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mercoledì 30 dicembre 2020

Aggiunta pandemica (16 articoli) del 30 dicembre 2020 all'indice dell'Emeroteca Anime

In tempo di pandemia, divieto di andare a Milano, chiusura delle biblioteche, cavallette e terremoti (a Milano è capitato pure questo...) 16 articoli sono pochi, ma non pochissimi. Nonostante questa penuria di materiale ho trovato altre quattro nuove testate che si occuparono dei cartoni animati giapponesi:

"Epoca Mese"; "Messaggero dei ragazzi"; "TV Video, la tua televisione"; "Scuola & dibattiti - Sampaolofilm".

Salvo qualche possibile errore di conteggio ho raggranellato ben 134 diverse testate che si occuparono dei cartoni animati giapponesi tra il 1969 ed il 1988, chiaramente il grosso è posizionato tra il 1978 ed il 1982, per un totale di 1066 articoli. Nel totale, oltre agli articoli sull'animazione giapponese, che sono comunque preponderanti come numero, inserisco anche le lettere alla redazione, qualche copertina o titoli di articoli in cui poi non si parla di anime, ma che li usavano come termine di paragone.

"Scuola & dibattiti - Sampaolofilm" era un catalogo di pellicole 16mm che usciva per la scuola, godeva di  una pubblicazione annuale, ergo l'ho considerato alla stregua di "Segnalazioni Cinematografiche", con cui condivideva la matrice cattolica/religiosa/educativa. Tra l'altro ho già postato un paio di questi cataloghi, uno del dicembre 1976 ed uno del 1979, mi aveva sorpreso che nel secondo non ci fosse neppure un film dei cartoni animati giapponesi. I 16 articoli di questa infornata sono un po' "dopati" dalle quattro recensioni di film di montaggio di serie televisive (Candy, Goldrake, Heidi, Lulù) presenti su "Scuola & dibattiti - Sampaolofilm", ma la sinossi di Goldrake meritava di essere pubblicata! 

"Atlas Ufo Robot" viene trasmesso il 4 aprile 1978, e nel 1984 (ben sei anni dopo) potevi leggere una sinossi del tutto campata in aria rispetto alla trama della serie televisiva  ^_^

La datazione del mese di "Scuola & dibattiti - Sampaolofilm" è del tutto ipotetica, in quanto nulla è scritto nella pubblicazione, ho solo ipotizzato che essendo indirizzata alla scuola e che copriva sia il 1984 che il 1985 (come le altre linkate sopra), fosse collegata all'inizio dell'anno scolastico, ergo settembre, magari era ottobre o dicembre (come quella del 1976).

"Epoca Mese" era un supplemento di Epoca, quindi di non facile reperibilità, per il semplice motivo che le emeroteche non erano abbonate agli allegati (non quelle in cui vado io) e che gli allegati erano i primi ad essere buttati (come capita oggi) una volta comprato un settimanale da chi andava in edicola.

"TV Video, la tua televisione" e il "Messaggero dei ragazzi" (quest'ultima di carattere religioso indirizzata ai bambini) sono un esempio di quanto materiale ci sarebbe ancora da trovare se le testate fossero disponibili nelle emeroteche o se ci fosse un minimo interesse a trasporre on line gli archivi di una emeroteca. Basterebbe che venissero messi nella disponibilità di tutti anche solo le testate ormai scomparse, basterebbe veramente poco. Altro esempio in tal senso è dato da "L'Urlo", di cui avevo già postato un articolo (link), che avevo ottenuto da una emeroteca via mail, quindi ricevetti solo lo scritto da me richiesto. Quando ho potuto avere tra le mani tutti i quattro i numeri della pubblicazione, ho trovato altri tre articoli. Poter passare in rassegna più numeri (o anni) di una testata non è come pescare a caso grazie all'acquisto di qualche numero o all'aver richiesto un singolo articolo presente in una bibliografia. In due articoli su  "L'Urlo" si parla del successo (e/o calo) di vendite delle testate che pubblicavano i fumetti italianizzati di Goldrake e soci, un argomento poco trattato.

Fino ad oggi la mia ricerca aveva avuto come limite temporale il 1987, con lo scritto su "Zoom" ho messo anche un articolo del 1988, non lo avrei fatto se non fosse stato di Luca Raffaelli. Secondo me il 1988 era ormai un'altra era rispetto al decennio precedente (1978), che aveva, invece, più similitudini televisive con quello precedente (1968), per quanto riguarda i programmi per bambini/ragazzi pre-Goldrake. 

Di seguito i 16 articoli inseriti:

martedì 29 dicembre 2020

Megaloman (1979) - puntata 22

 


La puntata non è particolarmente bella, il suo scopo è quello di creare il patos per la successiva, è anche sprovvista di scene in cui la vita degli attori è messa a repentaglio... un po' pallosa... Inoltre la trama o il doppiaggio (oppure entrambe le cose) la rendono abbastanza caotica. Siamo al countdown delle ultime dieci puntate, si vede che gli sceneggiatori cercavano qualche tema per rendere il finale avvincente. Da menzionare il ritorno della bella astronave di Capitan Delitto, con la sua scenica rotazione sul proprio asse delle luci esterne, e la novità di una mini navicella da combattimento che assomiglia un po' al TFO di Alcor (probabilmente all'ufo a cui si ispirarono per il TFO).

Nella puntata precedente Bairok era riuscito di nuovo (capitò fortuitamente nell'episodio n° 19) a recidere e prelevare parte della capigliatura di Megaloman, allo scopo di analizzarla e trovare il punto debole del nostro eroe. 
In questa episodio conosceremo non solo il segreto della Fiamma di Megalopoli, ma probabilmente ci verrà annunciato quale sarà uno dei nuovi personaggi dei buoni.


