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domenica 11 dicembre 2016

Guida ai super robot, l'animazione robotica giapponese dal 1972 al 1980



TITOLO: Guida ai super robot, l'animazione robotica giapponese dal 1972 al 1980 AUTORE: Jacopo Nacci  
CASA EDITRICE:Odoya
PAGINE: 302  
COSTO:  20€    
ANNO: 2016    
FORMATO: 21 cm x 15 cm    
REPERIBILITA': Ancora reperibile a Milano
CODICE ISBN: 9788862883290


Parto subito con l'antipatia. Secondo me il titolo sarebbe dovuto essere “Guida filosofica ai super robot”, perché le interessanti analisi e conclusioni dell'autore sono, purtroppo, un pelino ostiche.
Questa non è una semplice (in tutti sensi) guida sui robottoni dal 1972 al 1980, con trama e schede, come avevo pensato dal titolo, ma un vero e proprio trattato filosofico.
Ovviamente che lo scritto sia ostico è un mio punto di vista, di certo chi avrà qualche infarinatura filosofica non incontrerà nessun problema a districarsi fra le frasi, che in alcuni punti mi hanno fatto ingarbugliare il cervello >_<
Devo comunque ringraziare Jacopo Nacci per il mini “glossario mitologico”, come lo titola lui, senza il quale avrei avuto molti più problemi.
Infatti l'autore conia una serie di termini per identificare le varie dinamiche tra i personaggi delle serie robotiche, anche allo scopo di far risaltare le similitudini narrative tra i vari robottoni:

abisso; avvenuto-cataclisma; catastrofe-già-avvenuta; cosmogonia dell'orfano alieno; cosmogonia dualistica; cosmogonia monistica; decremento dell'abisso; figura spiritualizzata; guardiano del varco; incremento dell'abisso; irruzione dell'abisso; irruzione nell'abisso; mediatore di mondi; orfano alieno; padre della tecnica; varco.

Per ognuno di questi termini alla fine del libro ci sono delle spiegazioni su come vanno interpretati ed inseriti nel contesto del saggio, purtroppo io me ne sono accorto verso la fine del libro T_T
Forse era meglio metterli all'inizio... comunque avviso subito i potenziali lettori, andate a pagina 287 prima di iniziare la lettura e, comunque, quando avrete il cervello in stato confusionale :]
Anche i titoli dei capitoli e dei paragrafi sono un po' ricercati, per esempio sono stato preso un po' dallo sconforto quanto ho letto il titolo del paragrafo 14.2 “Prolegomeni a ogni metafisica futura”... prolegocosa?! O_o
Per fortuna esistono i vocabolari, e con un pochino di sforzo, più o meno quasi forse all'incirca ho capito. Scriverlo un po' più facile? >_<
Questo non vuol dire che le elucubrazioni dell'autore siano delle “supercazzole” ultrashibuyane, per nulla, sono tutte molto interessanti. Molte mi hanno colpito, qualcuna non mi ha convinto, su almeno una sono in disaccordo.
C'è da dire che, probabilmente, io non sono in possesso degli strumenti culturali per contestare gran parte delle analisi filosofiche dell'autore, comunque a me son sembrate in gran parte sensate.
Nella “Avvertenza” iniziale Jacopo Nucci chiarisce subito che in caso di disaccordo con lui vale il: “e per il resto pazienza: ogni sguardo è personale”.
Concetto che mi ha ricordato un po' la formula “visto e piaciuto” di alcune aste online  :]





