CERCA NEL BLOG

giovedì 30 maggio 2013

Il crisantemo e la spada, modelli di cultura giapponese


TITOLO: Il crisantemo e la spada, modelli di cultura giapponese
AUTORE: Ruth Benedict
CASA EDITRICE: Editori Laterza
PAGINE: 350
COSTO: 20€
ANNO: 2009
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788842089162

L'autrice, un'antropologa culturale, fu incaricata dall'amministrazione statunitense di redarre un'analisi sul Giappone e i giapponesi, per meglio indirizzare le future scelte politiche e di guerra. Da queste analisi, dopo la guerra, la Benedict scrisse questo libro. Seppur il contenuto è datato e i decenni hanno cambiato la società giapponese questo libro è di un interesse unico, senza contare la lungimiranza politica e sociale delle sue analisi e previsioni. Nel 2009 questo scritto ha più un valore storico che sociologico, ma non sempre.
Il lavoro che aspettava la Benedict era improbo, dover studiare una società senza potervi far visita, visto che le 2 nazioni erano in guerra. Per ovviare a ciò effettuò uno studio “indiretto”, di letteratura giapponese, film, teatro, propaganda, articoli giornalistici, oltre ad intervistare i giapponesi residenti negli Usa.
Il governo statunitense aveva bisogno di risposte su quesiti basilari:
Come si sarebbero comportati i giapponesi in caso di invasione da parte degli Usa?
Era possibile la capitolazione senza l'invasione?
Dovevano bombardare il palazzo imperiale?
I giapponesi avrebbero combattuto fino all'ultimo uomo, donna o bambino?
La legge marziale in Giappone sarebbe durata per sempre?
Quante truppe si sarebbero dovute stanziare nel paese?
L'analisi della Benedict cercò di dare una risposta a queste, ma per far ciò era necessario spiegare l'essenza della cultura giapponese, che agli occidentali, allora più che oggi, pareva incomprensibile.
Di seguito ne riporto alcune conclusioni, parzialmente e soggettivamente.
Per i giapponesi l'invasione delle nazioni vicine non fu un atto di conquista, bensì un modo per stabilire una gerarchia in quei paesi anarchici. A differenza degli americani materialisti i giapponesi confidavano sulla vittoria del loro superiore “spirito”. Per questo non temevano la superiorità di armamenti e di capacità produttiva americana, e quando iniziarono le prime sconfitte i governanti poterono tranquillizzare la popolazione con l'assunto che tutto era già stato previsto, ma che il loro “spirito” avrebbe trionfato. Alcuni analisti americano ipotizzavano che la figura dell'Imperatore non avesse in realtà l'appoggio della popolazione. L'Imperatore era per i giapponesi più di quello che Hitler era per i tedeschi, dal (e per il) Tenno prendevano la forza di combattere e resistere, ma, allo stesso tempo, se lui avesse ordinato la resa avrebbe immediatamente deposto le armi.
L'antimaterialismo giapponese si notava anche dal loro disprezzo della morte. Un soldato americano si occupa dei feriti e dei malati, quello giapponese li considera “materiale fuori uso”. La scoperta da parte dei giapponesi che gli aviatori dei B29 avevano attrezzature per il salvataggio fu abbastanza per accusarli di vigliaccheria, ciò provava che il nemico aveva paura di morire, mentre i giapponesi no. Questa filosofia creava il problema della resa, che i giapponesi considerano un disonore verso se stessi, la famiglia e l'Imperatore, a cui è preferibile la morte per suicidio. Ed è il motivo del disprezzo che i soldati giapponesi provavano verso i militari occidentali che si arrendevano, e che pretendevano anche di informare la propria famiglia in patria.
