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domenica 9 novembre 2014

Il risveglio del Giappone



TITOLO: Il risveglio del Giappone
AUTORE: Kakuzo Okakura
CASA EDITRICE: Luni Editrice
PAGINE: 119
COSTO: 15€
ANNO: 2014
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788879844284


Questo libro, edito nel 1905, è spesso citato in altre pubblicazioni storico-saggistiche sul Giappone, ebbe il ruolo di illustrare agli occidentali la situazione del Giappone dopo i primi anni della Restaurazione Meiji. Nel 1905 la nazione nipponica aveva già sconfitto in guerra la Russia (dopo la vittoria nella guerra con la Cina), passando di colpo agli occhi degli occidentali da nazione barbara a nuovo “pericolo giallo” d'oriente. Il libro fu scritto direttamente in inglese, proprio perché il target finale non erano i giapponesi, ma le nazioni occidentali. Il suo autore fu inizialmente un fervente sostenitore della modernizzazione del Giappone, anche a discapito delle tradizioni giapponesi, solo in un secondo tempo iniziò a considerare il passato più importante del presente. Era comunque a favore della modernizzazione, che era l'unico sistema per non essere sopraffatti dalle tecnologiche nazioni occidentali, ma riscoprì e perorò il mantenimento delle tradizioni antiche, che per l'autore erano l'emblema della giapponesità.
In questa edizione manca, a mio avviso, una introduzione scritta oggi che contestualizzi il periodo storico, se non si conosce un po' quel periodo del Giappone ci si dovrà basare solo su ciò che scrive Kakuzo Okakura, che non brilla, ovviamente, per imparzialità.
Scopo del libro era anche illustrare al lettore occidentale i grandi passi in avanti fatti dal Giappone nel campo politico, sociale, istituzionale ed educativo, tranquillizzandolo, nel contempo, sulle intenzioni totalmente pacifiche del nuovo Giappone.
In ciò che scrive Kakuzo Okakura già si possono leggere i semi del nazionalismo militarista, che daranno vita alla pianta della seconda guerra mondiale, o guerra del pacifico, come ancora la chiamano i giapponesi. Si capisce bene tra le righe del libro che già nel 1905 lo scopo dell'establishment nipponico era quello di cacciare gli occidentali dalle nazioni asiatiche, ma solo per sostituirli come nuovo padrone, un benevolo fratello asiatico al posto della razza bianca straniera.

Nel primo capitolo viene spiegato come la debolezza dell'Asia (escluso il Giappone) è imputabile storicamente all'invasione mongola della Cina nel 1200, e della successiva espansione mussulmana, non al colonialismo occidentale e giapponese.


Nel secondo capitolo l'autore illustra al lettore occidentale “il risveglio del Giappone”. Partendo da come gli usurpatori Tokugawa tennero segregato il potenziale nipponico (ed anche il Tenno) per due secoli e mezzo, causando l'arretramento tecnologico che espose il sacro suolo all'invasione straniera del commodoro Perry. Nel capitolo è riassunta la situazione politico-sociale dello fine shogunato Tokugawa.

Nel terzo capitolo viene affrontata l'ininfluenza politica della religione buddista e del neo confucianesimo, che mai misero in pericolo la stabilità dello shogunato, motivo per il quale fu proprio shogunato ad incentivare la nascita di scuole religiose buddiste e neo confuciana.
L'aver incentivato la diffusione di queste due religioni da parte dei Tokugawa avrà per il Giappone della Restaurazione Meiji due vantaggi: avere una popolazione che sapeva leggere e scrivere; inculcare sia il rispetto per i superiori che la capacità di conservare le tradizioni.

Nel quarto capitolo si contesta alla straniero occidentale l'impressione che il Giappone si sia risvegliato solo grazie all'arrivo delle “navi nere”. In realtà, sempre per Kakuzo Okakura, erano ben tre le scuole di pensiero che peroravano il ritorno al patriottismo nazionale e il ripristino del potere del Tenno:
la scuola di pensiero classico Kogaku;
la scuola di Oyo-mei;
la scuola storica.
Fu grazie a quest'ultima se venne riscoperto lo shinto, unica vera religione del Giappone, e con essa il rispetto verso l'imperatore. Il ritorno in auge dello shintoismo mise in secondo piano buddismo e neo confucianesimo. Per l'autore l'arrivo del commodoro Perry si limitò a scatenare il fuoco della ribellione contro gli usurpatori Tokugawa.
A mio avviso furono scritti di questo tipo ad aiutare la trasformazione dello shinto in religione di Stato, dove il culto autoctono viene sempre definito “antico e puro”, ed è collegato indissolubilmente al divino imperatore.