Ogni serie analizzata presenta una breve sinossi, non brevissima, ma accurata, fatto non semplice per serie più incasinate come quelle della fine degli anni 70 e primi anni 80. Seguono vari tipi di analisi sugli intrecci della trama, ma anche gli intrecci con trame di altre serie, sui vari significati inerenti alle situazioni consuete in un anime robotico, sui personaggi, il loro vissuto etc etc etc
In pratica si prendono in esame una moltitudine di questioni, creando una vera e propria “mitologia degli anime con i robottoni”.
Largo spazio occupa l'analisi sui cattivi, sia in rapporto ai buoni, che tra le varie fazioni presenti nelle loro file. Cattivi di tutti i generi, alieni, civiltà preistoriche, androidi o altri terrestri, sono oggetto del saggio.
Dal saggio risalta molto come le trame di queste serie diventino più complesse col passare degli anni. Ovviamente è un fatto a cui avevo fatto caso pure io, tra Mazinga Z e Daltanious c'è un abisso di contenuti, però l'autore riesce a renderlo più chiaro.
Il primo capitolo comincia con “Tetsujin 28” e Astroganga, ponendosi il quesito su quali caratteristiche debba avere un robottone classico per essere considerato tale. Deve essere un automa (si muove da solo) o un eteroma (viene mosso)?
Da questa domanda iniziale cominciano una serie di raffronti tra le serie del periodo, allo scopo di spiegare perché Astroganga fa parte dei “super robot”, mentre i suoi predecessori vengono esclusi dalla categoria.
Il secondo capitolo si occupa di Mazinga Z, il capostipite di tutti i super robot. Con Mazinga Z vengono creati i canoni di un nuovo genere, uno dei più importanti è il dominio della tecnica e l'uso scientifico (per un bambino) delle invenzioni. Si introduce la presenza della base, gli up grade tecnologici di armi ed equipaggiamento, il pilota subisce fisicamente ed emotivamente i danni arrecati al robottone, lo scienziato è a capo del gruppo etc etc
Interessante il paragrafo sui risvolti storico politici delle serie robotiche.
L'autore prende in esame anche tutti i mediometraggi Toei sui robottoni gonagaiani. Infatti il terzo capitolo inizia con la sinossi di “Mazinga Z contro Devilman”, per poi passare al Getta e al Grande Mazinga, con relative analisi, quest'ultimo un po' sacrificato.
Il quarto capitolo affronta Jeeg, e dopo la sinossi si analizza il rapporto tra Hiroshi/Jeeg e la tradizione/modernità, passando ai nemici e alle dinamiche tra i personaggi. Ovviamente le considerazioni dell'autore possono anche essere opinabili, ma vale sempre la “Avvertenza” iniziale.
Mi è dispiaciuto non aver mai visto il Raideen, in quanto il quinto capitolo lo analizza approfonditamente, e la sua trama e personaggi saranno spesso citati nel proseguo del saggio.
L'autore fa notare che il protagonista è il primo orfano alieno delle serie robotiche, e che la trama di Raideen verrà riproposta con varie modifiche in numerosi anime successivi.
Ammetto che ho fatica a comprendere alcune tesi dell'autore inerenti Raideen.
Con il sesto capitolo tocca al Gattaiger e a Goldrake. In un paragrafo si mettono in relazione le puntate in cui compaiono Rubina e Naida con la situazione politica su Fleed e con Vega. Sinceramente son sempre stato abbastanza scettico/contrario a queste ricostruzioni basate sul nulla, che trovo più adatte ad un forum, che ad un saggio.
Il capitolo si concentra molto sulla crescita del personaggio di Venusia, da semplice campagnola e pilota di un mezzo da battaglia.
Il settimo capitolo si concentra su Gaiking, Godam, Groizer X, Diapolon e Combattler V, analizzando le tematiche di ogni singola serie e mettendole a confronto con le altre. A pagina 115 ci sono alcune considerazioni dell'autore su come in questi anime capitava di vedere puntate in cui il passato militarista venga più o meno esaltato, o comunque non condannato. Jacopo Nacci conclude con questa frase, che non posso che sottoscrivere:
C'è poi, è evidente, il tema della compassione per i vinti, dell'onore da tributare a tutti i morti di qualsivoglia schieramento, del riconoscimento del valore indipendentemente dall'ideologia, e insomma, certo, ai nonni vogliamo tutti bene, ma c'è modo e modo.”.

