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domenica 11 agosto 2024

Anime Cult - Immagini, ricordi e collezioni dal Sol Levante (n° 21)


Recensisco il n° 21 di A. C. parecchio in ritardo rispetto alla sua data di uscita a luglio, in quanto dovevo terminare di postare consecutivamente gli "Annuari Rizzoli dal 1977 al 1983. In fondo le fonti hanno la priorità, altrimenti c'è chi resterà senza spunti per i suoi libri e le sue pubblicazioni   ^_^
Il numero contiene uno speciale sulle censure, su cui torno più sotto, son presenti le solite numerose interviste:
la riproposizione di un'intervista ad Alessandra Valeri Manera già presentata su "Vinile" n° 34 del 27 luglio 2022, immagino con qualche stralcio in più, per commemorare la sua dipartita;
Andrea Accardi (disegnatore);
Sio (fumettista, influencer, etc.);
la seconda parte dell'intervista a Tahashi Saijo (animatore);
la seconda parte dell'intervista a Patrizia Tapparelli (cantante sigle).



Di fianco all'editoriale del nostro Ceo campeggia come al solito l'avviso su quando si potrà trovare in edicola (o in spedizione da abbonamento) il numero 22 di "Anime Cult", e la data è quella del 18 settembre, ergo è ufficiale la trasformazione della testata da mensile a bimestrale, alternandosi con "Japan Magazine".
Nel suddetto editoriale del Ceo non c'è, non dico una riga, ma neppure una parola su questo cambiamento, silenzio totale, come se nulla fosse... ma non era stato proprio il Ceo nel n° 17 ad affermare, riguardo alla nascita di "J. M.", che la Sprea con J. M. non si faceva concorrenza da sola?
Si vede che alla fine, le due testate semi uguali si facevano veramente concorrenza da sole... senza contare la grandinate di altri speciali/dossier/enciclopedie targate Sprea a tema anime/manga... ci torno più sotto.
Due paroline di spiegazione, da abbonato, le avrei gradite, ma fa nulla  ^_^


Più che giustamente l'editoriale del Ceo è un ricordo della scomparsa Alessandra Valeri Manera, tutto giusto e grande rispetto per chi la conosceva e sente la sua mancanza. In questi casi si rischia sempre di essere tacciati di insensibilità, ma non è che il giudizio sul suo lavoro alla Fininvest/Mediaset sugli anime può cambiare perché lei non c'è più... sarebbe un po' ipocrita... 
In questo la testata e la redazione della Sprea si mantiene abbastanza coerente, visto che l'opera di adattamento, delocalizzazione, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censura operato dalla Fininvest/Mediaset era già stato abbondantemente sdoganato nei numeri precedenti (leggere la rece al n° 20 linkata sopra).
Dato che, invece, nel mio piccolissimo, probabilmente anche a causa di un'età maggiore rispetto al Ceo, non concordavo allora con questa impostazione giustificazionista della redazione, continuo a non concordare...
Tutto l'editoriale del Ceo ha questa impronta "scusazionista".
Quello che mi pare stia cambiando (o sia già cambiato) negli scritti sia del Ceo che in alcuni articoli della redazione è come ci si rivolge a chi non concorda con questa visione "scusazionista". 
Infatti il Ceo scrive "Attaccata dai puristi e accusata, specie negli anni Novanta, di essere tra i censori più sadici, esercitava semplicemente il suo lavoro seguendo logiche interconnesse ma distinte..."