Takashi, novello Sansone nipponico, dopo che gli è stata tagliata parte della criniera è spossato, i suoi amici sono preoccupati.
I vestiti civili indossati dai protagonisti sono sempre molto normali, una maglietta ed un paio di pantaloni, mi  ricorda come ci vestivano noi ai tempi: cioè mettevamo la prima cosa che capitava   ^_^

venerdì 25 dicembre 2020

Catalogo GiocaDag 1981 - parte 1


In occasione del Natale di questo sciagurato 2020 posto la prima parte del catalogo Dag annata 1981, che consta in tutto di ben 114 pagine!
Se non si parla di giocattoli a Natale, quando?   ^_^
Le prime sei pagine del catalogo sono dedicate tutte ai robottoni, tanto per chiarire quanto i cartoni animati giapponesi robotici ci avessero colpito (ed affondato). Probabilmente questo Natale fu l'apice del successo commerciale di questo articolo importato dal Giappone, la cui richiesta man mano scemò nel tempo, anche complice le continue repliche delle medesime serie animate visibili in televisione.
In questa prima parte ci sono anche i videogiochi, le macchinine telecomandate e non, le piste Polistil (uno dei regali più belli da ricevere a Natale), i puzzle, i giochi in scatola, le costruzioni, gli articoli Mupi, il traforo ed il piccolo chimico.
Considerando che in questo post inserisco solo poco più di un terzo del catalogo, non sono pochi articoli.



Spettacolosi!
Goldrake, Mazinga, Daitarn III e soci della prima ora stati soppiantati dai nuovi eroi animati nipponici, più versioni del Trider G7, più versioni dello Zambot 3, più versioni del Gordian, più versioni di Godsigma, più versioni di Daltanious e pure due versioni di Supercar Gattiger!
Ma se eri iellato, e i big risultavano esauriti, ti beccavi i robottoni la cui serie mai arrivò in Italia...   



giovedì 24 dicembre 2020

"Gioco completa il Mazinga" - "Popy TV Game" (1974)


L'ho scritto molte volte, ma l'accuratezza che le aziende giapponesi mettevano nei prodotti per bambini era millemila anni luce più avanti dalla consuetudine italica. 
In campo editoriale ho già postato molti prodotti sia italiani che giapponesi degli anni 70 e dei primi anni 80, e non credo che ci sia dubbio che, tranne sparute eccezioni, gli editori italiani li consideravano prodotti di serie c... solo la Disney metteva in vendita libri e fumetti in edizioni di qualità.
In particolar modo i cartoni animati giapponesi erano quasi sempre trasposti in edizioni fatte al risparmio, sia come materiali che come idea di oggetto da presentare ad un bambino/a.
Sul versante dei giocattoli non è che la cosa cambiasse molto, basta vedere le recensioni del materiale nipponico:

Il piacere per il dettaglio dell'industria nipponica del giocattolo faceva un po' a pugni, almeno per quanto riguarda le licenze dei cartoni animati giapponesi, con l'approssimazione dei colleghi italiani. In alcuni casi si andava ben oltre l'approssimazione, ma si sarebbe potuto inquadrarla come una vera e propria truffa aggravata...

Truffa perché le aziende italiane non si sforzavano di metterti nella confezione neppure il segnalino con il robot o la navicella della serie... senza contare che la trama del gioco era spesso senza senso e priva di collegamento con la serie animata televisiva... oltre al fatto che la qualità dei disegni oscillava tra lo scarso e l'immondo   >_<
La controprova della bellezza dei giochi in scatola nipponici la ottieni quanto hai la fortuna di accaparrarti il gioco di società dei due Mazinga, che solo a livello grafico è una gioia per gli occhi!  
La persona che ha tradotto gli ideogrammi visibili sulla confezione (grazie Andrea!) mi ha anche spiegato che il disegno di Mazinga Z è preso direttamente da un rodovetro, mentre tutti gli altri disegni provengono da illustrazioni della rivista giapponese "TV Magazine".
Ok, forse le aziende italiane (Mattel e Mondadori, ma anche Clementoni) non potevano ottenere un materiale di così alta qualità (sarebbe stato veramente così difficile?), però un piccolo sforzo per dare ai bambini dei disegni leggermente migliori era fattibile. 
Come datazione ho messo il 1974/75 perché dai disegni del tabellone direi che sia ambientato alla fine della serie con l'avvento del Grande Mazinga. Per esempio è presente la base del Duca Gorgon che nel Grande Mazinga mai si vede. Inoltre è visibile sia l'Istituto di Ricerca per l'Energia Foto Atomica che la Fortezza delle Scienze, c'è Kenzo Kabuto ma non il dottor Yumi Infine ci sono sia i mostri meccanici del Dottor Inferno che i mostri guerrieri del Generale Nero, ma questi ultimi mi pare siano solo quelli che si vedono nell'OAV "Mazinga Z contro il Generale Nero".
Quindi mi azzarderei ad affermare che il gioco in scatola sia stato messo in vendita tra la fine della serie di Mazinga, la proiezione al cinema del cortometraggio Toei e l'inizio del Grande Mazinga.

              


Stupendo!   ^_^
Devo dire che sarebbe stato un po' inquietante vedere su una confezione italiana un pigmeo innestato su un watusso, un nazista con la testa sotto al braccio, una mummia ermafrodita, un simil centauro centurione/tigre, in mezzo a cui il Dottor Inferno pare quasi normale   ^_^
Più che un gioco in scatola pare un film dell'orrore, ma si sa che i bambini giapponesi avevano un rapporto con mostri, fantasmi ed esseri mitologici più consueto dei pari età italici.
Quando apri la scatola rimani un po' interdetto, vedi un cartone rigido con Mazinga Z ed il Guretto, non comprendendo subito che questo fa parte del piano di gioco, che non si presenta nella classica conformazione a libro, ma ha piegatura su un lato che lo rende stupendamente asimmetrico. Una volta che lo estrai dalla scatola ti ritrovi tabellone in cartone molto rigido che misura 50 cm X 60 cm (non grandissimo), con una moltitudine di disegni colorati dei personaggi della serie e quella bellissima roulette centrale. Anche nei giochi in scatola nostrani al posto dei dadi talvolta era presente la roulette, ma questa ha la magica caratteristica che non si ferma mai a metà di due settori, nessuna discussione con gli avversari!
O si ferma da una parte oppure dall'altra, mai in mezzo: tecnologia nipponica!!!  :]