L'ottavo capitolo non contiene sinossi di serie animate, in quanto si concentra sull'analisi delle squadre di piloti, focalizzandosi sulle diverse personalità e differenze tra i membri dei gruppi di 3 piloti da quelli di 5 piloti. Valutandone anche le dinamiche interne, le gerarchie e le “specializzazioni/compiti” all'interno del gruppo. Il leader, lo smilzo, il grosso, la ragazza e il ragazzino vengono valutati in base all'anime di riferimento. Questo è l'unico capitolo con cui, per quello che può valere, proprio non ho concordato, magari non per le considerazioni finali, ma per il campione utilizzato per motivare le conclusioni. Intanto si prendono in esame anche i personaggi non direttamente coinvolti nella guida del robot, certo, faranno anche parte dell'equipaggio o del gruppo di supporto, ma non sono i piloti. Per esempio il gruppo di supporto a Diapolon, quando, invece, il pilota è uno solo, ergo, a mio avviso, non rientrerebbe nella casistica. Questa scelta copta nelle “squadre” anche serie con piloti singoli, lasciandone fuori altre in maniera un po' arbitraria. Perché Diapolon si, Gaiking si, Daltanious si (sono solo due piloti) e Goldrkae no?
Inoltre sono inserite nell'analisi dei gruppi serie non di robottoni, come Starzinger, Gatchaman, Tekkaman e addirittura Re Artù. Perché, allora, manca il gruppo di Ken Falco e del Gattiger?
Non che i ragionamenti siano errati, ma il campione è disomogeneo. A mio avviso l'equipaggio o il gruppo di supporto sono altra cosa dal trio di piloti Getta o dalla cinquina di Combattler V.
Vengono quindi introdotte le categorie di “entourage” ed “equipaggio”, sommandoci quella di “trio/cinquina”, tutte queste si sarebbero dovute analizzare separatamente.
Perché analizzare i personaggi di Starzinger, Gatchaman, Tekkaman, Re Artù e praticamente ignorare Zambot 3 (una citazione) e Baldios (due citazioni)?
Inserendo, invece, Daltanious che è ospita solo due piloti.
Nel nono capitolo ci sono schede e analisi di Astrorobot, Gackeen, Mechander.
Ci si focalizza molto sulle donne protagoniste in anime robotici, sul rapporto coi piloti maschi e con il “padre della tecnica”, e le relative limitazioni che venivano loro imposte. Impedendo, così, alle pilotesse di divenire le protagoniste della serie. Sono analizzate anche le figure femminile dei cattivi.
Dopo aver letto il capitolo penso che dovrei cercare di rivedere Astrorobot.
Il decimo capitolo comprende Daikengo, Ginguiser, Balatack, Danguard, Voltus V, Daimos.
Un po' alla volta la trama degli anime super robotici acquista complessità, non più un mero scontro tra il robottone ed il mostro della puntata. Gli autori cercano di mantenere vivo l'interesse del giovane spettatore anche grazie ai cattivi, che sono sempre meno personaggi fantasiosi, e sempre più alla portata dei buoni, più simili a loro.
Qui dovrei riguardare Daikengo, che non vedo più dai tempi della trasmissione su Teleradioreporter, e vedere completamente Voltus V e Daimos.
L'undicesimo capitolo è dedicato tutto a Zambot 3, e con una trama come quella che ha creato Tomino di argomenti ce ne sono a bizzeffe. Probabilmente il capitolo migliore del saggio.
Monografico anche il dodicesimo capitolo, incentrato su Daitarn 3, dove viene avanzata l'ipotesi che Banjo, anche in virtù della sua forza fisica, fosse esso stesso un meganoide. E qui torniamo ai medesimi concetti del capitolo su Goldrake, queste sono teorie più da forum. Probabilmente una teoria un po' più reale di quella su Rubina e Naida, però siamo sempre nel campo ipotesi. Le teorie sulle teorie, per un semplice anime, mi paiono un po' una forzatura, le lascio per la P2, Ustica, i tentativi di colpo di Stato, le stragi mafiose etc etc non mancano gli argomenti, purtroppo...
Il penultimo capitolo ospita Daltanious, Baldios, God Sgma, e mi ha fatto venir voglia di guardare per la prima volta God Sigma.
Solo su Daltanious si potrebbe scrivere un intero saggio, infatti è analizzato molto bene. Più breve, invece, lo spazio (in tutti i sensi) dedicato a Baldios, ne avrebbe meritato molto di più.
Nell'ultimo capitolo c'è un po' di intruppamento... Trider G7, New Tetsujin 28, Gordian, Ideon, Gundam. Troppe serie in poche pagine, tanto che lo spazio per il Gundam è eccessivamente breve. Forse qualche pagina in più sarebbe servita, oppure togliere Ideon e New Tetsujin 28, non perché poco importanti, ma perché sconosciuti ai più.

