ognuno numerosi articoli (9 ognuno).
Se i dossier di "Vita dell'Infanzia" e "Gulliver" erano indirizzati ad un pubblico di nicchia, e difficilmente qualche bambino vi avrebbe potuto posare gli occhi, lo speciale "I mostri d'acciaio" de "La Repubblica" era nella disponibilità di una grande platea di lettori, tra cui potenzialmente anche bambini/ragazzini. Chissà quale sorpresa avrà suscitato al ragazzino/a vedersi porgere dal papà o dalla mamma le pagine con il dossier del quotidiano  :]
Ho scoperto altre 13 nuove riviste che si occuparono dei cartoni animati giapponesi, arrivando alla cifra abbastanza impressionante di 124 differenti testate:
Bambino Incompiuto; Cinema & Superotto; Gulliver; I problemi della pedagogia; La vita scolastica; Orientamenti Pedagogici; Perry Rhodan; Quaderni di cinema; Religione e scuola;
Schedario: periodico di letteratura giovanile; Tele Secolo; Vita dell'Infanzia; Zerosei: mensile per gli asili nido e le scuole materne.

Purtroppo alcune di queste le ho potute consultare solo parzialmente, vista la loro difficile reperibilità nelle emeroteche, un vero peccato... perché di certo vi si sarebbero potuti trovare altri numerosi articoli.
Le riviste le cui annate risultano lacunose sono:
Cinema & Superotto; Perry Rhodan; Quaderni di cinema; Schedario: periodico di letteratura giovanile; Bambino Incompiuto.

Come per tutti gli ultimi post con nuovi articoli dell'Emeroteca Anime le riviste a tema scolastico/pedagogico non mancano, di 13 nuove riviste ben 7 fanno parte di questo mondo.
Inizio a pensare che l'iniziativa della lettera dei 600 genitori di Imola dell'aprile 1980 contro gli anime robotici possa essere nata in parte dalla lettura di queste testate.
Con questi 71 articoli arrivo a lambire i mille articoli sugli anime dal 1969 al 1987, anche se, mi pare giusto ribadirlo, in questo totale io inserisco anche le lettere alla redazione, articoli in cui gli anime sono solo parzialmente citati e pure singole copertine di riviste dove non segue un articolo sui cartoni animati giapponesi. Questa decisione di tenere un po' larga la categoria "articoli sugli anime" deriva dal presupposto che per me era importante verificare la considerazione della carta stampata italica verso i cartoni animati giapponesi. Per esempio la copertina dell'Europeo del 10 maggio 1982 con i personaggi della serie sentai "Goggle Five", in un articolo che tratta della potenza economica giapponese, è il simbolo che i serial televisivi nipponici erano divenuti un segno di riconoscimento chiaro per il lettore italiano.




"E se imparassimo dai giapponesi?" - Europeo n° 19 10 maggio 1982.  
Posso sbagliare, ma direi che questa copertina sia la prima traccia dei "Power Rangers" in Italia  ^_^
Ci torno a fine post.

Di seguito i 71 scritti di questa infornata.