Sorgono un paio di domande:
Cosa conterranno i due scatolotti con Mazinga Z ed il Grande Mazinga?
Ma, soprattutto, cosa diavolo c'è scritto sulla confezione?!  ^_^



Ho posizionato la traduzione del testo nei medesimi punti degli ideogrammi, usando quasi sempre lo stesso colore. 
Grazie agli ideogrammi sono presenti un numero ampio di concetti, che nella nostra lingua scritta avrebbero reso la confezione inguardabile, mentre in giapponese la rende graficamente ancora più bella.
Come faceva la Clementoni, l'unica altra azienda che fino a metà degli anni 70 scriveva molto sulle scatola dei suoi giochi di società, la Popy si premurò di tranquillizzare il genitore nipponico sulla semplicità del gioco ("PER PRINCIPIANTI", ossia è un gioco per tutti) e che era un gioco per tutta la famiglia, anche se dubito che un padre nipponico, come uno italiano, a metà degli anni 70 si mettesse a giocare con i giochi di società...
Non mancava una breve illustrazione della modalità di gioco:
TROVATO IL BRACCIO DESTRO! TROVATO IL BRACCIO SINISTRO!
CHI RIUSCIRA' A COMPLETARLO PER PRIMO?
UN GIOCO DIVERTENTE IN CUI COMBATTERE I MOSTRI MECCANICI E COMPLETARE IL TUO MAZINGA

Edit del 27 dicembre 20202:
Ho aggiunto una parzialissima traduzione delle regole.

mercoledì 23 dicembre 2020

"Alice in Borderland" su Netflix, episodio n° 6: l'incredibile coincidenza dello scrigno portagioie in legno!


Non è questo un post di recensione della bella serie che sto seguendo su Netflix, per prodotti tanto mainstream ci sono siti e blog ben più qualificati.
Non voglio in nessun modo spoilerare nulla della trama e non voglio mi venga anticipato nulla, sono alla sesta puntata... 
Certo, qualcosina mostrerò, ma senza entrare nel dettaglio, e solo per illustrare la causa di questo post, che in realtà nulla avrebbe a che vedere con questo blog, se non per il fatto che la serie è di carattere fantascientifico/videogioco, descritta da Netflix come un "survival game".
Il motivo che mi ha spinto a scrivere questo post è una di quelle coincidenze che è difficile valutare come siano potute accadere... io non gioco al superenalotto o simili, ma comunque penso di essermi bruciato qualsiasi possibilità di vincere a queste lotterie per il resto della mia vita   T_T


All'inizio della sesta puntata un personaggio mette delle carte da gioco in uno scrigno portagioie di legno:
le passa in rassegna;
le ripone sul fondo dello scrigno;
prende il coperchio;
lo abbassa;
lo chiude.


A quel punto mi stavo strozzando... ero intento a pranzare...
La scena con il coperchio chiuso dura pochi secondi, ed io stavo guardando l'episodio tramite Chromecast, quindi non potevo mettere in pausa, causa pc in un'altra stanza.
Corro di filata al computer, torno indietro di 10 secondo e riguardo la scena... è impossibile... non può essere! 
Rimetto in pausa nel punto in cui si vede l'intarsio del portagioie, apro un cassetto e tiro fuori un oggetto acquistato in un luogo di villeggiatura del lago Maggiore tra il 1978 e il 1981.

martedì 22 dicembre 2020

Hikikomori, il viaggio bloccato dell'eroe



TITOLO: Hikikomori, il viaggio bloccato dell'eroe
AUTORE: Marialuisa Mazzetti
CASA EDITRICE: Temperino Rosso Edizioni
PAGINE: 185
COSTO: 18 €
ANNO: 2020
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': on line 
CODICE ISBN: 9788855490474


Un paio di premesse.
Io preferisco sempre sfogliare un libro prima di comprarlo, fanno eccezione quei titoli che son certo debba leggere, per tutti gli altri poter dare un'occhiata al contenuto era fondamentale. Purtroppo con il Covid e l'impossibilità/precauzione di non poter andare in qualche libreria di Milano, mi devo affidare agli acquisti on line basandomi sul titolo e sulla descrizione in quarta di copertina.
Fino a qualche anno fa i libri sugli hikikomori erano incentrati solo sul fenomeno in Giappone, man mano i vari autori hanno iniziato a raccontare la situazione italiana, fino ad arrivare ad una inversione del rapporto di contenuti: poco o nulla sul Giappone, quasi tutto il libro sulla situazione italiana.

Il problema, almeno per me, è che della situazione italiana poco mi interessa, quindi, sapendolo prima (vedi poter sfogliare il libro), non avrei comprato questo titolo. L'ho acquistato perché vedendo la copertina, che riporta un chiaro riferimento alla bandiera nipponica, e leggendo la quarta di copertina, in cui si cita espressamente la situazione degli hikikomori in Giappone, ho ipotizzato che la parte che interessava a me potesse essere corposa: non è così.

L'autrice comunque tocca alcuni argomenti che potevano interessarmi, come il ruolo dei videogiochi on line, di manga ed anime in rapporto con gli hikikomori italici, peccato che ella non pare molto ferrata in materia.
Sono citati molti saggi sugli hikikomori (e quelli in italiano sono in gran parte recensiti su questo blog: hikikomori), la bibliografia è corposa, ma la mia sensazione è che vengano trattati argomenti, nonostante il grande studio svolto, a lei poco avvezzi. Pare che non si sia mai neppure occupata del fenomeno hikikomori prima di questo libro, e non ha una qualche conoscenza della società giapponese.
Ogni saggio che ho letto sugli hikikomori enuncia una anno diverso in cui in Giappone è nato il fenomeno hikikomori, in questo saggio si parla del 1978, che è comunque un passo in avanti rispetto a chi lo data negli ultimi 15 anni, ma resta un errore.
Mi permetto di far presente la cosa (ad ogni recensione, sperando che prima o poi qualcuno ne prenda nota...) perché nel maggio del 2015 sono casualmente incappato in un articolo su "La Stampa" del 27 novembre 1981 in cui si descrive una situazione di assenza scolastica avente le medesime caratteristiche degli hikikomori, dove un insegnate giapponese spiega che questo disagio è nato negli anni 60!