Visto che mi son permesso di fare qualche critica, metto anche la breve introduzione, con la spiegazione dell'autore sul senso del suo scritto.






Il sommario, i titoli dei capitoli e dei paragrafi fanno un po' paura  ^_^














Edit del 13/12/2016
L'autore è intervenuto nei commenti per spiegare il suo punto di vista rispetto alle mie critiche, inserisco i suoi post tutti assieme in quanto la risposta è divisa per argomenti:

Questione glossario e filosofumi
Il glossario mitologico all’inizio non sarebbe stata affatto una cattiva idea. Non ci ho pensato perché sono quel genere di persona che apre il sommario e cerca subito gli elenchi tra le appendici. Ma probabilmente anche perché mi è sembrato naturale affrontare i concetti di volta in volta trovandoseli calati nella concretezza della storia di riferimento. Quanto all’avere delle formule per trattare quei concetti, ti sarai reso conto che per me era un’esigenza fondamentale, dato che tutto il lavoro si basa di fatto su quei nodi che individuano la struttura narrativa portante dell’anime super-robotico nel suo pieno sviluppo; quindi dopo averli individuati ho dovuto dare dei nomi per le formule che fossero insieme tecnici e riassuntivi e possibilmente non osceni.
L’ingarbugliamento cerebrale, invece, temo che non sia questione di infarinatura filosofica quanto una conseguenza dei limiti sintattici dell’autore (e per quanto riguarda i prolegomeni, sorry, potevo scegliere un altro vocabolo ma la tentazione del vezzo/boutade di usare paro paro un titolo di Kant in un contesto robottonico è stata troppo forte…)


Categoria misteri
Prendo un paio di pezzi da Daitarn
«Sul piano narrativo l’anime è volutamente ambiguo e insinua dei dubbi sull’integrità biologica dello stesso Banjō» e più avanti «Banjō vive il meganoide come totalmente altro da sé proprio perché non vuole riconoscere e ammettere che il meganoide non è totalmente altro da lui, e questo varrebbe anche se Banjō non fosse sospettato di essere un meganoide: il meganoide non è totalmente altro dall’essere umano in generale»
E un altro po’ da Grendizer:
«Di tanto in tanto lo spettatore è sobillato da episodi come quello di Naida […] o quello di Rubina. […] In questi due episodi, singolarmente presi o messi in connessione, è nettissima, e motivata, la sensazione che ciò che è davvero successo su Fleed ci venga nascosto, senza rinunciare ad alludervi. […] Questi indizi oscuri non trovano mai spiegazioni esaurienti, però neppure entrano mai davvero in collisione con l’immagine del Daisuke terrestre» che è un esempio del fatto che «in Grendizer la sensazione di profondità è sostenuta anche dalla stratificazione di percorsi narrativi. L’effetto nebbia che pervade il passato di Daisuke è alimentato fornendo alle situazioni-cardine più di una possibile causa, talvolta cause in conflitto tra loro, ma sempre con l’accortezza di indicarne una più ingombrante».
Dunque, ho cercato di non avventurarmi a sostenere una tesi sì/no su un singolo particolare materiale che non sia affermato apertamente dalla storia. In Daitarn mi limito a notare – dal punto di vista strettamente narratologico – che viene insinuato un dubbio, che c’è un’ambiguità. Ho cercato insomma di mantenere l’attenzione sul come una storia funzioni e che effetto faccia, quali corde vada a toccare, e di tenermi lontano dal fornire un sì o un no perché a livello di narrazione quel sì o no – sono completamente d’accordo con te – è di fatto irreperibile, ma ciò non toglie che secondo me quell’ambiguità è una chiave di suggestione delle storie in cui è inserita (il fatto che provochi discussioni su un irreperibile sì o no, precisazioni a posteriori etcetera, ne è una dimostrazione). Su Naida e Rubina, quale sia il mio percorso interpretativo personale di massima lo dico in nota segnalando il contributo esterno più esauriente e preciso rispetto a quella ipotesi, ma è appunto una questione che lascio alle note; quello che mi interessava nel corpo del libro – dal quale esulava un’analisi specifica della questione – era vedere come Grendizer riesca a costruire quel suo effetto nebbia-profondità che per me ne è la cifra maggiore.
Oh, poi ci sta che per te non ci siano ambiguità o rimandi oscuri, eh, e in questo caso alzo le mani, io ce li vedo e per me è evidente che le storie vi alludano, ma è chiaro che ogni critica del testo si basa anche sulle soggettività e le tendenze personali dell’interprete (a proposito, vera la questione del visto e piaciuto :) ma alla fine è vero anche che in questo campo il soggettivo è una variabile importante, l’autore può solo autocertificare di aver messo il massimo impegno e la massima onestà intellettuale, giuro).


