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lunedì 26 agosto 2013

Vittorio Zucconi VS Go Nagai - La Stampa 16 giugno 1982



Dopo 35 anni ancora si parla di quel primo incontro con i cartoni animati giapponesi, avvenuto sulla Rete 2 della Rai tra i bambini e le bambine del 1978 e Goldrake.
Ai tempi la carta stampata scrisse fiumi di parole, spesso a vanvera, sull'animazione giapponese. A fronte di una minoranza di giornalisti che cercavano, nonostante le differenze culturali e di età, di capire il nuovo fenomeno nipponico, c'era una maggioranza che si accontentava di scrivere articoli più o meno allarmistici, zeppi di inesattezze (la più grande era che quegli anime erano fatti al computer...).
Non è mia intenzione maramaldeggiare su quegli articoli (anche se molti gridano ancora vendetta) e sui loro autori, perché è facile nel 2013, con la moltitudine di saggi scritti su anime a manga, spiegare a quei giornalisti quanto ridicole fossero le loro analisi sociologiche, benché un po' se lo meriterebbero.
E' comprensibile che non fu così facile comprendere il fenomeno, però sarebbe stato bello che almeno qualcuno in più ci avesse provato...
Sto raccogliendo gli articoli di quel periodo (alcuni hanno dei titoli fantasmagorici, altri dei contenuti allucinogeni), forse avrei dovuto iniziare in ordine cronologico, però mi è sembrato più interessante partire con l'articolo di un giornalista intelligente, arguto e spiritoso, che io stimo e che leggo da tanti e tanti anni: Vittorio Zucconi.
Se Vittorio Zucconi, con le sue grandi capacità di giornalista, riusci a fare una tale intervista a Go Nagai, cosa ci si poteva aspettare dagli altri?
C'è da dire che almeno fu uno dei pochi che cercò di andare alla fonte delle notizie, non accontentandosi dei luoghi comuni ormai triti e ritriti presenti sui giornali italiani.
Purtroppo Zucconi fece l'intervista a Nagai (chiamato "pifferaio magico", non proprio un complimento) con una aggressività manco si trovasse davanti Andreotti, Craxi o Berlusconi, sui quali poco c'è da capire, e contro i quali una certa diffidenza sarebbe stata anche comprensibile.
Partì subito con tono inquisitore, tirando fuori addirittura il dramma di Vermicino...





Pure Zucconi capisce che Vermicino non ha nessun nesso con l'animazione giapponese, resta il dubbio del perché, avendolo capito, ponga lo stesso la questione a quel giapponese che ha davanti, e poi la faccia pubblicare.




Per fortuna che Zucconi ai tempi non sapeva che Nagai aveva disegnato Harenchi Gakuen (Scuola senza pudore: link ), altrimenti la classica domanda sulla violenza nei suoi cartoni gliela faceva mollandogli un pungo.
La risposta di Nagai è così banalmente ovvia che chiunque avrebbe alzato bandiera bianca, non il pugnace Zucconi che magari quel giorno si era alzato con la luna storta.
E' ovvio! Nagai (al momento dell'intervista) non aveva figli, quindi non poteva capire!
Il buon Zucconi(e) si lancia in un'ardita affermazione secondo la quale in quegli anime robotici erano solo i robot a combattere non gli uomini.



A parte che "gaijin" è scritto in maniera errata, ma "perché attaccano sempre il povero Giappone"?!
Vittorio... i cartoni sono ambientai  in Giappone, dovevano attaccare la Sicilia? "I promessi sposi" per caso sono ambientati in Nuova Zelanda?!
Comunque, se Zucconi si fosse un po' informato, visto che l'intervista è del 1982, avrebbe saputo che alcune serie non erano per nulla ambientate in Giappone, come, per esempio, Gundam, che in una parte della serie ha l'Italia come location!
Quindi viene affrontata la questione della poca fluidità dell'animazione collegata alla necessità di mantenere costi ridotti.




Il fatto che Nagai non voglia dire quanto guadagna è assai strano, quasi sospetto, nevvero?
Comunque un po' di informazione Zucconi, nonostante se stesso, riesce a farla e darla: i cartoni animati giapponesi NON sono fatti al computer!
Peccato che i suoi colleghi italiani pare non abbiano mai letto la sua intervista a Nagai...




Quando Zucconi rimprovera di aver fatto miliardi coi cartoni venduti in Italia, manco fosse una colpa, si solleva una questione interessante, che il giornalista italiano non si lascia sfuggire: il mancato pagamento del copyright da parte di alcune società italiane.





Grandissima la replica di Zucconi alla denuncia giapponese: in Italia si fa così!
E dire che nei tanti articoli di Zucconi che ho letto lui si scaglia sempre contro il malaffare, non questa volta, in fondo i giapponesi se lo meritano, sono "dei "pifferai magici". Vuol dire che comprerò il prossimo libro di Zucconi  e poi lo fotocopierò, regalandolo agli angoli delle strade (scherzo!).