Quelli che restano non "scusazionisti" diventano "puristi" che attaccavano una persona che svolgeva al meglio il suo lavoro, i "cattivi" diventiamo noi... senonché il suo lavoro era, appunto, adattare, delocalizzare, tagliare e cucire, cambiare i dialoghi e censurare...
Io non mi ritengo per nulla un "purista"... preferisco vedere gli anime doppiati in italiano, e solo se proprio capisco che non arriveranno mai, li guardo (o li ho guardati in passato) in giapponese con sottotitoli. Poi se posso ascoltarli con un doppiaggio in italiano rispettoso del senso originale della serie, son più contento (cosa che in Fininvest/Mediaset non capitava...).
Comprendo bene la necessità e la DIFFICOLTA' di adattare un anime (o qualsiasi altra opera), ma qui si finge di non capire che Fininvest/Mediaset comprava scientemente anime con un target non adatto al proprio pubblico, considerando pure le normative intervenute nel tempo a tutela dei minori, e quindi erano obbligati a massacrarle, spesso senza alcun motivo reale... oppure rimandavano in onda anime che in precedenti passaggi (vedi Lady Oscar) erano state lasciate pressoché intonse, per fare opera di censura massiva... 
Quella di Fininvest/Mediaset era una strategia censoria e di delocalizzazione sistematica, non un occasionale cambio di nomi o rimozione di qualche scena.
Poi c'è tutto il discorso del cambio delle sigle e dei cantanti, ma è un'altra storia, oppure no?
Il tutto lo facevano legittimamente per portare a casa dei soldini, e i soldini li portavano a casa legittimamente anche quelli che operavano materialmente questi stravolgimenti, ed oggi alcuni degli stessi portano a casa altri soldini per spiegarmi che era tutto giusto?
OK, va bene tutto, ma entro certi limiti   ^_^
A mio avviso sia l'editoriale del Ceo che gli altri articoli di questo numero partono da dei presupposti erronei, inoltre considerano nel medesimo modo adattamenti svolti in anni diversi. 
Spesso negli articoli di questo numero si tira in ballo il povero Goldrake o altri anime del "First Impact" per giustificare l'opera fininvestmediasettiana, questo approccio lo trovo abbastanza ingiusto, forse dovuto al non aver vissuto quel periodo e quindi nel non poter/voler capire che la serie di "Atlas Ufo Robot" fu qualcosa di travolgente e stravolgente per tutti, compreso chi si occupò dell'adattamento. Più volte si afferma che i nomi dei personaggi li cambiarono anche in Goldrake, quasi a voler riesumare il famoso "rubano tutti, non ruba nessuno" della politica italiana. Solo che la Rai acquistò la versione francese di Goldrake, già con i nomi cambiati, senza contare che il tempo disponibile all'adattamento probabilmente non fu molto. 
E senza MAI dimenticare che qualcosa come Goldrake NON si era MAI visto in Italia!
Come si può in buona fede paragonare il cambio dei nomi in "Atlas Ufo Robot" trasmesso in Italia nel 1978 con il cambio dei nomi in, per esempio, "E' quasi magia Johnny" trasmesso in Italia nel 1989? 
Sono più di dieci anni!!!
In quei dieci anni si era sviluppata un minimo di conoscenza degli anime, non si era più nell'anno zero (il 1978) o l'anno uno (1979), ma nell'anno 12 degli anime in Italia!!!
Il presupposto errato dell'approccio "Anime Cult" è quello che si mettono sullo stesso piano adattamenti con delocalizzazioni, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censure... 
In Goldrake, lo prendo come esempio visto che la redazione lo tira fuori a giustificazione dell'opera fininvestmediasettiana ogni due per tre, ci fu l'adattamento dei nomi, ma la trama fu modificata?
No.
Ma alla fine, considerando che nulla sapevamo nell'aprile del 1978 della Mazinsaga, cosa mi cambiava a me bambino chiamare il protagonista Actarus o Daisuke? Actarus o Duke Fleed?
ZERO SPACCATO! 
Ci fu l'opera di delocalizzazione in Goldrake?
No.
Taglia e cuci in Goldrake?
No.
Censure in Goldrake?
No.
Un paio di episodi non furono mai trasmessi, ma lo scopo era quello di farne film di montaggio, ed anche se non fossero stati trasmessi per valutazioni sul loro contenuto, meglio non trasmetterli che massacrarli...
Cambiare i nomi non è simpatico, ma se lasci immutata la trama, il luogo in cui si svolge la storia, non stravolgi la trama con taglie e cuci e censure, avere i nomi errati non è questo gran problema.
Vennero cambiati i dialoghi, ma non mi pare in maniera da rendere incomprensibile la trama originale, ed il motivo fu più che altro dovuto all'ignoranza, manco loro del 1978 avevano ben capito cosa avevano tra le mani.
Io capisco anche qualche limitato taglio o cambio dei dialoghi, mica tutto quello che può andare bene per un bambino/a giapponese può andar bene per un bambino/a italiano, ma non deve essere frutto di una strategia a tavolino, che era quella presente in Fininvest/Mediaset.
Mi rendo conto che mi son fin dilungato troppo e per una tematica che evidentemente interessa solo me e pochi altri, e che sono stato fin troppo antipatico, ma tutta l'impostazione "scusazionista" di questo numero sulle censure non l'ho apprezzata.
Mio punto di vista.


Un altro esempio del cambiamento di linguaggio versus chi non apprezzava e non apprezza l'opera Fininvest/Mediaset di adattamento, delocalizzazione, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censura è quel "Checché ne pensino i suoi (di AVM)  irriducibili detrattori".
Non solo diventiamo "detrattori", ma anche "irriducibili"... 
A me non pare di essere uno che "cerca di nuocere alla reputazione di qualcuno con la maldicenza o con critiche maligne"... dal mio punto di vista in Fininvest/Mediaset assunsero persone per fare un lavoro legittimo (visto che lo hanno fatto), su cui non concordo. 
Posso non concordare? (mi sento un po' Salvini...)
A quanto pare no, altrimenti diventi un "irriducibile detrattore purista che attacca una professionista"  :]
E' ovvio che la strategia non era data da AVM, era una direttiva dell'azienda, e un dipendente ha due possibilità, seguire le direttive dell'azienda oppure cambiare azienda, non è che può fare di testa sua.
Io critico la scelta di adattamento, delocalizzazione, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censura degli anime decisa dall'azienda, poi c'era chi ci doveva mettere la faccia, ma mica è colpa mia...
All'interno della riproposizione dell'intervista ci sono anche i bei ricordi di chi lavorò con Alessandra Valeri Manera.



Ad inizio post accennavo alla grandinata di pubblicazioni Sprea su anime e manga, ecco.. ti metti a leggere un articolino sul periodo in cui il "Corriere dei Piccoli" pubblicava storie con i personaggi dei cartoni animati giapponesi, e alla fine dello scritto capisci che è uno spottone per l'ennesima pubblicazione Sprea!   T_T
Ci mancherebbe, tutto legittimo, ma a me pare che stiano esagerando, avviso che non la comprerò.