Questione intruppamento
Mi dispiace che ti sia risultato un po’ confuso il criterio delle ultime parti. L’intento è quello di affrontare i diversi modi in cui il realismo si insinua nell’universo super robot al termine della sua parabola: accade in modi diversi perché il cuore narrativo esplode in rivoli diversi: teologico, ironico, real etcetera. Gundam ha molta scheda e poca analisi specifica, è vero, del resto non è un super robot, e l’analisi che gli viene dedicata è lì in funzione della storia dell’evoluzione del super robot (e della chiusura del ciclo). Credo che per Gundam servirebbe un libro a parte, e segretamente sogno che qualcuno si occupi degli anni Ottanta e della real-robotica.

Questione gruppi
Non so se ho afferrato il punto, ma ci provo. Tu noti giustamente che non sono contemplate tutte le serie robotiche e che sono contemplate serie non robotiche scelte arbitrariamente, e dici che il campione è disomogeneo. È vero, perché la mia intenzione non era tanto passare in rassegna i gruppi quanto individuare le tipologie degli eroi e dare degli esempi per inquadrarle più facilmente. Insomma, per dire, il caso di King Arthur è meramente funzionale a mostrare la parziale sovrapposizione tra lo smilzo e la ragazza, quello di Tekkaman fornisce un’idea dello smilzo come personaggio massimamente sfuggente etcetera. Su Gattiger comunque hai ragione, sarebbe stata una buona idea citarlo, confesso che non mi è venuto in mente. Questione Goldrake, Baldios, Zambot: ho banalmente pensato che una volta individuate le tipologie formalizzate, ognuno di noi avrebbe potuto trarre autonomamente le sue conclusioni o divertirsi a spaccare i diversi gruppi, nei casi citati: uno anomalissimo, uno tipicissimo e uno leggermente anomalo. Ora, credo che il punto su cui non ci siamo trovati sia proprio questa attenzione riservata alle tipologie dei caratteri/personaggi più che a una rassegna esaustiva delle squadre, e nel fatto che mi sono concentrato su come le stesse tipologie di caratteri/personaggi si collochino spesso anche negli entourage e negli equipaggi (che comunque tengo distinti dalla cinquina e dal trio, non a caso se ne parla in paragrafi diversi). Infine, con l’esempio di Diapolon, tu sostieni con molta ragione che quello non è il resto di una cinquina quanto una squadra d’appoggio. Ecco, io sono portato a vederci il resto di una cinquina (velivoli forniti insieme ai robot, ragazza e grosso che sporadicamente pilotano i robot minori della composizione) ma certamente rappresenterebbe una cinquina limite ed è un esempio tipico di come poi all’atto pratico gli archetipi si scompaginino, evidentemente non solo a livello di individui ma anche a livello di squadra (non a caso credo che la distinzione ultima tra entourage ed equipaggio la si giochi soprattutto a livello di fulcro narrativo).




24 commenti:

  1. Stengo non hai mai visto God Sigma?O____________O

    Raideen da Gennaio lo vende la Yamato Video in due box era l'unico robot anni 70 mai arrivato in Italia come ha fatto Nacci a vedere la serie ? Forse conosce il giapponese?
    Alessandro

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    1. Considera che sono del 1969, quando arrivò God Sigma era già un po' più grandicello, e a dire il vero le serie robotiche un po' mi avevano stufato. Poi, probabilmente, God Sigma non mi acchiappò :]

      Raideen lo avrà visto subbato, mi sa che devo averlo pure io da qualche parte, forse ho anche provato a vederlo, ma non ho preseguito.

