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domenica 2 giugno 2013

Lo sciamanismo in Giappone, la caverna delle volpi di Inari


TITOLO: Lo sciamanismo in Giappone, la caverna delle volpi di Inari
AUTORE: Emanuela Borghino
CASA EDITRICE: Harmattan Italia
PAGINE: 168
COSTO: 17€
ANNO: 2005
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788888684987

A dispetto nel limitato numero di pagine e del costo alto questo saggio è molto bello, stracolmo di informazioni su un aspetto ben poco conosciuto in Italia, inoltre è scritto bene.
Un fatto che mi pare di dover evidenziare è che l'autrice, Emanuela Borghino, pare (è una mia impressione nata dalla lettura del saggio) credere veramente nel culto di Inari. Questo non è né un fatto positivo né negativo, è solo una curiosità che faccio presente, e che mi ha colpito in quanto personalmente non sono portato a credere in generale alla religione, men che meno a credenze così particolari e lontane dalle nostre, anche se mi interessano.
Finita la premessa passo ad una illustrazione del bel saggio di Emanuela Borghino, che inizia con una spiegazione dello shintoismo e dei kami.
Il culto di Inari è celebrato sia con cerimonie shintoiste che buddhiste, fino ai riti di possessione sciamanica. Le volpi di Inari, sempre presenti in coppia davanti al suo altare, sono le sue messaggere, tra il nostro mondo e quello degli spiriti. Secondo taluni la volpe di Inari incarna il dio stesso, per questo è molto temuta e rispettata, visto che si crede possa impossessarsi del corpo delle persone. Per ingraziarsi le volpi di Inari i giapponesi, oltre alle offerte di rito (tra cui il loro cibo preferito, l'aburage), sono disposti a fare lunghi pellegrinaggi sulle montagne. Ancora oggi nelle campagne capita che alcune famiglie siano accusate di tsukimono-suji, la stregoneria della volpe.
I primi testi scritti giapponesi che riportano i miti ancestrali risentono già delle influenze cinesi e buddhiste, essendo state scritte 300 anni dopo l'introduzione degli ideogrammi cinesi. Nonostante ciò si possono comunque estrapolare i contenuti prettamente collegabili alla mitologia giapponese. Lo sciamanismo dei nativi giapponesi è provato dalla figura della dea del sole Amaterasu (che in Cina era maschile), dalla dea Uzume (che con la sua danza fa uscire Amaterasu dalla caverna) e, per esempio, dalle prime imperatrici come Himiko (che negli scritti cinesì dell'epoca era considerata capace di incantare gli spiriti del popolo Wo con i suoi poteri). Anche l'imperatrice Jingu interrogava i kami fungendo da medium. Quindi la tradizione sciamanica femminile legata al culto della setta Inari ha radici molto antiche.
Lo shintoismo ha sia un ovvio carattere religioso che uno culturale, che va oltre la religione, infatti un giapponese può professare culti differenti dallo shinto, ma rispetterà comunque talune ricorrenze shintoiste. Le divinità shintoiste non sono benefiche o malevole, il loro comportamento verso l'uomo può essere modificato tramite riti. Lo shintoismo antico era basato su credenze animiste e arti magiche, in seguito le classi dominanti lo svilupparono in un culto ufficiale con riti più elaborati. Lo shintoismo ha 4 varianti ufficiali: Shinto della casa imperiale (Koshitsu Shinto); Shinto dei sacrari (Jinja Shinto); Shinto delle sette (Kyoha Shinto); Shinto popolare (Minkan Shinto).
Centro dello shintoismo è l'interazione tra gli uomini e i kami. Può essere un kami tutto ciò che è divino, nel senso che ispira stupore, timore e rispetto. I kami possono essere entità, divinità, essere umani defunti, animali, piante o oggetti. Pare che il termine kami derivi dal termine ainu per indicare gli spiriti, kamui. I kami hanno un comportamento identico agli essere umani, solo che hanno poteri negati agli uomini. I kami possiedono il mi-tama (augusto gioiello), simile ad un'anima, che si compone di due elementi opposti: il nigi-mitama (elemento buono) e il era-mitama (elemento malvagio). Nei templi shintoisti è venerato il mitama-shiro (sostituto del mitama) oppure lo shintai (corpo del dio), quest'ultimo è un oggetto che incarna il mitama del kami. Gli shintai possono essere una pietra, uno specchio, una sciabola, oppure una tavoletta col nome del kami. Sono custoditi nei templi e portati in processione durante alcuni riti (i matsuri), in cui il kami discende nello shintai per venire in contatto con gli uomini. Gli amuleti venduti nei templi contengono la benevolenza del kami di quel tempio.