Neanche la notizia che i prezzi di vendita dei primi anime furono molto bassi lo scalfisce, però in anteprima ci dice che sta per arrivare Arale.



Non c'è mai fine al peggio, noi in Italia lo sappiamo bene...




Prossimamente altre perle da passato!

12 commenti:

  1. Piano piano mi leggerò tutti i preziosi articoli che hai recuperato. Il tuo lavoro è encomiabile.
    Pur essendo anch'io un estimatore di Zucconi, trovo che il tono dell'intervista sia ben oltre il limite dell'odioso: prevenuto, strafottente, accusatorio e mistificatore. Adesso in TV si sta diffondendo la consuetudine che l'intervistato o l'ospite di turno dei talk-show si alzi indignato e se ne vada: beh, mi stupisco dell'educazione di Go Nagai, che è rimasto ad ascoltare le st#on§@te di Zucconi fino alla fine. Un articolo del genere, con quei toni, mi aspetterei di trovarlo oggi su un Giornale a caso, e men che meno a firma di un giornalista equilibrato come Zucconi.
    L'articolo è irritante, persino offensivo, fin dall'incipit, quando descrive con un'accezione totalmente negativa le mani "delicate" di Go Nagai, quasi a voler alludere che è uno che ha fatto i soldi senza lavorare: come se da un disegnatore ci si aspettasse le mani callose di un contadino.
    Però mi ha colpito, in positivo, una predizione di Zucconi; adesso che siamo nel "dopo" possiamo affermare che era stato profetico: oggi, per noi (quelli della Goldrake generation, ovviamente), i ricordi di infanzia sono rappresentati proprio dagli eroi di Go Nagai.

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    1. Grazie, son contento anche se una sola persona ha avuto piacere nel leggerle ;)
      Concordo su Zucconi, proprio perchè lo stimo. Comunque di perle così ne trovi tante tra gli articoli che ho postato, ed altre ne metterò in breve ;)

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  2. C'è un altro aspetto che mi aveva colpito e che mi ero dimenticato di segnalare (e a cui tu, stranamente, non hai dato risalto): non so se Go Nagai, trovandosi di fronte un intervistatore ignorante e prevenuto, abbia preferito evitare qualunque spiegazione che in ogni caso il suo interlocutore non avrebbe capito o avrebbe rifiutato - è ben possibile -, però mi pare molto singolare che a un certo punto ammetta candidamente che i suoi personaggi hanno fattezze occidentali. "Ho scelto le caratteristiche fisiche dell'europeo" dice, "Cosi i bambini che lo vedono, in Giappone, pensano automaticamente: è uno straniero". Questa affermazione così limpida non sembra mettere almeno un po' in discussione la celebre spiegazione sulla grandezza degli occhi nei cartoni e nei manga dovuta a esigenze di espressività, problemi con lo spessore dei pennini, eredità di Tezuka, eccetera? In effetti, a guardare i volti di Actarus o Hiroshi, passando per Tetsuya e Rio Kabuto, tutto sembrano meno che giapponesi...
    Voglio dire: d'accordo che quando hai a che fare con un idiota - tale si dimostrava Zucconi in quell'occasione - tendi a evitare le polemiche e gli lasci dire quello che vuole, ma non è strano che sia Nagai stesso a dire che i suoi personaggi hanno l'aspetto di europei?

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    1. Ci possono essere varie risposte:
      1) Zucconi ha capito male, o ha scritto ciò che voleva (e dal tono dell'intervista potrebbero essere vere entrambe);
      2) Per quel che ho letto i giapponesi sono molto ma molto restii a dare torto al prossimo (specialmente di persona), piuttosto gli danno ragione, oppure fanno vari giri di parole equivicabili dall'interlocutore, che così pensa gli sia stata data ragione;
      3) Magari Go Nagai disegnava i suoi personaggi con quello spirito, mentre Tezuka lo fece per un altro motivo.

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  3. Facciamo una chiarezza: i vari Koji e co. negli anime non li ha disegnati Nagai, ma altri, quindi semmai sono stati loro a dare fattezze occidentali ai characters tv ( Komatsubara disegò Actarus ispirandosi agli eroi di Yoshitaka Amano, che avevano appunto fattezze occidentali : avete presente personaggi come Daigo in Gordian o George di Tekkaman ?)
    Si noti anche che nelle vecchie serie di Mazinga e co, gli elementi della cultura nipponica sono molti limitati : i personaggi dormono in letti e non nel futon , le case hanno un aspetto tipicamente occidentali , con porte e niente pareti scorrevoli, vanno in chiesa, portano croci al collo e mangiano con coltello e forchetta invece che con le bacchette.
    Insomma, Toei faceva questi anime pensando a un pubblico internazionale e non solo nipponico ( anche se poi, qui e là qualche puntata con tradizioni nipponiche c'era).
    Quindi, qualcosa di vero in questa intervista può esserci ( anche se non so cosa ci facesse Nagai alla Toei visto che ci aveva litigato pesante nel 76 portandola pure in tribunale)
    P.S: il "Principe Gay" sarebbe l'anime di Patalliro.