L'articolo è importante perché negli anni 60 non solo non esistevano i videogiochi on line, ma neppure le console domestiche o i videogames portatili (scorrere tutte le pagine). Gli anime erano ancora agli albori, i manga erano relegati ad una fascia di età molto bassa e con dei contenuti non paragonabili a quelli di oggi.
Quindi, chiunque, a qualsiasi titolo, tira in ballo videogiochi, manga ed anime mettendoli in una qualsiasi relazione con il fenomeno hikikomori, prende una topica enorme...
Gli hikikomori degli anni 60 leggevano libri (lo afferma il professore giapponese dell'articolo), gli hikikomori degli anni 2020 giocano ai videogiochi on line. Ogni generazione di hikikomori ha occupato il tempo libero nella maniera che la tecnologia gli permetteva di fare, come non era colpa dei libri se l'hikikomori degli anni 60 si era rinchiuso in casa, non è colpa di videogiochi, anime e manga se quello di oggi fa la medesima scelta.
Dagli anni 60 ad oggi in Giappone sono restati, però, immutati altri fattori: la pressione della società; il bullismo scolastico; la pesantezza degli esami scolastici.
Spero che prima o poi qualche saggista sugli hikikomori incappi in questo blog e, prima di scrivere il suo saggio, prenda coscienza di questo articolo  ^_^

Torno al saggio.
Una delle fonti consultate dall'autrice è l'anime "Welcome to the NHK", che io vidi subbato in italiano quando venne prodotto, cioè nel 2006... siamo nel 2020... ci si può ancora basare su una serie animate di 14 anni fa?
Forse, nel frattempo, qualcosa sarà pure cambiato nella società giapponese.
Tra l'altro, mentre l'autrice parla quasi esclusivamente di hikikomori italiani minorenni, il protagonista di "Welcome to the NHK" è ampiamente maggiorenne.
Nel terzo capitolo si affrontano gli interessi degli hikikomori, e sono trattati, tra l'altro, i videogiochi on line, le serie tv, gli anime ed i manga. Quindi argomenti che comunque potevano interessarmi.


Dato che io non gioco ai videogiochi on line, ho chiesto ad un paio di amici gran consumatori del genere (cioè degli esperti) se il termine "MMPORG" fosse corretto, entrambi mi hanno confermato che è errato, in quanto è "MMORPG". Si potrebbe pensare ad un refuso, ma è ripetuto per tutto il saggio. Sembrerebbe una minuzia, ma se pure io avevo dei dubbi (fugati dai miei esperti ed anche da Wikipedia) sul termine, e non sono un giocatore on line, vuol dire che l'autrice è ancor meno a conoscenza del genere di me. Il problema è che la trattazione sui videogiochi occupa una trentina di pagine, non poco. Preciso che l'autrice non considera i videogiochi on line la causa di hikikomori, ma comunque valuta che potrebbe diventare un problema nel momento in cui riempieno il vuoto che si crea nella vita del ragazzo (o dell'adulto). La mia obiezione è che negli anni 60 (vedi link all'articolo de "La Stampa") chi si chiudeva in casa leggeva libri, quindi i libri erano un problema?
Sugli anime e manga siamo più o meno sullo stesso livello di conoscenza, benché siano analizzati molto poco. L'autrice, per esempio, usa il termine "mondo anime giapponese", ma "anime" identifica già un prodotto giapponese, pare quasi che esista anche un "mondo anime turco" o un "mondo anime tedesco" da differenziare con quello giapponese...

martedì 15 dicembre 2020

Nagasaki, la bomba dimenticata



TITOLO: Nagasaki, la bomba dimenticata
AUTORE: Frank W. Chinnock
CASA EDITRICE: Arnoldo Mondadori Editore
PAGINE: 271
COSTO: 5 €
ANNO: 1970
FORMATO: 19 cm X 13 cm
REPERIBILITA': on line 
CODICE ISBN: 



Il seguente libro fu pubblicato in Italia nel 1970, negli Usa nel 1969, ma (basandomi su ciò che è riportato a pagina 4) si basa su "estratti da << Dawn over Zero>> di L. Laurence del 1946.
Il titolo rispecchia purtroppo una dura realtà storica e sociale, la deflagrazione atomica su Nagasaki e i suoi effetti, che portò la fine della guerra, fu messa in secondo piano rispetto a quella di Hiroshima, nel mio piccolo lo faccio anch'io, che nelle etichette riporto  prima Hiroshima e dopo Nagasaki...
Pur considerando il periodo storico in cui venne scritto il libro, temporalmente molto vicino ai fatti, quindi per certi versi non una trattazione a "freddo", ammesso che su un argomento del genere si possa essere "freddi", il libro merita sempre di essere letto.
L'autore lo fa procedere in ordine cronologico, inizia alle ore 2 e 56 del mattino di quel 9 agosto,  termina a mezzanotte, con la cronaca di quelle che avvenne poco prima delle ore 24,00 nelle stanze imperiali. In realtà mi pare che poi gli orari delle riunioni nel consiglio imperiale assieme ad Hirohito non tornino con gli orari del libro, ma vale la testimonianza di allora.
Il fulcro del libro sono le testimonianza delle vittimi di Nagasaki, solo per questo lo scritto merita di essere recuperato. In certi punti ho il dubbio che gli eventi siano stati un po' elaborati, perché dubito che in quei tremendi frangenti qualcuno prendesse nota di certi particolari. 
Il racconto comincia alle ore 2 e 56 con il punto di vista dell'equipaggio dell'aereo che trasportava la "bomba", e proseguirà assieme alla cronaca della vita a Nagasaki prima e dopo l'esplosione.
Ho scannerizzato alcune pagine del libro per evidenziare un minimo ciò che subirono i poveri cittadini di Nagasaki (pagine da 104 a 111), alcuni aspetti storici:
il dubbio statunitense su come "modulare" l'uso dell'atomica (pagine 46-47-48);
cosa i giapponesi sapessero della devastazione di Hiroshima il 9 agosto (pagine 78-79-86-87);
la lettera statunitense paracadutata il 9 agosto su Hiroshima destinata al professore giapponese Sagane (pagine da 194 a 197);
il consiglio imperiale in cui Hirohito si decise a fare ciò che avrebbe dovuto fare appena dopo Hiroshima (pagine da 226 a 236).

