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giovedì 7 maggio 2015

Lady Oscar, l'eroina rivoluzionaria di Riyoko Ikeda



TITOLO: Lady Oscar, l'eroina rivoluzionaria di Riyoko Ikeda
AUTORE: Valeria Arnaldi
CASA EDITRICE: Ultra
PAGINE: 254
COSTO: 22€
ANNO: 2015
FORMATO: 25 cm X 17 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788867762781

Purtroppo ammetto che nel leggere questo libro, e nello scrivere questa recensione, i preconcetti sono stati molti, nati dalla lettura del tremendo precedente libro di Valeria Arnaldi: 
Di nuovo purtroppo, seppure alcune parti (quelle sul manga) della sua analisi su Lady Oscar le ho trovate più interessanti di ciò che avevo letto su Miyazaki, mi resta sempre il dubbio (ed in alcuni casi non c'è dubbio...) di quali siano le fonti.
Perché ho pagato 22 euro per leggere alcune informazioni prese da Wikipedia e dal altri siti web che originariamente sono disponibili gratuitamente?!
L'impostazione di questo nuovo libro della Arnaldi è il medesimo del precedente:
grandinata di immagini che riducono a meno della metà il numero di pagine scritte, rispetto al totale delle pagine disponibili;
bibliografia e webgrafia assenti;
parti del libro prese dal web (spesso Wikipedia).
Non che sia vietato usare le informazioni trovate da altri, ma, oltre a doverle citare, dovrebbero essere un minimo attendibili. Wikipedia può andare bene per un controllo superficiale di una informazione, non come fonte principale.
Ci tornerò molto più dettagliatamente in seguito, con tanto di scan, ma accenno che il punto più clamoroso di questo citazionismo non citato è quello della storia della contessa ungherese Erzsébet Bàthory, preso di sana pianta da Wikipedia, oppure l'autrice è la stessa che ha scritto la pagine di Wikipedia.
Torno alla questione “immagini” nel libro. Fa anche piacere vedere qualche immagine della propria beniamina, ma qualche, non tonnellate... non è mica un artbook, sarebbe un libro con pretese saggistiche.
Delle 254 pagine del libro ben 67 pagine contengono un'immagine a piena pagina, ergo senza scritto.
Vanno aggiunte ben 30 pagine con uno scritto che varia dalle 3 alle 7 righe.
Non c'è una sola pagine del libro che contenga solo scritto, nemmeno una...
Non si sarebbero potute eliminare le immagini, pubblicando un libro di 80 pagine solo scritte, e ridurre in proporzione il suo costo?
E' chiaro che il libro ha un target di nostalgici e nostalgiche (sempre nel senso buono del termine) occasionali, persone che non seguono regolarmente manga ed anime, e che non comprano saggi su questo argomento. La terminologia usata è sovente complessa, molto forbita, con ragionamenti anche complessi, però non capisci su quali basi siano fatte queste teorie. Cosa ha letto l'autrice per arrivare a queste conclusioni?
Il dubbio è che la casa editrice abbia trovato un filone editoriale un minimo redditizio, cioè i vecchi fan dei cartoni animati giapponesi che si riavvicinano dopo tanti anni ai loro vecchi idoli, e abbia iniziato una nuova collana wikipediana: "Ultra Shibuya".
Passo ora al contenuto del libro, che in alcune sue parti mi sarebbe anche piaciuto, stante la diffidenza sulle fonti: di chi è la farina del libro?
Come si legge dal sottotitolo largo spazio è dato al ruolo femminista che la Ikeda ha voluto conferire al personaggio di Lady Oscar. Spesso l'autrice, riportando dichiarazione della mangaka, sottolinea il ruolo rivoluzionario che madamigella Oscar ha avuto per le lettrici giapponesi, forse di meno per le coetanee europee, più affezionate all'anime. L'aspetto femminista di Lady Oscar ha colpito più le giapponesi per il ruolo secondario che aveva la donna nella società giapponese negli anni 70 (e che ha ancora), specialmente nel mondo del lavoro.
Nel capitolo “I manga” l'autrice riporta la sinossi dei manga scritti dalla Ikeda con successiva breve analisi, mi chiedo se li abbia letti tutti o si sia limitata a basarsi sui riassunti che si possono leggere sul web o su altri libri dedicati a Lady Oscar (recensiti qui sul blog). Ribadisco che questo capitolo l'avrei trovato interessante, mi resta il dubbio delle fonti.
Sempre in questo capitolo mi pare di aver riscontrato la prima wikipediata (pagina 38), riguarda la contaminazione radioattiva, seguita dalla morte (23 settembre 1954), di Aikichi Kuboyama, avvenuta sul peschereccio Daigo Fukuryu Maru.