Nello scritto si accenna che il CdP aveva ospitato anche storie ed articoli su Goldrake ed Heidi:





Il sommario dello "Speciale Censure".
A mio avviso, come già scritto sopra, non si fa alcuna distinzione tra adattamento, che è fin obbligatorio in un'opera non italica, e tutte le altre manipolazioni.
Inoltre non si fa capire al lettore che un adattamento del 1978, 1979 o 1980 non è paragonabile ad uno del 1984, 1986 o 1989, non parliamo poi degli anni 90...
Sia chiaro, lo speciale non si occupa mica solo di Goldrake e soci, si può ben leggere che si trattano più che altro censure successive, ma io sono più sensibile al mettere sullo stesso piano, l'inizio con il successivo, il non pianificato con la strategia aziendale.
Per esempio a pagina 41 si accenna al cambio di nome in Gundam di Amuro Rei in Peter Rei, e non fu l'unico cambio di nome, ma la domanda importante sarebbe "la serie del Gundam fu stravolta?"
No.
Vennero censurate le morti e l'orrore della guerra?
No.
I dialoghi vennero modificati allo scopo di nascondere qualche tematica considerata sconveniente?
No.
Furono effettuati taglia e cuci?
No.
La serie venne censurata?
No.
Poi il tutto venne adattato un po' alla carlona, per esempio perdendo il concetto di ESP, ma per inesperienza e sottovalutazione del valore dei contenuti originali. 
E' ovvio che io riguardo il Gundam con più piacere con il nuovo doppiaggio fedele all'originale, ma noi capimmo senza problemi che in Gundam la guerra era vera, come lo era in Zambot 3, tanto per fare un esempio di un'altra serie trasmessa dalle tv locali e non censurata.



"Sin a Ufo Robot"... no, non si può tirar in ballo il primo anime robotico tramesso in Italia nell'aprile del 1978 come scusa per quello che faceva Fininvest/Mediaset, ma neppure i lungometraggi nipponici proiettati al cinema negli anni 60 e 70.
I titoli dei lungometraggi d'animazione nipponica venivano cambiati perché era una prassi italica delle case che importavano film, lo facevano e lo fanno ancora con qualsiasi film. Figuriamoci con film d'animazione degli anni 60 e 70, dove in Italia animazione voleva dire Stati Uniti d'America e Walt Disney.
Se si avrà la pazienza di scorrere i post linkati qui sotto, si potrà capire che il cambio dei titoli ed autori nulla aveva a che fare con la strategia censoria Fininvest/Mediaset, era un altro tipo di strategia censoria, ma data dalla totale ignoranza, in comune con Fininvest/Mediaset c'era solo l'intento di guadagnare soldi.






"Dopo le polemiche generate da Goldrake, la Rai si allontana gradualmente dall'animazione giapponese, facendo spazio alle nascenti reti private"...

A mio avviso scrivere questa informazione vuol dire confondere tutta la cronistoria dell'avvento dei cartoni animati giapponesi in Italia, delle polemiche giornalistiche, della storia delle tv private locali, eppure di saggistica in merito ne è stata scritta...
La Rai non si allontana gradualmente dall'animazione giapponese dopo le polemiche su Goldrake, perché l'apice delle polemiche contro i cartoni animati giapponesi avviene nella primavera del 1980 (verificare il numero mostruoso di articoli presenti tra marzo e aprile), Goldrake è terminato. La serie che si becca tutto l'astio accumulato è Mazinga (Z), e le polemiche sono contro tutti gli anime.
Scrivere, poi, che la Rai lasciò spazio alle nascenti reti private, se la data fosse quella del 1980, non ha cronologicamente alcun senso, in quanto le tv private locali già trasmettevano in massa animazione giapponese dal 1979.
Le emittenti private locali si sviluppano dal 1977/78, i primi anime trasmessi (a parte Kimba nel 1977) sono dei primi mesi del 1979, la Rai trasmetteva ancora varie serie animate nel 1979, ma ovviamente in numero minore rispetto alla moltitudine di tv locali private.





Vero è che gli statunitensi facevano peggio di noi italiani (anche se forse non sempre peggio di Fininvest/Mediaset), ma stravolgevano gli anime fin da Astroboy e Kimba. Gli Usa non volevano certe scene e certe tematiche, non volevano neppure storie che si sviluppassero, volevano puntate autoconclusive.
E quindi?
Questo aspetto del paragonare censure in Italia (cioè Fininvest/Mediaset) e censure all'estero viene parecchio rimarcato, giusto presentarlo, ma in qualche modo solleva i censori italici dalle proprie responsabilità?
Torniamo al nostrano "rubano tutti, non ruba nessuno"?


Nell'articolo sopra si rimarca la questione degli adattamenti e censure straniere, ma resta il punto che due errori non fanno una cosa giusta.
Nell'articolo sotto si accenna a "Lupin III", che è proprio l'esempio principe di quanto agli esordi le tv private locali non solo non avevano nessuna idea di cosa compravano (mentre Fininvest/Mediaset si), ma neppure li censuravano (mentre Fininvest/Mediaset si).
E comunque non fu "un miracolo" se "Lupin III" non venne stravolto nel 1979/80, neppure Jeeg, il Grande Mazinga, Gundam e tutte quelle serie sulle tv locali non venivano censurate.
Non venne censurato neppure il primo film al cinema di "Lupin III" nel 1979/80!
Il punto è che quando si commenta una aspetto che non si è vissuto, può essere che sfuggano le sfumature.