Nello shintoismo antico non non vi sono precetti morali, in quanto per giungere alla morale l'uomo non ha che da seguire gli impulsi della sua natura e seguire il suo cuore. Esiste, però, il concetto di purezza, cioè l'avversione dei kami verso tutto ciò che è impuro, sporco e infetto, e chi ne era gravato avrebbe ricevuto un segno divino. Questi segni divini detti tatari (maledizioni) consistevano in incidenti, malattie, insuccessi, eventi naturali avversi, fino alla morte. Compiere un atto di offesa ai kami era considerato tsumi (peccato), ed era sempre punito dalle divinità, indipendentemente dalla sua volontarietà. Tramite la purificazione si usciva da questo stato di impurità e “peccato”, sono tre le categorie di peccati: Ashiki wasa (azioni cattive); Kegare (contaminazioni); Wazawai (calamità, considerate punizioni celesti per offese ricevute.
Nel testo della “Grande purificazione” sono elencati 21 grandi offese, 7 celesti e 14 terrestri. Quasi tutte le celesti riguardano le risaie e il terreno, le 14 terrestri sono per la condotta umana. E' interessante notare che erano considerati peccati atti come tagliare la pelle umana viva o morta (a causa del contatto con l'impuro sangue), l'incesto, l'albinismo (!), l'uccisione di animali domestici, mentre non era presente come peccato l'adulterio. Questo perché nel Giappone antico matriarcale la donna non era succube totalmente del marito, proprio in virtù del loro essere medium preferite tra la gente e i kami. Rimane anche nel Giappone contemporaneo una minoranza di donne dedite allo sciamanismo, però questo non è una religione, ma una forma di spiritualità visionaria, ed ha la capacità di convivere con le religioni. In varie forme lo sciamanismo è presente in tutto il mondo, come lo è lo/la sciamano/a. Lo sciamano è una persona che ha ricevuto il dono soprannaturale di venire in contatto con gli spiriti tramite l'estasi sciamanica. Il ruolo di sciamano può sia essere di carattere ereditario che di vocazione spontanea.
Gli yamabushi, gli eremiti delle montagne, sono coloro che mantengono il rapporto tra il popolo e le montagne, che nella spiritualità giapponese hanno una grande importanza. E' sulle montagne che risiedono gli spiriti, e la popolazione ha sempre temuto queste zone impervie. Gli yamabushi entrano in contatto con gli esseri delle montagne tramite la dottrina e la pratica chiamata Shugendo. Ci sono alcune montagne più importanti per questo culto: il monte Haguro; il monte Fuji; il monte Takao.
Sul monte Takao il primo di aprile (il giorno dell'apertura delle pratiche rituali) c'è la cerimonia per l'apertura della cascate. In estate sul monte Haguro, dove si svolge l'iniziazione degli yamabushi, si presentano più aspiranti che maestri.
Una delle pratiche più conosciute degli yamabushi è proprio restare in preghiera sotto una cascata.. Una delle pratiche ascetiche più dure degli yamabushi è il fuyo no mine, l'esilio invernale sulla montagna. Lo scopo è quello di ottenere poteri magici come volare tra gli alberi, comandare il fuoco, nascondersi dentro il corpo di un latro uomo, immergersi nell'acqua bollente.
L'iniziazione degli yamabushi si chiama shokanjo, ed avviene dopo varie pratiche ascetiche e tramite la guida di un maestro più anziano, che rivelerà al giovane le tradizioni sacre Hiho. Ci sono numerosi riti che gli yamabushi compiono col fuoco: lo Hiwatari (passaggio sul fuoco); il Saitogoma (gettare un legno sul fuoco che simboleggia il proprio corpo); il Sokusaigoma.
Gli yamabushi svolgono due tipi di divinazioni, bokusen e fujutsu. Inoltre c'è la pratica della preghiera di possessione, yorigito. Gli yamabushi si occupano di curare le malattie, che per un credente è causata da uno spirito arrabbiato o un antenato scontento, quindi lo yamabushi intercederà per l'ammalato oppure scaccerà lo spirito avverso tramite un esorcismo, tsukimono otoshi.
L'autrice passa ad una descrizione minuziosa dei riti per l'iniziazione delle sciamane itakosan della prefettura di Aomori, oltre a numerose informazioni storiche e sociali. Mi limiterò ad alcuni accenni descrittivi.