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  2. Pure io del 69 ottima annata ^___^ ma le serie robotiche non mi hanno mai stufato ^___^
    Raideen non e' mai stato subbato tutto nemmeno in inglese se non mi sbaglio *___*
    Stengo nel libro ci sono immagini ?
    Alessandro

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    Risposte
    1. Nelle pagine dello scritto ci sono immagini occasionali, mentre a centro pagina c'è un inserto con carta patinata con le immagini dei robottoni trattati, con tanto di mini indice descrittivo.
      Non ultrashibuyate ;)

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    2. Sono andato a controllare, io ho visto il Raideen del 2007, il remake :]
      Avevo confuso le serie.
      Magari prenderò la serie della Yamato, magari ;)

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  3. Il Baldios penso sia stato uno degli anime-robot più sottovalutati (soprattutto dai Jappi) per storia (molto matura) e drammaticità, mi piaceva già da bambino anche se il Robot era messo quasi in secondo piano e poi adoravo la sigla Italica, ho avuto modo di rivederlo d'adulto (peccato che la serie non è stata completata T_T), dopo Jeeg è quello che mi ha preso di più, addirittura meglio di Goldrake che comunque come ricordo affettivo rimane irraggiungibile.

    Claudio

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    Risposte
    1. La sigla del Baldios faceva un po' a pugni coi contenuti :]

      Il finale c'è, magari non quello che avrebbero fatto gli autori avendone il tempo, però è una cosa che capitava sovente, se la serie non aveva seguito.

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    2. Vero, la sigla non era molto attinente al cartone come per altro succedeva in molte sigle dell'epoca.

      Il finale del film e' diverso da quello che doveva essere...le puntate mancanti e cioè le 5 finali delle previste 39 erano già in cantiere, come si evince dal Roman Album dedicato alla serie, dove si trovano i fotogrammi inediti di quest'ultime, purtroppo (per noi) le didascalie sono in Giapponese ma dalle immagini qualcosa si capisce.
      Infine ti consiglio un articolo a mio parere ben scritto che riguarda il cartone, scovato casualmente in rete, ti lascio il link
      http://lanostrarivoluzione.blogspot.it/2014/05/baldios-il-guerriero-dello-spazio.html

      Claudio

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    3. Letto la rece del link, interessante, grazie dell'annotazione ;)

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    4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    5. E' sempre una gioia trovare degli estimatori di Baldios, uno dei "cartoni" che mi è rimasto più impresso in assoluto. Non appena ne ho avuta la possibilità l'ho subito cercato e recuperato prima in VHS e poi in DVD. Possiedo anche un bellissimo volume monografico pubblicato in Giappone, regalo di amici, di cui non capisco un accidenti, ma che custodisco come una reliquia!

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    6. Ciao Essina :]
      Io sono in dubbio se prenderlo in DVD, ci sto pensando, ma propendo per il no.

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  4. Ciao Stengo,
    innanzitutto grazie per la recensione, accuratissima. :)
    Hai sollevato molti punti importanti e mi prendo un po' di tempo per rispondere con l'attenzione dovuta.
    A prestissimo.

    RispondiElimina
  5. Eccomi.
    Dunque, la recensione è attentissima, esaustiva e solleva punti cruciali, cercherò di onorare l’attenzione riservata al libro, sperando con ciò di non risultare invadente (che già un po’ dal fatto che il box mi dice che il commento è troppo lungo e devo dividerlo, quindi seguirà nelle risposte… ‘^__^)

    Questione glossario e filosofumi
    Il glossario mitologico all’inizio non sarebbe stata affatto una cattiva idea. Non ci ho pensato perché sono quel genere di persona che apre il sommario e cerca subito gli elenchi tra le appendici. Ma probabilmente anche perché mi è sembrato naturale affrontare i concetti di volta in volta trovandoseli calati nella concretezza della storia di riferimento. Quanto all’avere delle formule per trattare quei concetti, ti sarai reso conto che per me era un’esigenza fondamentale, dato che tutto il lavoro si basa di fatto su quei nodi che individuano la struttura narrativa portante dell’anime super-robotico nel suo pieno sviluppo; quindi dopo averli individuati ho dovuto dare dei nomi per le formule che fossero insieme tecnici e riassuntivi e possibilmente non osceni.
    L’ingarbugliamento cerebrale, invece, temo che non sia questione di infarinatura filosofica quanto una conseguenza dei limiti sintattici dell’autore (e per quanto riguarda i prolegomeni, sorry, potevo scegliere un altro vocabolo ma la tentazione del vezzo/boutade di usare paro paro un titolo di Kant in un contesto robottonico è stata troppo forte…)