Faccio sempre fatica a capire i sassolini che si toglie dalle scarpe Silvio Andrei, e spero che non sia mai io il soggetto dei suoi strali, ma stavolta non ho proprio capito una cippa.
A chi si riferisce quando scrive:
"Ora quelli che si paludano del termine "editore" cercano "autori" (tra molte virgolette) in Rete, guardano quanti seguono un tale "autore" (più sono i follower, più copie si potrà immaginare di vendere). Si conta poi che, sempre sul Web, gli "autori" si promuovano autoesaltandosi, e che altri "amici" li esaltino, per essere a loro volta esaltati."

A me pare che la parte dello scritto di Silvio Andrei che ho riportato qui sopra ben si adatti alla nuova saggistica su manga, anime e Giappone, ma direi anche alle testate della Sprea.
Oppure non ho capito nulla dei criptici messaggio andreiani...   ^_^


Lessi delle polemiche contro "Ken il guerriero" proprio sui quotidiani dell'epoca, e ne rimasi basito per la loro pochezza, fa bene Andrei a riproporre quella crociata anti cartoni animati giapponesi, che esula dalle mie ricerche in quanto troppo recente.
Poi in una parte del suo scritto si accenna alla mancata citazione delle fonti, di "tanti paludati copiancollatori, soliti rubacchiare di qua e di là senza riconoscere niente".
Forse una autocritica alla propria testata?

Per la cronaca quel numero di "Man Ga!" (e tutti quei primi numeri) è in mio possesso.


Altre otto interessantissime pagine di intervista a Takashi Saijo sulla Tatsunoko, vale da solo l'acquisto della rivista.



Sullo scritto di Carrassi non mi permetto di scrivere nulla, anche perché non ho mai visto la serie di cui spiega gli adattamenti.
Quello che annoto è che a fine articolo è presente un altro auto spottone sull'ennesima pubblicazione Sprea, "Cartoni & TV", che non comprerò   ^_^



E a tal proposito sono presenti un paio di pagine per incentivare l'abbonamento ad "Anime Cult" e "Japan Magazine", un mese una, l'altro mese l'altra... in cui c'è una parziale rassegna di tutte le altre pubblicazione Sprea, non paiono un po' tantine?
Fino ad un certo punto le ho comprate, poi "ho detto stop allo Sprea in eccesso!" (semi cit. pubblicitaria)





Altro bel tassello informativo sul mondo delle sigle.


 

20 commenti:

  1. "Il punto è che quando si commenta una aspetto che non si è vissuto, può essere che sfuggano le sfumature."
    Stengo, sei un vero Signore... chapeau!

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    1. In realtà mi è parso di essere stato fin troppo antipatico, ma sono le stesse cose che scrivevo nei commenti presenti nei precedenti numeri di AC, in cui si è dibattuto di censure.
      La mia linea, ma anche quella di AC, resta la medesima, abbastanza lontane in certi aspetti :]
      Capita

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    2. Eppure pensavo di essere stato chiaro nell'articolo: la verità può essere solo una, vissuta o meno. Quelle serie, Lupin ecc, non vennero censurate (ma spesso lavorate in modi non troppo precisi) proprio perché all'epoca le TV regionali vivevano di anarchia e non consapevolezza. Questo ha generato i 'miracoli' citati... quando Lupin è passato in altre mani, sono state apportate le censure.
      Due errori non fanno una cosa giusta, e abbiamo detto più volte di essere contrari alla censura: il dossier (da leggersi schede incluse, come fosse un unico iter) non vuole né giustificare né osannare, ma solo spiegare perché tali cose avvenivano, che piaccia o meno.
      Quindi non so perché parli di '"cosa giusta", lasciando intendere che io abbia scritto che, siccome lo fanno altri (gli americani) allora è giusto...

      Moz-

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    3. Concordo che tutto il dossier fa parte di un unico corpus, proprio per questo motivo il rimarcare l'opera censoria statunitense, assieme al continuo tirare in ballo Goldrake (e soci) con l'opera Fininvest/Mediaset restituisce, a mio avviso (sempre a mio avviso, quindi conta zero), l'effetto finale del "lo facevano tutti".
      Tutto il numero, ma già da vari numeri, è un continuo stillicidio di paragoni tra l'opera Fininvest/Mediaset ed altri periodi.
      Certo, viene "condannata" la loro opera censoria, e sinceramente non vedo come non potrebbe essere altrimenti, ma nel contempo si fanno paragoni non congrui, principalmente dal punto di vista temporale.
      Ribadisco:
      un cambio dei nomi nell'aprile del 1978 o anche fino al 1982 (specialmente per serie trasmesse dalle tv locali) non ha e non può avere la valenza del cambio di nomi operato sistematicamente da un'azienda che proseguì la medesima impostazione fino a tutti gli anni 90.

      Riguardo proprio a Lupin III ho evitato di sottolineare, dato che ero già stato abbastanza antipatico, che in un trafiletto si scrive che:
      "Chissà se Lupin III, prima di venire rilanciato dalla Fininvest, avrebbe avuto il successo di cui ancora oggi gode: sicuramente lo avrebbero ricordato i fan della prima ora, ma non sarebbe diventato un cult transgenerazionale".