A pagina 144 si spiega come i caporeparto della Mitsubishi andavano a stanare gli operai che si davano malati e come li punivano... questo è un buon emblema del fanatismo di quel periodo.
In una pagina non numerata è raccontato come una vittima di Nagasaki, "grazie" alle radiazioni della bomba, guarì da un'ulcera allo stomaco... questa è una delle parti che mi ha fatto un po' dubitare di alcuni scritti.


giovedì 10 dicembre 2020

Voci animate, i doppiatori dei cartoni animati anni '70, '80 e '90


TITOLO: Voci animate, i doppiatori dei cartoni animati anni '70, '80 e '90
AUTORE: James Garofalo e Fabrizio Ponciroli
CASA EDITRICE: Edizioni Teasar Lab
PAGINE: 160
COSTO: 15,9 €
ANNO: 2020
FORMATO: 21 cm X 17 cm
REPERIBILITA': on line 
CODICE ISBN: 9788899654269


Di libri sull'animazione giapponese in Italia ne sono ormai usciti tantissimi (link 1 + link 2), restano due aspetti legati a quei primi anime poco indagati, le sigle e il mondo del doppiaggio. A parziale copertura del secondo tema si può leggere questo libro, che comunque non ha un'impostazione saggistica esaustiva, si occupa di un ristretto numero di doppiatori in un arco temporale abbastanza ampio.
Come ebbi l'occasione di scrivere nel caso della recensione di "Le voci dei cartoni animati, doppiatori a Cartoonia" una volta che si devono scegliere alcuni nomi di doppiatori al posto di altri, ognuno di noi farebbe scelte differenti, è tutto molto soggettivo. Tra l'altro anche "Voci animate" non si concentra solo sui doppiatori dei cartoni animati giapponesi, allargando in modo esponenziale la platea delle serie prese in esame.
Rispetto al libro linkato sopra, questo lascia la parola ai doppiatori che si è deciso di prendere in considerazione, quindi sono riportate le loro testimonianze sui cartoni animati giapponesi, ma non solo.
Sarebbe bello leggere un saggio solo sul doppiaggio dei cartoni animati giapponesi in quel primo periodo dal 1978 al 1982, che contempli i doppiatori, gli adattatori e le società di doppiaggio che le effettuavano, che analizzi tutto il contesto. Questo libro, invece, è più una testimonianza in cui  si possono leggere anche informazioni di questo genere.
Ogni scheda contempla la foto, una breve biografia, i dati del doppiatore/doppiatrice, alcuni suoi personaggi famosi, infine una serie di domande degli autori. Sebbene le domande non siano solo sull'animazione, qualche info interessante la può leggere anche chi segue maggiormente gli anime, chiaramente i meno appassionati ne troveranno molte di più.
Purtroppo sono spesso i doppiatori/doppiatrici a dare poche notizie agli autori (motivo per il quale vengono fatte domande anche su altri aspetti del doppiaggio), perché sappiamo che ai tempi il doppiaggio dei cartoni animati giapponesi non veniva considerato molto prestigioso, quindi i loro ricordi si sono un po' persi nel tempo. Inoltre il loro era un semplice lavoro (anche massivo), quindi sarebbe come chiedere a noi i ricordi di una normale attività lavorativa di 30 o passa anni fa, chi riuscirebbe a rammentare i particolari che noi vorremmo sentirci dire da loro?
Non tutti, quindi, riescono a fornire chiari e rigorosi ricordi e sensazioni su quel pioneristico periodo, ma tutti concordano sul fatto che a distanza ben quattro decenni, solo noi appassionati di animazione giapponesi manteniamo vivo il loro lavoro, da qui nasce anche questo lavoro editoriale: 
la passione di due ex bambini miei coetanei che stavano davanti alla televisione a vedere Goldrake, Jeeg, Heidi e Candy Candy.

Sono presenti anche alcuni brevi focus sui cartoni animati del periodo, tanto per contestualizzare le schede.  
Bella l'idea del "QR Code" che ti permette di ascoltare un breve messaggio audio degli intervistati ai lettori di "Voci animate", in fondo il doppiatore è la sua voce, non il suo viso. Peccato che il "QR Code" sia spesso posto all'interno della pagina, cosa che rende in alcuni casi un po' arduo far "prendere" il codice alla fotocamera dello smartphone, molto meglio quando è all'esterno della pagina.
Il prezzo è più che accettabile per i contenuti resi disponibili. 

mercoledì 9 dicembre 2020

"Fumetti pornografici un boom pericoloso" - "La Gazzetta del Mezzogiorno" 30 maggio 1980




I "pornofumetti" di Bonvi su Playboy del post precedente mi hanno fatto tornare in mente un articolino che avevo scovato da qualche parte sui fumetti pornografici che trovavamo in edicola ogni volta che compravamo le figurine o un fumetto.
Da questo drammatico articolo su un brutto fatto di cronaca nera ho cancellato i nomi dei minorenni coinvolti, i luoghi e pure i nomi delle persone intervistate, principalmente per rispetto e in misura minore perché, ai fini di quello che mostro io in questo blog, non contano né i nomi né i luoghi, è importante capire l'accanimento che nella primavera del 1980 i mass media mostravano contro i cartoni animati giapponesi.
Intanto, ieri come oggi, si deve dare la colpa sociologica a qualcosa per gli atti di qualcuno, in questo caso i primi colpevoli erano i "fumetti pornografici" (oggi i videogiochi), mentre si vede che le riviste con foto di vere persone intente ad attività sessuali erano da dispensare da colpe... 
Colpisce l'incipit dell'articolo:
"Un fumetto pornografico. Può essere stata questa la molla che ha portato..."