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    1. Da quello che ho letto in giro io, quelle serie che arrivarono da noi coll first impact non vennero prodotte con lo scopo di essere esportate.
      Non era proprio previsto "un pubblico internazionale", magari quando videro che gli anime si vendevano facilmente ci avrenno fatto un pensierino, ma non nelle serie degli anni 70.

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  4. Questa cosa delle serie non pensate per l'esportazione, è un vecchio luogo comune: la Toei Doga nacque realizzando film d'animazione, pensati anche con l'intento di competere sui mercati esteri.
    Ma avevano storie e ambientazioni tipicamente nipponiche ed ebbero probabilmente difficoltà a penetrare in Occidente.
    E infatti dopo pochi film cominciarono a creare storie più internazionali,magari legati a storie famose , vedi i vari Simbad, Remì ecc... addirittura, lo Hols di Takahata doveva avere un ambientazione nipponica in quanto era ispirato a una favola hainu, ma la Toei gli impose l' ambientazione nordica per i motivi sopra descritti.
    Ti racconto un altro episodio curioso che riguarda la Mushi di Tezuka : quando vendette i primi 50 episodi di Astroboy agli yankee, questi volevano che nei nuovi episodi che sarebbero nel frattempo prodotti in Giappone, fossero eliminati gli elementi culturali orientali per rendere la serie digeribile al pubblico statunitense.
    Non mi stupirebbe se la cosa avesse fatto il giro dell' ambiente, e tutti gli studi avessero realizzato alcune serie con un certo potenziale commerciale come i robotici , bandendo elementi orientali per sbolognarle facilmente all' estero.
    Magari non credendoci troppo, ma neppure scartando la priori la cosa.


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    1. Probabilmente sui film d'animazione di punta la speranza dei produttori nipponici era anche quella di sfondare all'estero, forse più per la fama di ricevere qualche premio. Basta ricordare che alcuni film furono presentati al festival di Venezia negli anni 60 e primi anni 70, se non sbaglio.
      Ma certo non valeva per i mediometraggi dei robottoni, oppure per i film tipo "20 mila leghe sotto i mari".
      Mentre per quanto riguarda le serie tv rimango della mia opinione, che è suffragata anche dalle testimonianze di alcuni produttori ed artisti nipponici, le si può leggere dell'Emeroteca Anime.
      La presenza di personaggi o ambientazioni non nipponiche era dovuta al senso dell'occidente che si voleva inserire nelle serie, come noi inseriamo atmosfere orientali nelle produzioni occidentali, non al tentativo di conquistare i mercati esteri.
      Ci saranno state anche eccezioni, ma solo eccezioni.
      Era il mercato giapponese a sostentare gli anime, non quello estero.
      Perchè, altrimenti, quando a metà degli anni 80 in Italia l'anime boom si concluse, le case produttrici nipponiche che fine avrebbero fatto?

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  5. Ovviamente i nipponici pensavano prima al mercato interno , ma quella è una cosa che fanno tutti, americani compresi.
    E a suffragare la mia opinione, ti faccio notare se ascolti i vecchi robottoni di Nagai in originale, noterai una differenza nelle BGM : spesso si sentono le canzoni cantate in nipponico ( tipo quando il robot esce dalla base) che nelle versioni ita sono sostituite dalla versione strumentale.
    Non è una censura italiana, ma sono proprio le colonne audio internazionali ad essere fatte così e uguali in qualsiasi edizione estera.
    Addirittura, in Mazinga Z, nella versione ita si sente in sottofondo , in alcuni episodi , una cover della sigla nipponica cantata in inglese da Ichiro Mizuki al posto dell' originale nipponica !
    Anche nei mediometraggi dei rbottoni hanno fatto lo stesso, ma lì la cosa è più incasinata: esistono varie versioni delle colonne audio, con pezzi nipponici, pezzi strumentali, alcuni cambiati, altri messi prima o dopo o via così: in Mazinga Z vs Devilman , la versione Jap, quella della Cinehollywood e quella Dynamic Italia hanno in alcuni punti 3 diverse colonne audio.
    Ma il punto è che se non facevano stè modifiche alel canzoni cantate in giapponese in previsione di edizioni estere, non so cosa altro possa essere.


    P:S. cosè Emeroteca Anime, ?

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  6. Scusa di nuovo ma non concordo.
    "Emeroteca Anime" è la tag con tutti gli articoli giornalisitici sui "cartoni animati giapponesi" che ho trovato fino ad ora:

    http://imagorecensio.blogspot.it/search/label/Emeroteca%20anime

    In cui gli stessi produttori nipponici affermano che non puntavano al mercato estero, poi se arrivavano i soldi meglio.

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  7. Scusi, nell'articolo si ha commentato che che Nagai non hanno figli al momento dell'intervista. Sai se Nagai in realtà ha figli?

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