Nel quinto capitolo Kakuzo Okakura, pur ammettendo i successi scientifici degli occidentali, si chiede a quali fini siano destinati: consumismo, industrialismo, lusso sfrenato, competizione per la ricchezza.
L'oriente ed il Giappone non hanno mai cercato di raggiungere questi obbiettivi, che generano solo infelicità. L'autore nota che anche in occidente non tutti sono entusiasti della situazione socio-economica, per esempio la nascita del socialismo ne è una prova. Oltre a criticare gli occidentali per il crimine del colonialismo, l'autore punta l'indice verso tutti quei giapponesi che si sono accontentati delle ricchezze e delle comodità importante dall'occidente dimenticando le tradizioni e il patriottismo.
Tra le tante giuste critiche al colonialismo occidentale una mi è parsa assai strana, riguarda il soffocamento della rivolta dei Boxer nel 1899 in Cina. L'autore critica gli occidentali per aver avuto una facile vittoria contro i quasi disarmati rivoltosi cinesi, dimenticando, mi pare, che alla spedizione alleata partecipò anche il Giappone.

Nel sesto capitolo si entra nel dettaglio della politica interna del Giappone di fine epoca Tokugawa, spiegando che l'allora giovane shogun era un debole, in balia delle donne di corte. Fu grazie al primo ministro Abe-isenokami che si evitò l'impari scontro con gli occidentali, infatti una parte dei daimyo pretendeva di muovere guerra agli invasori stranieri.
A questo punto l'autore scrive un'altra cosa che mi è sembrata strana, forse per ingraziarsi il lettore anglosassone, e cioè che il commodoro Perry in Giappone era diventato talmente caro ai giapponesi che questi eressero una statua in sua commemorazione. Io avevo sempre letto Perry era tra le figure storiche più detestate, in quanto simbolo dei trattati ineguali.
Sono raccontati alcuni interessanti retroscena della corte dei Tokugawa.

Nel settimo capitolo viene fatta la cronaca del periodo 1860/1868 (anno della Restaurazione Meiji) che, secondo l'autore, furono anni memorabili in quanto ad energia di cambiamento, un periodo carico di fermento politico, di unità nazionale, di patriottismo e di trasformazioni sociali ed economiche.
Tutta la classe politico-intellettuale si unì alla ricerca di un nuovo assetto istituzionale, si doveva “restaurare l'antico mentre si assimilava il nuovo”. A Kyoto (sede del trono) si fronteggiarono due partiti:
i federalisti, formati dai daimyo, che auspicavano il mantenimento del loro potere locale, seppur in una forma costituzionale più moderna e con a capo l'imperatore;
gli imperialisti, formati dai kuge, dai ronin e dagli shintoisti, che volevano il ritorno alla burocrazia imperiale antecedente al periodo feudale.
In pratica il primo schieramento voleva mantenere in vita il sistema feudale, mentre il secondo puntava all'abolizione sia dello shogunato che dei daimyo.
La diatriba si risolse con la nascita di un terzo schieramento, gli unionisti, in cui confluirono gli altri due partiti. Gli unionisti erano dei tre gruppi gli unici ad avere una visione internazionale della situazione in cui versava il Giappone, avevano, cioè, una linea di politica estera.
Gli unionisti erano anche i più fedeli verso il mikado, auspicando il ripristino totale delle antiche prerogative imperiali.

Nel settimo capitolo sono spiegate le riforme che riportarono in vita la burocrazia imperiale in una nuova versione moderna, viene dato conto anche del dibattito interno e dei contrasti che nacquero su varie leggi ordinarie e costituzionali.
Kakuzo Okakura spiega al lettore anglosassone che il nuovo Giappone si prefigge di migliorare la condizione della donna, aggiungendo che (tanto) la donna giapponese preferisce stare in casa e che “ama servire suo marito”.

Nell'ottavo capitolo viene confutata la teoria occidentale secondo cui il Giappone dell'era Meiji ha perso il contatto con la tradizione nipponica, contesta anche la previsione occidentale che la Restaurazione Meiji non reggerà nel tempo, schiacciata dal peso della modernizzazione.
L'autore usa il capitolo per dimostrare come il Giappone sia abituato da millenni a conservare le tradizioni assimilando le novità.

Nel nono capitolo Kakuzo Okakura vuole dimostrare che il Giappone è una nazione pacifica, senza alcuna mira espansionistica verso Corea e Cina (ma nell'anno di pubblicazione di questo libro si erano già annessi Taiwan/Formosa), e per far ciò riepiloga i fatti di politica estera dei decenni precedenti. Considerando che Kakuzo Okakura morì nel 1913, e che l'annessione della Corea avvenne nel 1910, direi che fece in tempo a rendersi conto che le intenzione verso i coreani non erano poi tanto pacifiche.

L'indice del libro.






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