Un ipotesi totale ed assoluta... magari l'autore della violenza aveva avuto un vissuto di violenze (e ciò non sarebbe comunque una scusante), forse aveva queste pulsioni indipendentemente dal contesto in cui viveva, poteva aver visto la sera prima un film pornografico trasmesso da una emittente locale privata, invece del fumetto pornografico (ammesso ne avesse letto uno), non possiamo saperlo, ammesso conti, ma a rigor di logica non poteva saperlo neppure la redazione del quotidiano. Nonostante ciò il colpevole diviene il fumetto pornografico, che chiaramente non sto qui mica a difendere.
Come sia stato possibile che i colpevoli della violenza dall'essere i fumetti pornografici (ammesso lo fossero), ben visibili in edicola anche dai minorenni senza che alcuna autorità si opponesse, siano divenuti i "cartoni animati giapponesi" è qualcosa che grida veramente vendetta... postuma di 40 anni, ma sempre rivalsa urla... 





"Un fenomeno che si può dire coinvolge tutti: il bambino che a mala pena si regge sulle gambe è bombardato da una serie di fumetti televisivi tradotti poi in giornaletti, figurine, decalcomanie. Passano gli anni e alla violenza fine a sé stessa si aggiunge il sesso. "

Si era partiti dai fumetti pornografici, tipo "il Tromba" o "Lando", per far un triplo salto mortale carpiato e finire con i "fumetti televisivi"... perché?
Ma qualcuno ha mai visto in edicola le figurine pornografiche o le decalcomanie pornografiche? 
Quale nesso c'era tra i fumetti pornografici e Goldrake?
Oggi ci lamentiamo del livello del giornalismo, spesso dato da persone che scrivono articoli a cottimo, ma quale poteva essere la "scusa" nel 1980 per un quotidiano di buona tiratura come "La Gazzetta del Mezzogiorno"?

lunedì 7 dicembre 2020

"Playgulp 14 fine: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy febbraio 1982

E' arduo fare un commento su questo microfumetto di Bonvi, a mio avviso bisogna prenderlo con la formula "visto e piaciuto", anche se ci sono punti in cui potrebbe non piacere  >_<

Da ricordare che la rivista in cui era ospitato era Playboy, che correva l'anno 1981, che il linguaggio era assai non politicamente corretto (anche perché la filosofia politica correlata a questo termine non esisteva ancora), che Bonvi non amava molto i cartoni animati giapponesi, e che comunque non si faceva problemi a dissacrare neppure i suoi personaggi, figuriamoci quelli degli altri  ^_^
Infine è lo stesso Bonvi a battezzare Playgulp "turpe fumetto"  :]

I sette post precedenti:
"Playgulp 1: arrivano i pornofumetti di Playboy"- 14 numeri dal dicembre 1980 al febbraio 1982 - "Benvenuto Bonvi", di Giovanna Tettamanzi - Playboy dicembre 1980

"Playgulp 2 e 3: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy gennaio e febbraio 1981 

"Playgulp 4 e 5: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy marzo e aprile 1981 

"Playgulp 6 e 7: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy maggio e giugno 1981 

"Playgulp 8 e 9: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy luglio e settembre 1981

"Playgulp 10 e 11: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy ottobre e novembre 1981

"Playgulp 12 e 13: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy dicembre 1981 e gennaio 1982


In basso a destra nell'ultima scan è riportato "15-fine", mentre nel precedente numero c'era scritto "13-continua", quindi, a rigor di logica, mancherebbe il numero 14, in realtà penso proprio che ci fu un errore di stampa. Il numero 13 di "Playgulp" è presente nel numero di Playboy del gennaio 1982, il mese successivo, cioè quello di questo numero del febbraio 1982, presenta il "15-fine", ma la rivista era mensile. Il numero di gennaio 1982 è segnato come "anno XI numero 1", quello di febbraio 1982 riporta "anno XI numero 2", quindi non uscì in mezzo un altro numero. Inoltre, leggendo la "trama" (se si può chiamar tale) del fumetto, si capisce che tra il "13-continua" e il 15-fine" c'è consequenzialità.

Ergo mi permetto di affermare che la rivista commise un piccolo errore nel catalogare i due episodi, con questo numero il fumetto di Bonvi si conclude   ^_^

Se poi qualcuno mi porta il numero 14, contento di inserirlo  :]

domenica 6 dicembre 2020

Volume rilegato n° 1 "Il mitico Thor" della Editoriale Corno - Primi 20 numeri: aprile 1971/gennaio 1972


Nell'agosto del 2018 ebbi il cul... ehm... la fortuna di recuperare ad un mercatino dei volumi rilegati con le prime edizioni di svariate testate Marvel pubblicate dalla "Editoriale Corno":
Volumi rilegati delle collane Editoriale Corno: Thor; F4; Uomo Ragno; Devil; Capitan America; Super Eroi

Ho quindi iniziato a fare dei post specifici su ogni testata:
Volume rilegato "Albi Super-Eroi" della Editoriale Corno - Primi 20 numeri: maggio 1973/gennaio 1974

Volumi rilegati "Capitan America" della Editoriale Corno - Primi 40 numeri: aprile 1973/ottobre 1974