Per poter diventare una itakosan è necessario un solo requisito, essere cieche dalla nascita o dai primi anni di vita. Una donna cieca avrebbe grossi problemi di inserimento nella società giapponese, sia passata che presente, in qualità, invece, di sciamane, potranno essere donne autonome. La ragazza cieca viene affidata ad una itako più anziana prima del suo primo ciclo mestruale, ora la sciamana anziana sarà per lei la shisho kaasama (maestra madre), mentre il marito di lei sarà lo shisho otosan (maestro padre). Per diventare itako la ragazza dovrà affrontare delle dure pratiche ascetiche, e quando non è impegnata in queste o nell'apprendimento dei sutra e norito, dovrà occuparsi della pulizia della casa, per ripagare l'ospitalità. Col passare del tempo i legami con la propria famiglia saranno interrotti, così la ragazza diverrà parte integrante della nuova famiglia. La pratica ascetica più assidua e dura è il mizugori (purificazione con acqua), cioè il versarsi addosso secchiate di acqua ghiacciata ad intervalli regolari, intervallate dalla preghiere rituali. Il mizugori è svolto anche di notte e, assieme alla fame a alle preghiere, ha lo scopo di alterare la personalità della futura itako, per avvicinarla ad uno stato di morte a cui poi seguirà la rinascita come nuovo essere. Due giorni prima del rito di iniziazione, kamitsuke, la severità delle pratiche ascetiche aumenta, la ragazza, diventa gyoja (tirocinante). Il regime alimentare non prevede cibi impuri e la ragazza dovrà restare isolata per non essere contaminata dalla sporcizia del mondo, vivrà nella gyobeya (capanna degli asceti), che oggi può anche essere una semplice stanza. Non potrà esporsi a fonti di calore e neppure al sole. La pratica del mizugori sarà aumentata per impedire alla gyoja di dormire. Il digiuno e l'isolamento sono la fase della “separazione”, che separa la gyoja dal mondo. Il digiuno e il grande freddo portano la gyoja al crollo fisico e psichico, questo per poter “rinascere” con nuovi poteri e determinazione durante il rito kamitsune, che rappresenta, appunto, la morte e la rinascita sciamanica. Durante questo rito si celebra anche il matrimonio col kami che l'ha posseduta durante il rito stesso, la prima possessione sciamanica della gyoja.
Secondo molti le itako vanno incontro ad una graduale scomparsa, questo a causa dell'obbligo imposto alle ragazze cieche di frequentare la scuola dell'obbligo e alla riduzione dei casi di cecità infantili. L'ultimo fatto è l'ovvia conseguenza del miglioramento delle cure sanitarie. La prima è il simbolo del desidero delle famiglie delle ragazze cieche di dare loro un'istruzione speciale, invece di affidarle fin da bambine ad una anziana sciamana.
L'autrice passa ad elencare i numerosi motivi e tesi per cui nacque il collegamento tra Inari e le volpi, quello storico, quello mitologico religioso, il linguaggio e la scrittura, il rapporto delle volpi con i villaggi e la coltivazione del riso.
Il culto di Inari viene esercitato da più figure religiose, dal clero istituzionale shintoista nei templi ufficiali (come quello di Fushimi Inari), dai monaci buddhisti, dai preti shintoisti che non seguono più la stretta prassi religiosa, e dalle sciamane. Le prime due categorie hanno un approccio impersonale del culto di Inari, in particolare basato sui norito (preghiera), mentre le ultime due, specialmente le sciamane, sono più coinvolte ed hanno un rapporto più diretto coi fedeli. Nel culto shintoista di Inari le donne hanno un ruolo marginale, solo in qualità di miko, studentesse che svolgono questa attività come lavoro part time fino ai 25 anni.
Nei templi shintoisti dedicati ad Inari ci si focalizza sulla forma, la perfezione nell'officiare il rito, inoltre è posta quasi più enfasi sulla storia del tempio che sul culto del kami, la parte mistica è tralasciata, con tutte le sue esperienze e coinvolgimenti, per dare spazio alla formalità e alla solennità. Tra il clero shintoista e le sciamane ( o sciamani) ci sono numerosi punti di divergenza, alcuni sono: La diversità nell'officiare il rito goma (fuoco sacro); la possibilità di trasferire poteri soprannaturali in oggetti sacri (avversata dai preti); il potere degli amuleti (maggiore secondo gli sciamani); la presenza del richiedente di una cerimonia (per gli sciamani la sua assenza non inficia il rito). Nonostante le differenza “teologiche” e la rivalità i preti shintoisti hanno bisogno degli sciamani, perché sono loro che hanno fino ad ora aumentato la popolarità del culto di Inari, che alla fine va a benefico dei templi ufficiali.