L'affermazione giapponese che “ognuno deve stare al proprio posto” è l'emblema della fiducia nell'ordine gerarchico. Una madre giapponese inizia a far fare l'inchino al figlioletto quando questi ancora non sta in piedi, abbassandogli il capo con una mano. La moglie s'inchina verso il marito, il figlio verso il padre, i fratelli minori verso il maggiore, la sorella verso tutti i fratelli di qualsiasi età. La donna giapponese è inferiore all'uomo, ma è comunque più autonome rispetto agli altri paesi asiatici. Comunque il capo famiglia non agisce in maniera tirannica, le decisioni vengono prese ascoltando tutti i famigliari, anche se non di comune accordo. Sarà lo stesso famigliare oggetto della decisione presa da tutta la famiglia (anche se lui è in disaccordo) ad accettarla per il “bene comune”. La maniere forti non sono la prassi nella famiglia giapponese, è il singolo che si uniformerà “spontaneamente” sotto la pressione degli altri famigliari. Lo stesso meccanismo funziona in tutti gli starti della società. Uno dei motivi della fedeltà all'Imperatore è “l'obbligo” che i giapponesi sentono verso di lui, “on”, Ci sono vari tipi di “on”, il più importante è quello verso i genitori, ma c'è quello verso il maestro o il padrone. L'on è più che un obbligo e spinge il giapponese a far di tutto per ripagare questo debito morale. Mai un giapponese deve dimenticare di “portare on” verso qualcuno, e l'on non sarà mai abbastanza ripagato. Ma l'essere debitori vero sconosciuti può anche far nascere risentimento, in quanto non si sa come (a differenza di un famigliare o un amico) ripagare l'on. L'indifferenza giapponese verso uno sconosciuto in difficoltà è dovuta a ciò, l'aiutarlo (per quanto assurda possa sembrare) farebbe nascere in questi l'obbligo di ripagare l'on. Ad una cortesia inaspettata un giapponese con vari termini, che noi abbiamo tradotto con “grazie” o “sono spiacente”, ma in realtà significano più cose.
Kino doku = Che sentimento dannoso (cioè: sentirsi depressi per non poter ripagare l'on)
Sumimasen = E' qualcosa che non ha un fine – Ho ricevuto un on da voi e mi dispiace non poterlo ripagare
Arigato = Che cosa difficile (è un complimento per aver ricevuto un on che non si potrà ripagare)
Katajikenai = “Ho ricevuto un'offesa” o Sono riconoscente” (l'offesa di non poter restituire l'on)
I tipo di on:
Ko ok = On ricevuto dall'Imperatore
Oya on = On ricevuto dai famigliari
Mushi no on = On ricevuto dal proprio Signore
Shi no on = On ricevuto dal proprio maestro
I tipo di “pagamento dell'on:
Gimu = La forma di pagamento più completa, ma imparziale e illimitata nel tempo (usata verso i genitori)
Chu = Dovere verso l'Imperatore, la legge , la patria
Ko = Dovere verso i genitori, gli antenati, i discendenti
Giri = Debiti ripagati con equivalenza matematica e sono limitati nel tempo
Mentre il chu e il gimu esistono anche in Cina, il giri è solo giapponese, ed è il debito più difficile da ripagare. Inoltre l'obbligo del giri, a differenza del gimu, è una pendenza anche fastidiosa. Specialmente quando si entra nel “cerchio del giri”.
Giri = Il giusto e corretto comportamento, la via che gli uomini dovrebbero seguire, ciò che si fa malvolentieri per giustificarsi in anticipo nei confronti del mondo.
Il giri può generare risentimento in chi deve trovare il modo di sdebitarsi in maniera pari all'on ricevuto, e risentimento in chi valuta che il giri non è stato eguale all'on dato, ma dovrebbe mai essere neppure superiore. Un giri non ripagato o ripagato non abbastanza può generare “gli interessi” nel tempo, come un debito in denaro. Se devi 5, restituirai 5, non 4 o 6 (che sarebbe un gesto offensivo come ripagare di meno), ma se tardi a ripagare allora dovrai pagare anche 6 o 7.