I volumi della testata su Thor sono ben 4 (iper mega colpo di cul... ehm... fortuna), quindi li inserirò uno alla volta, lo scopo sarebbe, oltre a mostrare qualche curiosità, mettere un po' di ordine nel caos generato dai (tra l'altro quasi tutti bellissimi) film Disney sull'universo Marvel.
Quali erano i poteri di Thor basandosi sul primo numero della prima testata apparsa in Italia? 
Si ingozzava di birra?
Visto che i videogiochi online non esistevano ancora, giocava a Monopoli con amici alieni?
Era incline al pianto, alla depressione e alle battute di infimo ordine?
Aveva la panza?
Ovviamente no, era il "Dio" del tuono, ma anche della neve, a dire il vero   ^_^
Nei film Disney (e probabilmente nei nuovi universi narrativi dei fumetti Marvel) è assente l'alter ego di Thor, il dottor Don Blake, medico/scienziato con un grosso problema di zoppia, tanto che cammina con il bastone nonostante sia giovane. Come è assente la figura dell'infermiera Jane Foster, di cui è segretamente innamorato il dottor Blake, chiaramente Jane Foster nei film c'è, ma è una scienziata.
In questo post inserisco i poteri originali di Thor, alcuni dei quali con regole molto stringenti e dimenticate, i villains (abbastanza imbarazzanti...) che il Dio del tuono incontra nei primi 20 numeri di questo volume, la posta dei lettori alla testata, infine alcune copertine con storie di particolare interesse (dal mio punto di vista).
Benché io inizierò a leggere Thor attorno al 1976/77, c'erano anche le pagine in bianco e nero in alcune testate, anche la tv era in bianco e nero, era una vita "grigia" la nostra   ^_^


Inizialmente è il caso di spiegare che, come quasi tutti i supereroi del periodo, Thor aveva una doppia identità, nella vita privata era il dottor Don Blake, con relativo studio medico ed infermiera, anche se in un numero lo si scopre eminente scienziato, tanto da creare un androide potentissimo.
La particolarità stava nella sua condizione di "Thor", che lo vedeva trasformato in "Dio del tuono" mantenendo la personalità del dottor Blake, quindi il "Thor di Asgard" non si reincarnava nel corpo dell'umano quando veniva usato il martello. C'è da aggiungere che successivamente Thor ragionerà coscientemente da asgardiano, compresi i ricordi, quindi tra questo primo numero e quando lo leggerò io (fine anni 70), gli autori della Marvel modificarono sostanzialmente il racconto.
Detto ciò, in origine il dottor Blake prendeva "semplicemente" le sembianze di Thor, con annessi i suoi conosciutissimi straordinari super poteri, che sottostavano ad alcune regoline, oggi cadute nell'oblio:
1) percuotendo a terra il bastone magico si diventava Thor;
2) se per 60 secondi consecutivi si smetteva di impugnare il martello, si tornava umani;
3) percuotendo a terra 2 volte il manico del martello si generava pioggia o neve;
4) per far cessare la tempesta bisognava battere a terra 3 volte il suddetto manico;
5) con un solo colpo del manico a terra, si tornava subito umano, col martello diventato un bastone.

Ho notato che i poteri di Thor e del suo martello tendevano ad ampliarsi regolarmente, quindi non li ho inseriti, limitandomi alle cinque regole di cui sopra che ho illustrato con delle scan qua sotto.

giovedì 3 dicembre 2020

L'Imperatore: radici, evoluzione e attualità della funzione imperiale nel Giappone contemporaneo


TITOLO: L'Imperatore: radici, evoluzione e attualità della funzione imperiale nel Giappone contemporaneo
AUTORE: Giacomo Mannocci
CASA EDITRICE: Il Cerchio Iniziative Editoriali
PAGINE: 493
COSTO: 38 €
ANNO: 2018
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA': on line 
CODICE ISBN: 9788884745217

Comprai questo saggio appena venne pubblicato, ma vista la sua tematica ed il numero di pagine ne ho sempre posticipato la lettura, temendo fosse un po' pesantuccio e difficile comprensione (per me), invece sbagliavo alla grande. Tralasciando alcune parti che sono gioco forza più giuridiche, la quasi totalità dello scritto è comprensibilissima, piacevole da leggere ed interessante. Aiuta la lettura il carattere di scrittura non minuscolo, le esaurienti note a piè di pagina, le riproposizione quando necessario di concetti già espressi, senza però diventare ripetitivo.
Si nota qualche refuso, che comunque non impedisce la lettura dello scritto.
Nella prefazione l'autore specifica che questo è un testo a carattere giuridico di diritto comparato, ma che spazia nella storia, religione e filosofia, perché tutti questi campi sono necessari per comprendere l'istituzione imperiale giapponese. 
L'autore prende in esame l'arco temporale che parte dalla "Rinnovamento Meiji", con la promulgazione della Costituzione del 1889 fino a quando il Tenno Akihito annuncia il sui desiderio di abdicare per motivi di anzianità, in mezzo ci sono altri due imperatori, il secondo dei quali ebbe una parte importante nella storia del Giappone e mondiale, oltre e vedere una modifica della Costituzione nel 1947.
Dal mero punto di vista del titolo di studio sono la persona meno adatta a recensire un testo di questo genere, posso solo dire che a me è piaciuto.

Capitolo 1
Si spiega come e quanto il diritto costituzionale giapponese non sia una mera appendice di quello europeo e statunitense, i cui influssi sono comunque presenti nelle Costituzioni del 1889 e del 1947. Il capitolo si concentra sulla figura costituzionale del Tenno.

Capitolo 2
E' illustrata la differenza tra la figura dell'imperatore/Re in occidente e quella del Tenno in Giappone. Il termine più corretto è "Tenno" rispetto ad "imperatore", visto che gli unici tre Tenno che furono realmente "imperatori" furono Meiji, Taisho e Showa (fino alla resa), in quanto possedevano un impero ed erano comandanti in capo delle forze militari. Il capitolo tratta anche la dimensione religiosa shintoista del Tenno, oltre all'etimologia del termine "Tenno", con tanto di spiegazione degli ideogrammi.

Capitolo 3
Il capitolo è dedicato al "Rinnovamento Meiji", una trattazione storico-giuridico-costituzionale che parte dal 1867. In questa fase il Tenno diviene il simbolo dello shintoismo di Stato, e quindi un dio/padre per tutti i giapponesi, che del Tenno fino ad allora poco o nulla sapevano. Sono elencati i primi atti Meiji, i viaggi in occidente per informarsi dei metodi di governo e costituzionali, allo scopo di redigere la carta costituzionale, che manterrà comunque peculiarità tute nipponiche. La nuova costituzione fu promulgata l'11febbraio 1889, essa si ispirava sia a quella britannica che a quella prussiana, con una prevalenza per quest'ultima, per il rapporto con l'esercito. Rispetto a le due costituzioni europee c'era l'aspetto del carattere religioso e sacro del Tenno, per il suo legame con la dea Amaterasu.