      Il ragionamento che mi pare di cogliere, e che in altri punti della rivista è invece esplicitato, è che grazie alle censure potemmo vedere serie che non avremmo mai visto.
      Intanto la prima serie di Lupin in giacca verde veniva riproposta regolarmente sulle tv locali, mica era scomparsa, inoltre la seconda serie con la giacca rossa, se non sbaglio (non ho controllato), venne trasmessa di nuovo dalle tv locali, non da Fininvest.
      Quando Fininvest mise mano a Lupin III, il ladro gentiluomo non era obliato, ma era già famoso, motivo per il quale lo trasmisero.
      Magari al posto di Fininvest avrebbe continuato ad essere trasmesso dai circuiti locali associati, magari senza essere censurato...

      Per esempio la Rai censurò alcuni episodi di Bia per il contenuto considerato non adatto, ma non le trasmisero proprio, tutta la puntata (vado a memoria, magari sbaglio), non fecero il massacro taglia e cuci...
      Non tagliarono mai, però, Bia che faceva il bagno e le varie visuali da sotto la gonna.
      Questo perché dietro a quelle scelte non cera una strategia decisa a priori, ma scelte occasionali momentanee.

      Pensa a Capitan Harlock, in cui i terrestri sono inebetiti da raggi emessi dalla televisione e dove i politici giocano a golf e seguono le corse dei cavalli piuttosto che interessarsi all'invasione di alieni... pensa al periodo con attentati giornalieri e morti giornalieri, non sarebbe stato un tema da censurare alla Rai?
      Eppure non venne fatto, nonostante che la politica in Rai era la cosa più importante.

      Ti/vi lascio uno spunto che magari vi è sfuggito.
      Alla Rai nel 1978 (ed anche prima) c'era un'altra donna che si occupò dell'importazione e dell'adattamento dei cartoni animati giapponesi, Nicoletta Artom.
      Se NA avesse agito come AVM e la Fininvest/Mediaset, probabilmente non avremmo mai visto Goldrake e magari Anime Cult manco esisterebbe.
      La Artom si batté per farmi vedere Goldrake e tutti gli anime di cui si occupò, venne appoggiata dai funzionari Rai che in quel momento avevano la responsabilità finale di decidere, ma tutti assieme fecero una scelta che, seguendo la logica censoria Fininvest/Mediaset (che Anime Cult giustifica), avrebbe impedito la visione di tutti quei primi cartoni animati giapponesi.
      Oppure li avremmo visti senza sapere che erano giapponesi!

      Forse la Rai del 1978/82 era più libera di scegliere rispetto alla Fininvest/Mediaset degli anni dal 1983 a tutti gli anni 90?
      Può essere.
      Forse la Rai aveva meno paletti ed i suoi vituperati funzionari erano meno bacchettoni di quelli di Cologno Monzese?
      Può essere.
      Per questo quando vengono analizzate certe tematiche su una rivista o in un libro andrebbero tenuti separati i periodi.

      Elimina
    4. Buon Ferragosto innanzitutto! 💪
      Rispondo punto per punto così è più facile tenere il filo:

      ➡️Concordo che tutto il dossier fa parte di un unico corpus, proprio per questo motivo il rimarcare l'opera censoria statunitense, assieme al continuo tirare in ballo Goldrake (e soci) con l'opera Fininvest/Mediaset restituisce, a mio avviso (sempre a mio avviso, quindi conta zero), l'effetto finale del "lo facevano tutti".
      Tutto il numero, ma già da vari numeri, è un continuo stillicidio di paragoni tra l'opera Fininvest/Mediaset ed altri periodi."

      🟢Hai frainteso: il 'lo facevano tutti' non è per giustificare l'operato, ma proprio per spiegare che le medesime necessità erano sentite ovunque quando si parlava di prodotti che dovevano monetizzare su grande scala. Abbiamo infatti premesso sin dalle prime righe che si tratta sempre di operazioni commerciali, peraltro in accordo coi giapponesi e anzi loro stessi cambiavano cose all'occorrenza sia per i mercati esteri (Rayearth, Utena...) sia per loro stessi (Dragon Ball Kai ma anche remake di Ranma dove c'è molto meno nudo)

      ➡️Certo, viene "condannata" la loro opera censoria, e sinceramente non vedo come non potrebbe essere altrimenti, ma nel contempo si fanno paragoni non congrui, principalmente dal punto di vista temporale.
      Ribadisco:
      un cambio dei nomi nell'aprile del 1978 o anche fino al 1982 (specialmente per serie trasmesse dalle tv locali) non ha e non può avere la valenza del cambio di nomi operato sistematicamente da un'azienda che proseguì la medesima impostazione fino a tutti gli anni 90.