E' presente un capitolo con la descrizione di molte credenze sulle volpi di Inari e dei simbolismi a loro assegnati.
Attraverso il racconto dello sciamano del tempio di Tetsuka Kofun Jinja l'autrice spiega i diversi tipi di chiamata sciamanica, e i suoi riti specifici di iniziazione.
Uno dei poteri più famosi delle volpi di Inari è la possessione del corpo di una persona, ed anche il potere di trasformazione in umano, kitsune damashi (stregoneria della volpe). Tramite il kitsune tsuki (la possessione della volpe) lo spirito di una volpe prende possesso del corpo di una persona modificandone la personalità e il comportamento. Camminare a 4 zampe, mangiare senza usare le mani, ululare, abbaiare ed altri comportamenti, indicano la possessione. La reazione dei preti e delle sciamani è differente. I preti shintoisti sono scettici, e dopo un breve esorcismo detto ohari o un norito chiamato magamono barai, indirizzano il posseduto dal medico. Mentre gli sciamani studiano il caso approfonditamente per avere un contatto diretto con lo spirito della volpe. Le volpi che s'impossessano delle persone sono quelle chiamate nagitsune, più selvagge e maliziose delle volpi bianche, solitamente benevole. Le volpi possono possedere gli uomini per due motivi: il urami (risentimento, rancore), la vittima ha ucciso una volpe o ha mancato di rispetto agli spiriti; il secondo motivo è il desiderio della volpe di avere qualcosa che come volpe non potrebbe avere.
Ci sono poi i casi di stregoneria legati alla volpe. La volpe prende possesso del corpo di una persona perché comandata dal loro kitsune-tsukai (datore) o dal loro kitsune-mochi (proprietario). Vi sono due tipi di stregonerie, quella individuale, kitsune-tsukai, praticata dagli yamabushi e dai kitoshi (esorcisti), E quella chiamata tsukimono-suji, che riguarda un'intera famiglia. Quest'ultima si trasmetta di generazione in generazione tramite le donne della famiglia. Ancora oggi, nelle aree rurali, essere additati come famiglia depositaria del potere delle volpi è fonte di isolamento e razzismo, in quanto si è considerati “contagiati”, per esempio nessuno vuole come moglie una donna che proviene da una famiglia con questa nomea.
Anche nel culto di Inari i pellegrinaggi sono prioritari, oltre a numerose informazioni l'autrice racconta il proprio pellegrinaggio di Inari.
La pratica ascetica chiamata komori (ritiro o reclusione) riveste una grande importanza anche nel culto di Inari. La pratica ascetica consiste nell'isolarsi in una caverna, oppure in una stanza del tempio debitamente preparata. L'isolamento volontario nella caverna e il buoi, che rappresenta il simbolo di una più stretta vicinanza con gli spiriti, permette alla sciamano di acquisire poteri soprannaturali.
L'autrice elenca, spiegandone il significato e l'uso, gli oggetti rituali degli sciamani di Inari: il costume, il copricapo eboshi, il bastone purificatore gohei, lo shaku (per gli sciamani), il ventaglio ogi (per le sciamane), gli strumenti musicali (tebioshi, kane, taiko), lo shinpo, i vassoi sanpo, lo specchio kagami, le lanterne toro, le candele rosoku, l'incenso osenko.
Le preghiere norito, letteralmente “recitare un incantesimo”, traggono il loro potere dal koto-dama, il potere mistico che permea le singole parole. Il potere koto-dama è di due tipi: la pronuncia di parole magiche fa realizzare un proprio desiderio; chi ripete alcune parole, assieme ad altre pratiche ascetiche, acquisisce poteri soprannaturali.
Sono i suoni delle parole che fanno scaturire i poteri, poteri che sono di tre categorie: le parole il cui potere nasce dal loro significato; le parole il cui potere nasce dalla successione delle sillabe (mantra); il nome delle divinità.
L'autrice, oltre a dare una descrizione generale dei matsuri (le feste tradizionali in onore di un kami), elenca alcuni matsuri dedicati specificatamente ad Inari.
Dei rituali della setta di Inari l'autrice descrive il kaji (la cura sciamanica), il kuji (l'incantesimo per proteggere), lo tsugi uranai (la divinazione del tempio di Inari di Hyotan Yama). Inoltre descrive altre forme di divinazione, come la divinazione ommyodo (via dei principi positivi e negativi), gli yakudoshi (gli anni pericolosi), e i libri con le date del rokuyo (sei giorni), in cui sono descritti quali sono i giorni propizi e nefasti in ogni settimana (sensho, tomobiki, senpu, butsumetsu, taian, shakku)


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