"Chi si trovava sul ponte vide un'improvvisa illuminazione all'orizzonte, a ovest: un lampo di luce bianca-giallastra che divenne poi arancione. Gli uomini, nello stupore, pensarono di aver assistito a un Pika-don, lampo–tuono, parola usata in seguito al bombardamento di Hiroshima, ma essi non ne erano convinti perché mancava la forma a fungo. Sette minuti dopo l'apparizione del lampo ci fu una violenta scossa e poi seguirono due detonazioni, poi tornò la calma. Kuboyama fece un calcolo, fondato sul tempo trascorso tra il momento in cui si era visto il lampo e l'arrivo dell'onda sonora che aveva scosso la Daigo Fukuryu Maru e concluse che la loro posizione era a circa centoquaranta chilometri dal posto in cui si era prodotto il lampo. Guardando le carte, si vide che a centotrentacinque chilometri di distanza c'era l'Atollo di Bikini.
Le lenze furono allora ritirate ma, nel frattempo, nel cielo si era formata una strana nebbia, quindi una fine pioggia di fiocchi biancastri, che costringeva i pescatori a stropicciarsi gli occhi, il naso, la bocca, i capelli. Kuboyama assaggiò un fiocco di questa cenere, che non aveva alcun sapore né odore; sul ponte era molto spessa e su di essa restavano le orme dei passi dei marinai. Quando la caduta dei fiocchi cessò, la Daigo Fukuryu Maru prese la via del ritorno, i marinai però cominciavano a sentirsi male, avvertendo prurito, nausea, mancanza d' appetito, debolezza generale, diarrea, lacrimazioni, caduta di capelli. Un marinaio raccolse un pizzico di quella polvere bianca in un foglio di carta e la dette a Kuboyama. Il radiotelegrafista notò il biancore di questa polvere, simile a quello del corallo di un atollo e la conservò per farla esaminare al suo ritorno a Yaizu..."








L'unico appunto sulla sinossi del manga, che io non ho mai letto, riguarda l'arruolamento di Oscar nella Guardia Nazionale e la perdita dell'occhio di Andrè. L'autrice li riporta nell'ordine che ho scritto, mentre nell'anime accade prima il secondo e poi il primo.
Nel breve capitolo “La musica” (3 pagine!), dove si dovrebbe leggere del rapporto della Ikeda con la musica, si trova il pettegolezzo del presunto rapporto amoroso tra la mangaka ed un politico giapponese avvenuto nei primi anni 90. A parte il fatto che a me proprio non interessa con chi avesse rapporti la Ikeda, ma la stessa notizia la si può trovare sul sito “nekobonbon.com”... non essendoci la webgrafia o la bibliografia il dubbio che la notizia la si sia presa da quel sito è forte.