      🟢il paragone è continuo e, a mio avviso, congruo proprio perché dimostra come sia andata col Giappone, o meglio come si sia evoluta la nostra percezione di una terra così lontana. Ho infatti citato anche il cambio di nomi nei primissimi lungometraggi arrivati da noi, quelli di Goldrake si inseriscono in questo contesto come quelli Fininvest: è un percorso unico formato da varie tappe, fino alla reintegrazione di nomi ed elementi nipponici. L cose hanno quindi la.stessa valenza proprio perché si basano sullo stesso concetto in un'epoca dove il Giappone era ancora difficile presso il grande pubblico generalista. Comunque abbiamo anche parlato della graduale reintroduzione di queste cose, proprio quando il Giappone venne sdoganato.

      Continua...

      Moz-

      Elimina
    5. ➡️Riguardo proprio a Lupin III ho evitato di sottolineare, dato che ero già stato abbastanza antipatico, che in un trafiletto si scrive che:
      "Chissà se Lupin III, prima di venire rilanciato dalla Fininvest, avrebbe avuto il successo di cui ancora oggi gode: sicuramente lo avrebbero ricordato i fan della prima ora, ma non sarebbe diventato un cult transgenerazionale".

      Il ragionamento che mi pare di cogliere, e che in altri punti della rivista è invece esplicitato, è che grazie alle censure potemmo vedere serie che non avremmo mai visto.

      🟢 che piaccia o meno, è proprio così: la RAI aveva smesso di importare prodotti nipponici, la Fininvest restava l'unica a poter comperare serie cult anche commerciali (quindi gadget giochi eccetera), e la censura era praticamente obbligatoria. Quindi sì: tante serie le abbiamo potute vedere proprio perché censurate, paradossalmente, altrimenti le avremmo avute forse in edizione americana (ancora peggiore) o peggio... non le avremmo viste affatto.

      ➡️Intanto la prima serie di Lupin in giacca verde veniva riproposta regolarmente sulle tv locali, mica era scomparsa, inoltre la seconda serie con la giacca rossa, se non sbaglio (non ho controllato), venne trasmessa di nuovo dalle tv locali, non da Fininvest.
      Quando Fininvest mise mano a Lupin III, il ladro gentiluomo non era obliato, ma era già famoso, motivo per il quale lo trasmisero.
      Magari al posto di Fininvest avrebbe continuato ad essere trasmesso dai circuiti locali associati, magari senza essere censurato...

      🟢esatto, ma una trasmissione su tv private non avrebbe portato al successo di cui Lupin gode. Simbolo della.rete, addirittura in anteprima mondiale su Italia 1 la quarta serie. Secondi te la TMS voleva che Lupin andasse a caso su Euro Tv o sui canali principali? Ecco che è diventato un cult assoluto, coi film trasmessi in prima e seconda serata ecc ecc...

      Continua...

      Moz-

      Elimina
    6. ➡️Per esempio la Rai censurò alcuni episodi di Bia per il contenuto considerato non adatto, ma non le trasmisero proprio, tutta la puntata (vado a memoria, magari sbaglio), non fecero il massacro taglia e cuci...
      Non tagliarono mai, però, Bia che faceva il bagno e le varie visuali da sotto la gonna.
      Questo perché dietro a quelle scelte non cera una strategia decisa a priori, ma scelte occasionali momentanee.

      🟢Per me non cambia molto: non trasmettere affatto, o tagliare le scene incriminate, è sempre censura: di fatto tu di Bia non hai visto delle cose.

      ➡️Pensa a Capitan Harlock, in cui i terrestri sono inebetiti da raggi emessi dalla televisione e dove i politici giocano a golf e seguono le corse dei cavalli piuttosto che interessarsi all'invasione di alieni... pensa al periodo con attentati giornalieri e morti giornalieri, non sarebbe stato un tema da censurare alla Rai?
      Eppure non venne fatto, nonostante che la politica in Rai era la cosa più importante.

      🟢 come specificato nel dossier, anche a Mediaset sono passate indenni certo cose e altre, simili, no. Dipende dai periodi, perché-ripeto- è un lungo iter dove tutto è collegato da un comune denominatore: la percezione della cultur nipponica nel nostro Paese.

      ➡️Ti/vi lascio uno spunto che magari vi è sfuggito.
      Alla Rai nel 1978 (ed anche prima) c'era un'altra donna che si occupò dell'importazione e dell'adattamento dei cartoni animati giapponesi, Nicoletta Artom.
      Se NA avesse agito come AVM e la Fininvest/Mediaset, probabilmente non avremmo mai visto Goldrake e magari Anime Cult manco esisterebbe.
      La Artom si batté per farmi vedere Goldrake e tutti gli anime di cui si occupò, venne appoggiata dai funzionari Rai che in quel momento avevano la responsabilità finale di decidere, ma tutti assieme fecero una scelta che, seguendo la logica censoria Fininvest/Mediaset (che Anime Cult giustifica), avrebbe impedito la visione di tutti quei primi cartoni animati giapponesi.
      Oppure li avremmo visti senza sapere che erano giapponesi!

      🟢già che affermi il fatto che AC giustifica, mi fa capire che il dossier (e le mie parole) non è stato compreso. Mi dispiace...

      ➡️Forse la Rai del 1978/82 era più libera di scegliere rispetto alla Fininvest/Mediaset degli anni dal 1983 a tutti gli anni 90?
      Può essere.
      Forse la Rai aveva meno paletti ed i suoi vituperati funzionari erano meno bacchettoni di quelli di Cologno Monzese?
      Può essere.
      Per questo quando vengono analizzate certe tematiche su una rivista o in un libro andrebbero tenuti separati i periodi.