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    1. Categoria misteri
      Prendo un paio di pezzi da Daitarn
      «Sul piano narrativo l’anime è volutamente ambiguo e insinua dei dubbi sull’integrità biologica dello stesso Banjō» e più avanti «Banjō vive il meganoide come totalmente altro da sé proprio perché non vuole riconoscere e ammettere che il meganoide non è totalmente altro da lui, e questo varrebbe anche se Banjō non fosse sospettato di essere un meganoide: il meganoide non è totalmente altro dall’essere umano in generale»
      E un altro po’ da Grendizer:
      «Di tanto in tanto lo spettatore è sobillato da episodi come quello di Naida […] o quello di Rubina. […] In questi due episodi, singolarmente presi o messi in connessione, è nettissima, e motivata, la sensazione che ciò che è davvero successo su Fleed ci venga nascosto, senza rinunciare ad alludervi. […] Questi indizi oscuri non trovano mai spiegazioni esaurienti, però neppure entrano mai davvero in collisione con l’immagine del Daisuke terrestre» che è un esempio del fatto che «in Grendizer la sensazione di profondità è sostenuta anche dalla stratificazione di percorsi narrativi. L’effetto nebbia che pervade il passato di Daisuke è alimentato fornendo alle situazioni-cardine più di una possibile causa, talvolta cause in conflitto tra loro, ma sempre con l’accortezza di indicarne una più ingombrante».
      Dunque, ho cercato di non avventurarmi a sostenere una tesi sì/no su un singolo particolare materiale che non sia affermato apertamente dalla storia. In Daitarn mi limito a notare – dal punto di vista strettamente narratologico – che viene insinuato un dubbio, che c’è un’ambiguità. Ho cercato insomma di mantenere l’attenzione sul come una storia funzioni e che effetto faccia, quali corde vada a toccare, e di tenermi lontano dal fornire un sì o un no perché a livello di narrazione quel sì o no – sono completamente d’accordo con te – è di fatto irreperibile, ma ciò non toglie che secondo me quell’ambiguità è una chiave di suggestione delle storie in cui è inserita (il fatto che provochi discussioni su un irreperibile sì o no, precisazioni a posteriori etcetera, ne è una dimostrazione). Su Naida e Rubina, quale sia il mio percorso interpretativo personale di massima lo dico in nota segnalando il contributo esterno più esauriente e preciso rispetto a quella ipotesi, ma è appunto una questione che lascio alle note; quello che mi interessava nel corpo del libro – dal quale esulava un’analisi specifica della questione – era vedere come Grendizer riesca a costruire quel suo effetto nebbia-profondità che per me ne è la cifra maggiore.
      Oh, poi ci sta che per te non ci siano ambiguità o rimandi oscuri, eh, e in questo caso alzo le mani, io ce li vedo e per me è evidente che le storie vi alludano, ma è chiaro che ogni critica del testo si basa anche sulle soggettività e le tendenze personali dell’interprete (a proposito, vera la questione del visto e piaciuto :) ma alla fine è vero anche che in questo campo il soggettivo è una variabile importante, l’autore può solo autocertificare di aver messo il massimo impegno e la massima onestà intellettuale, giuro).

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    2. Questione intruppamento
      Mi dispiace che ti sia risultato un po’ confuso il criterio delle ultime parti. L’intento è quello di affrontare i diversi modi in cui il realismo si insinua nell’universo super robot al termine della sua parabola: accade in modi diversi perché il cuore narrativo esplode in rivoli diversi: teologico, ironico, real etcetera. Gundam ha molta scheda e poca analisi specifica, è vero, del resto non è un super robot, e l’analisi che gli viene dedicata è lì in funzione della storia dell’evoluzione del super robot (e della chiusura del ciclo). Credo che per Gundam servirebbe un libro a parte, e segretamente sogno che qualcuno si occupi degli anni Ottanta e della real-robotica.