Anche il capitolo sull'anime l'ho trovato piacevole, resta il preconcetto già esposto sulle fonti.
Nel paragrafo sulle sigle italiane di Lady Oscar l'autrice butta lì una chicca che, se vera, sarebbe epocale, peccato manchino le fonti...
Infatti svela gli autori della prima sigla di Lamù: i Rocking Horse del mitico Douglas Meakin!!!!
Riporto lo scritto di pagina 176 che riguarda la sigla di Lady Oscar:
Composta in tre giorni, secondo le dichiarazioni di Zara, e selezionata tra ventotto provini – incluso quello dei Roking Horse, che firmarono sigle di serie importanti come Candu Candy e Lamù-”
Questo è uno dei motivi che, anche quando questo libro mi piace, tendo ad essere diffidente verso i contenuti: come si fa a scrivere che la misteriosissima sigla di Lamù è dei Rocking Horse? 
Forse voleva scrivere “Lulù l'angelo dei fiori”?
Inutile dire che c'è addirittura un forum ed un sito (“sigletv.net”) che ha scritto uno speciale sullo sconosciuto autore della sigla di Lamù, e mai si citano i Rocking Horse: 

Nel capitolo “Il successo” è presente la rievocazione storica della contessa vampira Erzsébet Bàthory, sulla quale la Ikeda scrisse un manga con Lady Oscar.

"Erzsébet Báthory, soprannominata la Contessa Dracula o Contessa Sanguinaria fu una leggendaria serial killer ungherese, considerata la più famosa assassina seriale sia in Slovacchia che in Ungheria. Lei e quattro suoi collaboratori furono accusati di aver torturato e ucciso centinaia di giovani donne. Le vittime oscillerebbero tra le 100 accertate e altre 300 di cui era fortemente sospettata all'epoca; secondo un diario trovato durante la perquisizione in casa sua, le vittime sarebbero 650, e ciò farebbe di lei la peggiore assassina seriale mai esistita; ma gli storici tengono per vera la stima delle 100/300 vittime e sono scettici circa la veridicità e/o esistenza di questo diario.

Si dice che un giorno, dopo averne schiaffeggiata una, alcune gocce di sangue colarono dal naso di questa sulla mano della contessa. La Báthory credette, in seguito, che in quel punto specifico della mano la sua pelle fosse ringiovanita. Chiese agli alchimisti delucidazioni. Costoro, pur di compiacerla, si inventarono la storia che raccontava di una giovane vergine il cui sangue aveva avuto effetti analoghi sull'epidermide raggrinzita di un aristocratico. La Báthory finì con il convincersi che fare abluzioni nel sangue di giovani vergini (in particolare della sua stessa classe sociale), o berlo quando queste fossero state particolarmente avvenenti, le avrebbe garantito la giovinezza eterna.

Si stima che abbia cominciato ad uccidere nel periodo tra il 1585 ed il 1610. Il marito ed i parenti sapevano delle sue inclinazioni sadiche, ma non intervennero. Cominciò a torturare e ad uccidere barbaramente giovani contadine, ed in seguito, anche le figlie della piccola nobiltà. Infatti, nel 1609 Erzsébet istituì, nel suo castello, un'accademia che aveva come fine (ma solo formale) l'educazione di ragazze provenienti da famiglie agiate. Le sue vittime venivano spogliate, incatenate a capo in giù, quindi, seviziate. Le loro gole venivano recise ed il sangue fluiva, pronto per essere raccolto e usato da Erzsébet. Si narra che la Contessa abbia fatto costruire da un orologiaio svizzero un marchingegno chiamato "Vergine di Ferro" (simile alla futura Vergine di Norimberga), la quale aveva la forma di una donna dai lunghissimi capelli biondo argenteo (probabilmente appartenuta a qualche fanciulla uccisa da lei stessa) che arrivavano fino quasi ai piedi. Ogni qualvolta una ragazza le si avvicinava, la Vergine di Ferro alzava le braccia e stringendola con una morsa mortale la uccideva, trapassandola con dei coltellacci acuminati fuoriusciti dal petto."






Le ultime 40 pagine sono dedicate al capitolo “Lady Oscar nell'arte”, che ripete il medesimo schema del libro su Miyazaki: illustrazioni di artisti che omaggiano i personaggi del manga e dell'anime di Lady Oscar.
40 pagine che sono, a mio avviso, totalmente inutili.

Ecco alcuni esempi di come è impaginato il libro e di quante immagini ci siano.












L'indice.






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