      🟢ed è proprio questo il senso del dossier: i periodi esistono, sono separati ma parte di un unico viaggio, fatto di recrudescenza, scelte particolari, 'allentamenti' e via dicendo. La storia della censura non può essere isolata a compartimenti stagni, perché ogni periodo è collegato al precedente e al successivo.

      Moz-

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    7. Buon Ferragosto passato anche a te ^_^
      Difficile replicare in una piattaforma come questa, ci si incasina...
      Il mio “lo facevano tutti” nasce dal continuare a tirare in ballo fatti diversi in periodi diversi all'interno di un medesimo articolo, facente parte, appunto, del medesimo corpus, ma anche di non pochi numeri passati di AC

      E chiaro che qui c'è un approccio, il vostro, che non è per me ricevibile, cioè considerare congruo paragonare un cambio di nomi per Goldrake nell'aprile del 1978 (con le peculiarità enunciate) con serie di molto successive (vedi “E' quasi magia Johnny”), quando si era ormai capito cosa fossero gli anime, mentre prima erano solo cartoni animati giapponesi.

      La Rai non smise di importare prodotti nipponici nel 1979, 1980, 1981, 1982 o 1983, cosa che da uno dei vostri articoli pare di capire.
      La censura era obbligatoria date le regole che la Fininvest si era data nel comprare serie che non potevano trasmettere visti i loro contenuti. Regole che per i cartoni animati made in Usa come i Simpson mandati in onda negli stessi orari degli anime non valevano.
      Quindi l'obbligatorietà della censura da te descritta era un po' a targhe alterne...
      Ribadendo che censurarono anime che in precedenza aveano trasmesso senza problemi e per scene che non avrebbero comportato problemi.

      Tu dici?
      Jeeg era trasmesso dalle tv private locali, ma il successo lo ebbe lo stesso, il Grande Mazinga uguale, Lupin III lo stesso, Candy Candy idem.
      Solo che parte della vostra redazione non c'era, essendo cresciuta con mamma Fininvest, cosa della quale mi dolgo per voi :]

      Quindi trasmettere meno della metà della durata di un episodio per i continui tagli e censure, cambiando del tutto la sua trama, è uguale che avere la decenza di non trasmetterlo proprio?
      Altro punto di divergenza insanabile, probabilmente nato sempre dallo svezzamento Fininvest, che a me pare per voi sia stata più una matrigna che una mamma, non come la nostra mamma Rai :]

      Guarda che agli esordi non esisteva nessuna percezione della cultura nipponica, se non le solite cose sui samurai, i robot industriali, l'Imperatore (lo stesso della guerra...) e i kamikaze.
      E' proprio dalla metà in poi degli anni 80, invece, che man mano si sarebbe dovuto capire che esisteva una cultura differente, ma semplicemente la cosa veniva censurata, con pure l'eliminazione degli ideogrammi, cosa che in Goldrake non avvenne neppure per i nomi dei mostri.
      Noi guardavamo Goldrake con gli ideogrammi dei nomi dei mostri di ogni episodio, e pensa che non siamo rimasti traumatizzati (vabbé,, io forse si...), di cosa avevano paura in Fininvest/Mediaset?

      Rigirando la frittata, potrebbe essere che la redazione di AC, invece, non abbia capito che mettere assieme tutti quei concetti come è stato fatto, può dar adito allo “scusazionismo” di cui parlo.
      La figura della Artom e degli altri funzionari Rai dimostra la distanza con i metodi e la filosofia successiva Fininvest/Mediaset.
      Non notarlo, a mio avviso, porta ad un approccio del tutto erroneo.

      I periodi, pur facendo parte di un unico spazio temporale, debbono restare distinti, perché il Goldrake dell'aprile del 1978 in Rai non è “E' quasi magia Johnny” in Fininvest nel 1989.
      Altrimenti si mette tutto nel calderone, con il risultato che la zuppa ha il pessimo e stantio sapore di “lo facevano tutti”.

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  2. La Artom per far trasmettere Goldrake trovo l'appoggio di dirigenti come Paola De Benedetti e Massimiliano Gusberti che si rivolsero al direttore di Rete Due Massimo Fichera. Fu lui la persona chiave per la concreta trasmissione di Goldrake. Gusberti mi disse letteralmente che Fichera "tranciò il nodo gordiano". Fichera era la persona giusta al posto giusto. Come direttore volle fare di Rete Due una rete più irreverente e spregiudicata rispetto a Rete Uno. E che cosa c'era di più spregiudicato che trasmettere un cartone giapponese con protagonista un robot che mai si era visto sulla televisione italiana?

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  3. Grazie dell'attenzione rivolta alla testata. E grazie del gradimento costante nei confronti della mia rubrica su autori e interpreti delle sigle (peccato che non hai letto Libri di Anime 2, avresti trovato tante cose nuove in mezzo a qualche ripubblicazione, ma già ne abbiamo parlato).
    Puntualizzo solo un passaggio: ho curato io quasi tutto il ricordo di AVM e "irriducibili detrattori" l'ho scritto io, ovviamente senza sapere che cosa avrebbe scritto Agnoli (quindi abbinare le due parole mie all'intero editoriale mi pare un ibrido ardito). Ovviamente non mi riferivo a te o a chi come te esprime educatamente il proprio punto di vista, soprattutto in un'ottica storica. Ho invece trovato disgustosi alcuni post e commenti violenti, volgari, accecati, senza contestualizzazioni né possibilità di replica che sono stati scritti alla notizia della morte di Alessandra, nemmeno fosse stata un serial killer. Tutto qui.