      Questione gruppi
      Non so se ho afferrato il punto, ma ci provo. Tu noti giustamente che non sono contemplate tutte le serie robotiche e che sono contemplate serie non robotiche scelte arbitrariamente, e dici che il campione è disomogeneo. È vero, perché la mia intenzione non era tanto passare in rassegna i gruppi quanto individuare le tipologie degli eroi e dare degli esempi per inquadrarle più facilmente. Insomma, per dire, il caso di King Arthur è meramente funzionale a mostrare la parziale sovrapposizione tra lo smilzo e la ragazza, quello di Tekkaman fornisce un’idea dello smilzo come personaggio massimamente sfuggente etcetera. Su Gattiger comunque hai ragione, sarebbe stata una buona idea citarlo, confesso che non mi è venuto in mente. Questione Goldrake, Baldios, Zambot: ho banalmente pensato che una volta individuate le tipologie formalizzate, ognuno di noi avrebbe potuto trarre autonomamente le sue conclusioni o divertirsi a spaccare i diversi gruppi, nei casi citati: uno anomalissimo, uno tipicissimo e uno leggermente anomalo. Ora, credo che il punto su cui non ci siamo trovati sia proprio questa attenzione riservata alle tipologie dei caratteri/personaggi più che a una rassegna esaustiva delle squadre, e nel fatto che mi sono concentrato su come le stesse tipologie di caratteri/personaggi si collochino spesso anche negli entourage e negli equipaggi (che comunque tengo distinti dalla cinquina e dal trio, non a caso se ne parla in paragrafi diversi). Infine, con l’esempio di Diapolon, tu sostieni con molta ragione che quello non è il resto di una cinquina quanto una squadra d’appoggio. Ecco, io sono portato a vederci il resto di una cinquina (velivoli forniti insieme ai robot, ragazza e grosso che sporadicamente pilotano i robot minori della composizione) ma certamente rappresenterebbe una cinquina limite ed è un esempio tipico di come poi all’atto pratico gli archetipi si scompaginino, evidentemente non solo a livello di individui ma anche a livello di squadra (non a caso credo che la distinzione ultima tra entourage ed equipaggio la si giochi soprattutto a livello di fulcro narrativo).

      Ti ringrazio di nuovo per la recensione. Tengo in conto le tue indicazioni se mai scappasse la possibilità di un approfondimento, in particolare quelle di ampliamento per Great Mazinger e Baldios, che trovo molto sensate, e alcuni appunti sulla questione dei gruppi, come quello su Diapolon e l’analisi dei gruppi di Grendizer, Baldios e Zambot.

      (Goditelo, Vultus, è bellissimo!)

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    3. Accidenti, che risposte! ^_^
      Grazie delle spiegazioni, mi permetto di inserirle direttamente alla fine della recensione, in modo che non vadano perse (qualche volta i commenti mi spariscono...).

      Sono un po' sollevato che il mio punto di vista su alcuni aspetti non sia stato considerato tipico del visionario o del provocatore ;)
      Sul web è sempre difficile districarsi tra critica e fomentatori di rompimenti gratuiti.

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    4. No no, che scherzi, che provocatore. Anzi, mi ha fatto piacere trovare delle critiche che fossero così puntuali e seguissero il testo passo passo. E grazie anche d'aver inserito le risposte nella rece. Ciao, Stengo, e buon lavoro. ;)

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  7. Sto leggendo in questi giorni il libro e lo trovo davvero completo e molto approfondito. Si, sono d'accordo con Stengo quando dice che è un libro di difficile approccio poiché scritto in un linguaggio forbito e molto filosofico. Però io lo trovo un PLUS. Ho letto un altro paio di libri dove si elencano i vari robottoni e erano talmente superficiali e sempliciotti che mi hanno perfino annoiato. Questo libro è molto bello ed è per veri affezionati al genere. Bravo Jacopo.

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  8. Per esempio, la citazione del dramma della rivolta di Mimashi sedata nel sangue è stata fonte di grande emozione.

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  9. Il titolo corretto sarebbe dovuto essere "SOCIOLOGIA DEI ROBOTTONI GIAPPONESI"! Umberto Eco, a confronto, ha una sintassi snella ahahah. Scherzi a parte, si tratta di un libro interessantissimo che prima o poi finirò di leggere con piacere...

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