Capitolo 4
Con il quarto capitolo si entra nel ruolo e nelle attribuzioni che la costituzione imperiale del 1889 affidava al Tenno. In apertura sono illustrati i seguenti concetti:
1) il Tenno non solo regna ma pure governa;
2) Esiste un'unica Casa Imperiale che ininterrottamente regna sul Giappone perché affonda le sue radici nella discendenza diretta con la Dea del Sole Amaterasu Omikami.

Sono poi analizzati i vari protocolli inerenti il Tenno, in questa parte è spiegato il valore di legge dei "rescritti e delle ordinanze imperiali", per esempio i rescritti sulle forze armate e sull'educazione, che generarono il culto della personalità del Tenno. Da ricordare che il tentativo di colpo di Stato dei militari il 26 febbraio 1936 fu stroncato da Hirohito grazie ad una "ordinanza imperiale", a cui gli insorti semplicemente obbedirono. Quindi Hirohito, quando volle, intervenne per far valere la sua autorità (mia chiosa), come fece per la resa agli Usa.

mercoledì 2 dicembre 2020

"La prima spedizione italiana nell'interno del Giappone e nei centri sericoli" - Pietro Savio (1869) - parte 6 fine

 


A metà del 1800 l'Italia ed il Giappone avevano un interesse commerciale in comune, la  sericoltura.
Pietro Savio fece parte di una spedizione commerciale per studiare l'allevamento del baco da seta in Giappone e per stipulare accordi commerciali. Durante questo viaggio di lavoro prese nota di tutto ciò riguardava l'industria del baco da seta giapponese e lo pubblicò in questo libro. A dire il vero, come mi capitò per "Il Giappone Moderno" di Giovanni De Riseis, io non ho ancora letto nulla di questo libro, quindi non sono certo che vi siano riportati anche aneddoti di vita sociale del periodo.
Il lunghissimo libro di De Riesis venne pubblicato nel 1900, ma raccontava di un viaggio del 1895, lo scritto di Pietro Savio venne pubblicato nel 1873, però il viaggio è datato giugno 1869!
Ben 26 anni prima, quindi l'autore si recò in un Giappone ancora poco occidentalizzato, mi auguro che l'autore non vi abbia riportato solo le tecniche di sericoltura.
L'epoca Meiji iniziò nel 1868, cioè pochi mesi prima di questo viaggio
Confido nel titolo, in cui si parla di "prima spedizione italiana nell'interno del Giappone", e solo in carattere più piccolo si accenna a i centri sericoli.
Come per il libro di De Riesis, sono molto belle le incisioni, più piccole in quanto il formato del libro è quello di un quaderno.


Concludo il libro di Pietro Savio con le ultime scan, da cui ho omesso l'estratto di un manoscritto giapponese sui bachi da seta... ho inserito, invece, le ultime incisioni presenti.

martedì 1 dicembre 2020

"TV Sorrisi e Canzoni" dal 21 al 27 giugno 1981 (articoli sulla pubblicità e Giochi Senza Frontiere + l'elenco di tutte le tv private italiane)


Questo post nasce dalla richiesta di un lettore di vedere qualche palinsesto delle televisioni locali di Bergamo e Brescia, di cui mi sono reso conto che ho ben poco, anzi, direi solo questo... si vede che o ai tempi quelli con le edizioni della zona Bergamo/Brescia li buttavano tutti via, oppure oggi nessuno di quelli che li ha ancora in casa li vende   ^_^
Del numero ho omesso gli articoli sulla musica, per il resto ho messo tutto, compreso quello su "Fantastico 2", il direttore di Rai 3, un sondaggio Doxa sul conservatorismo italico (che torna utile anche oggi...), su Pippo Baudo e famiglia, Enrico Beruschi, Giochi Senza Frontiere, lo sceneggiato "Suonando per il tempo", un'intervista a Mario Pastore, Dora Moroni, gli spot pubblicitari ed infine (in realtà all'inizio della rivista) un elenco di tutte le tv locali presenti in tutte le edizioni regionali di "TV Sorrisi e Canzoni".
Personalmente gli articoli che ho apprezzato di più sono il sondaggio Doxa e quello sulla pubblicità.
Poi in realtà il sondaggio è abbastanza generico popolare, ed anche poco attendibile, visto che il cartone animato più popolare era "Topolino" al 27%... Vabbè... ok che nel 1981 avevamo superato il momento di massima notorietà dei cartoni animati giapponesi, ma che fosse Topolino mi rifiuto di crederlo... può essere che i fan dell'animazione giapponese dispersero i loro voti ognuno per un personaggio differente, mentre i fissati con Disney avevano poco da scegliere...
 


Ma per me la sorpresa del numero è stata questa lista delle emittenti pubbliche e private esistenti nel giugno 1981, ben 319!
C'è da considerare che nel 1981 il mercato aveva già scremato il panorama delle emittenti private rispetto all'esordio degli anni 1977 e 1978: 

Una moltitudine di micro emittenti locali erano scomparse, e stavano per affacciarsi sul mercato i network Canale 5, Rete 4 ed Italia 1, che fecero man bassa di frequenze ed emittenti minori (ma non sempre), inglobandole sotto un unico canale.
Ci sono poi i casi di cambio di nome, per esempio la mitica milanesissima "Milano TV" era diventata "Canale 51", prendendo il nome dal canale da cui emettevano la frequenza, ed in seguito questa divenne, se non rammento male, parte di "Rete A".
Il panorama delle emittenti private locali era in continuo movimento e restringimento, visto che il budget della pubblicità veniva accaparrato sempre di più da Canale 5 e soci, lasciando le briciole agli altri canali.


In ogni edizione della rivista si potevano trovare i programmi di 36 emittenti private, cioè, secondo la redazione, tutto quello che si poteva captare nella propria zona.
Trovo che questo sia un documento interessante da confrontare che i link, sopra, tanto per avere un'idea di come mutò l'offerta televisiva privata nel giro di soli 4/5 anni.