Frasi tipiche:
“Essere rimasti intrappolati dal giri” - “Mi ha forzato a farlo per il giri” - “Mi ha messo con le spalle al muro con il giri”.
Chi non agisce secondo il giri è ritenuto una persona che non sa rispettare gli “obblighi del giri”, che implica biasima da parte della società. Il giri verso il proprio “buon nome” obbliga a mantenere incontaminata la propria reputazione, e obbliga anche a lavare l'onta di una calunnia o insulto, quindi a vendicarsi o a suicidarsi. Vendicarsi per una calunnia non è considerata un'aggressione, ma si saldano i conti del giri. Il giri verso il proprio buon nome obbliga, per esempio, un docente a non ammettere uno sbaglio, perché paleserebbe di aver infranto il buon nome legato alla sua professione. Questa suscettibilità è presente anche nella competizione, Un compito eseguito solo da una persona sarà compiuto meglio che mettendo 2 persone in competizione per quel compito, Perché entrambi si preoccuperanno di non sbagliare per non disonorare il proprio nome. La competizione in Giappone è ridotta al minimo indispensabile, per i problemi legati al giri verso il proprio “buon nome”. Di contro l'istituto della mediazione, che è diffuso a tutti i livelli della società, è lo strumento per evitare la competizione. In Giappone non si accusa una persona di essere ingiusta (o egoista o scortese), ma si evidenzia il “cerchio” nei confronti del quale il suo comportamento è stato riprovevole, il “cerchio del chu”, il “cerchio del ko” o il “cerchio del giri”. I giapponesi mancano del “cerchio del male”, quindi non agiscono in virtù del “bene” e del “male”. Una persona sbaglia perché premette alle proprie passioni di prevalere sugli obblighi del giri, non perché un'azione sia giusta o sbagliata a priori. Il culto dell'Imperatore fu inculcato anche trasformando gli obblighi del chu (verso l'Imperatore) in prioritari rispetto agli altri cerchi di obblighi. Chi rispettava il cerchio del chu adempiva a tutti i cerchi, anche se gli altri fossero stati in conflitto o prioritari col chu. Il Rescritto Imperiale, che ricopriva carattere di dogma per i sudditi, rivolto ai soldati e marinai aveva questo scopo, chiarire che l'obbligo del chu aveva la precedenza sul giri.
Il capitolo sull'educazione dei bambini è secondo me il più interessante e nel contempo impossibile da riportare, mi limiterò a poco.
L'educazione dei bambini è improntata al massimo della libertà ed indulgenza, molto più che in occidente. Come termine di paragone si può immaginare una curva a forma di U, dove ai bimbi (fino agli 8 anni) e agli anziani (dopo i 60 anni) è permesso “tutto”, mentre nelle altre fasce di età gli obblighi sono proporzionali a ciò che la società ci si aspetta da un adulto. In occidente la U è capovolta, fino alla maggiore età si ha più obblighi, in età adulta si può fare “un poco come si vuole” (si è liberi di scegliere), poi, con la vecchiaia, si torna ad avere i vincoli dati dal non potersi più gestire da soli..
Gli atti di prevaricazione verso i più giovani a scuola (oggi si chiamerebbero “atti di bullismo”) erano presenti fin da prima della seconda guerra mondiale.
L'ultimo capitolo riguarda le considerazione dell'autrice sull'occupazione americana (siamo nel 1946) e sul futuro del Giappone e dei giapponesi. Riporto per intero una parte profetica:
“I giapponesi avevano cercato un certo tipo di azione ed erano stati sconfitti; oggi, quindi, essi tenteranno di vivere diversamente, dedicandosi ad attività pacifiche.
La Benedict è deceduta nel 1948, chissà quanto avrebbe potuto scrivere del Giappone contemporaneo o solo dei giapponesi di 30 anni fa.

Nessun commento:

Posta un commento