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    1. Grazie del ringraziamento, ma penso che non tutta la redazione concordi ^_^
      (come accenni tu, ne abbiamo già dialogato, non compro più le troppe testate Sprea)

      Non ho mai pensato che aveste concordato i due termini anti critici di AVM (e Fininvest/Mediaset), ma proprio per questo motivo la scelta linguistica è interessante e degna di essere annotata (per me).
      Ok, tu non ti riferivi a noi critici pacati ma alle critiche degli odiosi haters web, per fortuna io non uso i social.

      Qui si solleverebbe una questione, più grande di noi, sul perché si lasci spazio a questa gente:
      se i brutti commenti sono stati fatti su una pagina di Mediaset, l'azienda avrebbe il dovere (ha il potere sia economico, politico e comunicativo) di procedere legalmente contro queste persone;
      se i commenti sono sta fatti su pagine social di gruppi non potenti come Mediaset, si dovrebbe iniziare ad avere il coraggio di disattivare i commenti.

      Piccola chiosa:
      io me la immagino Mediaset/Forza Italia che fa causa ai singoli haters, mentre finge di non vedere l'odio vomitato sui social ogni giorno da alcuni dei suoi parlamentari e da molti dei suoi alleati di governo...

      P.S.
      Ho impiegato alcuni minuti per focalizzare a chi ti riferissi quando hai scritto Agnoli, per cortesia chiamatemelo il Ceo, così capisco subito :]

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    2. No, non seguo le pagine ufficiali Mediaset. Non so nemmeno se abbiano omaggiato Alessandra. Ma ho letto tanti post di appassionati o di pagine a tema "lordati" da brutti commenti. Purtroppo ci sono tante persone, anche insospettabili, che non sanno gestire la rabbia. E spesso neppure la lingua italiana.

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    3. P.S. Talvolta i commenti violenti e volgari non vengono cancellati di proposito, perché fa gioco creare il polverone, sperando di ottenere chissà che cosa con qualche visualizzazione in più. Ne ho avuto mio malgrado la dimostrazione di recente...

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    4. Io faccio, purtroppo per me, parte della seconda categoria, quelli della poca gestione della lingua italiana, spero e cerco di non far parte della prima.
      Per evitare ciò, però, evito i social, a parte questo blog, ma che ha il vantaggio di essere così poco seguito, che praticamente non ha commenti e quindi quasi mai attira disagiati.

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    5. No no, da quel che leggo scrivi post sempre molto chiari e ben leggibili. Sono ben altri quelli che hanno problemi con l'italiano...

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  4. Lei è perfido. Visto che non acquisterà -come ha tenuto a specificare- l'unico numero di Cartoni&Tv Cult, che ho diretto io, le comunico che 20 pagine su 80 sono dedicate alle censure, al perché sono state effettuate, documenti alla mano. E nessuno giustifica nulla, o cerca di fare revisionismo...
    E non si fa confusione tra adattamento e censure*
    Per il resto io la ringrazio per questa frase: *'...non si fa alcuna distinzione tra adattamento, che è fin obbligatorio in un'opera non italica, e tutte le altre manipolazioni'. Non perché abbia colto questa svista nel lavoro dei colleghi, che sanno benissimo rispondere da soli per il loro operato - Miki Moz lo ha già fatto- ma perché è quello che il 99% di chi scrive di anime da quando esiste internet, questa distinzione non l'ha mai fatta. NBC

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    1. Più che perfido, ho uno stipendio normale, non posso stare dietro alle millemila riviste Sprea oltre a tutto quello che spendo già di mia per la mia passione (comprese le vecchie riviste acquistate e il tempo passato in biblioteca, il cui materiale viene sfruttato da altri senza manco una citazione..).
      Io non lo so se si fa confusione tra adattamento e censure in Cartoni&Tv Cult, in questo Dossier si.
      Ma a me è chiaro che adattare è necessario ed automaticamente vai a snaturare qualcosa, l'alternativa è imparare il giapponese e conoscere approfonditamente la sua cultura e società. Cosa possibile solo a pochi, sia per intelletto che per possibilità economiche.
      Solo che non si può mettere sullo stesso piano Goldrake e soci all'esordio dell'animazione giapponese in Italia tra il 1978 e il 1982 con "E' quasi magia Johnny" del 1989.. ma ho già spiegato il mio punto di vista.

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    2. Pessima abitudine saccheggiare vecchie riviste senza citare. Concordo.

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  5. PS: Per quanto riguarda il ricordo di Alessandra Valeri Manera, oltre a ciò che ha scritto Emmanuel Grossi, e ciò che ho scritto nella mia lettera inviata alla Signora proprio tra quelle pagine, personalmente non mi sento di aggiungere nulla. Abbiamo perso una persona, più che 'un ruolo', ho trovato le parole di Alessandro Agnoli più che adeguate alla situazione. Un saluto Nicola Bartolini Carrassi

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