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lunedì 3 giugno 2013

Generazione Goldrake, l'animazione giapponese e le culture giovanili degli anni ottanta


TITOLO: Generazione Goldrake, l'animazione giapponese e le culture giovanili degli anni ottanta
AUTORE: Marco Teti
CASA EDITRICE: Mimesis
PAGINE: 221
COSTO: 18 €
ANNO: 2011
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788857506401

Il libro analizza l'impatto degli anime negli anni 80 dal punto di vista sociologico, contenutistico, semantico, con una metodologia di stampo socio-semiotico (riporto dalla prefazione).
Nonostante questa premessa un po' preoccupante, anche vista la difficoltà del precedente libro di Marco Teti (“Lo specchio dell'Anime”), il libro è interessante e quasi sempre leggibile, anche se alcune tematiche sono già state trattate, ormai, numerose volte in questi anni in altri saggi sull'animazione.
Il saggio contiene una quantità molto alta di citazioni di altri studiosi italiani e stranieri, si compra un libro e si leggono più saggi, talvolta si passa da un brano citato ad un altro brano citato con una sola riga dell'autore. Una nota di merito per avere tradotto in italiano i brani riportati da autori stranieri, il cui testo originale è messo solo come nota a piè di pagina, pare una banalità ma non lo è.
Mi son permesso di evidenziare due imprecisione collaterali dell'autore, che, però, si sarebbero potuti tranquillamente evitare.
Il primo capitolo fa una iniziale panoramica generale sull'animazione nipponica degli anni 60 e 70. Si passa ad illustrare le opere del pioniere dell'animazione seriale, Osamu Tezuka. Spiegando come creò un nuovo genere/prodotto, e analizzando sia i messaggi della sua animazione che le tecniche registiche innovative. Tezuka aveva già rivoluzionato il mondo dei manga, creando il “manga moderno”. L'autore passa a raccontare l'invasione italiana dei cartoni animati giapponesi, partendo, ovviamente, da Goldrake. Qui riscontro una imprecisione, sulla trasmissione di Goldrake si dice che iniziò nel 1978 (giusto) e terminò del 1982 (pag 43), ma, in realtà, finì nel 1980. Forse l'autore ha considerato eventuali repliche sulla Rai, di cui io non sono a conoscenza e che, mi pare, non ci siano state.
Continuando la spiegazione sulle dinamiche del “first impact” l'autore incappa in un altro errore (non importante, ma tant'è...), Heidi non fu trasmesso sulla Rete 2 della Rai, ma sulla Rete 1, addirittura prima del TG1!
Sono riportate anche le famigerate polemiche dei tempi sui contenuti diseducativi degli anime.
L'ultima parte del capitolo riguarda la produzione di anime negli anni 80 per il mercato giapponese.
Il secondo capitolo si sofferma sulle tematiche espresse negli anime degli anni 80. Queste tematiche sono collegate alla storia e alla società del periodo.
La prima tematica individuata dall'autore è il “conflitto identitario”, che “consiste nella definizione dell'identità dei protagonisti nelle vicende raccontate” (riportato dal libro). L'animazione giapponese inscena in forma metaforica il confronto/scontro tra gli adolescenti vs gli adulti. Inoltre permettono agli adolescenti di dare sfogo alle loro fantasie di potere, facendoli immedesimare in piloti di robot che conquistano super poteri.
Altri 2 temi sono l'amore e l'erotismo. Alla fine degli anni 70 iniziò ad affermarsi sempre più la cultura shojo, ciò modificò anche i gusti dei ragazzi, che iniziarono a leggere e vedere prodotti dedicati alle adolescenti. Si creò, quindi, un certo ibridismo sessuale, tramite cui prese piede un ideale maschile concepito dalle ragazze: il “bishonen”, figura contraddistinta da una forte ambiguità sessuale, un esempio ne sono “I cavalieri dello zodiaco”.
Ed è in questo periodo, infatti, che nasce il filone della “love commedy”, come Touch e Kimagure Orange Road, che l'autore tratta lungamente. Nella “love commedy” l'amore (in ambientazioni prettamente scolastiche) adolescenziale e l'erotismo hanno una parte preponderante nella trama. L'erotismo è un contenuto base di molte produzioni animate del periodo, mischiato ai generi più disparati, come “Occhi di gatto”, anch'esso analizzato dall'autore.
Il carattere poco deciso e subordinato alle ragazze/donne dei personaggi maschili di questi anime è la trasposizione dell'uomo giapponese del periodo, il salaryman.
Le ultime tematiche analizzate sono la violenza e la morte. Il sesso e la violenza sono i 2 argomenti che permettono di vendere di più in tutto il mondo un prodotto multimediale. Analizzando brevemente Dragonball l'autore spiega che, comunque, la violenza e la morte non sono fini a se stessi, la violenza è esorcizzata, rendendola ridicola e grottesca.
La morte, indipendentemente da come è trattata, è un argomento inusuale per dei cartoni animati, il fatto che si introduca la tematica è un fatto importante per l'adolescente, ed è un tema trattato solo dagli anime.
Il terzo capitolo è incentrato sulle figure ricorrenti negli anime.
La prima è quella dell'adolescente. Negli anni 80 gli adolescenti di entrambi i sessi sono il pubblico privilegiato di anime e manga, quindi le produzioni usano personaggi coetanei per far identificare al massimo il giovane pubblico di consumatori. Il processo di immedesimazione del pubblico adolescenziale coi personaggi è dato anche dall'ambientazione, dalle tematiche e dal filone narrativo (genere). Seguono le analisi di numerosi anime di carattere sportivo.
I personaggi degli anime sono un ponte tra chi porge il racconto (il narratore) e chi lo riceve, quindi i personaggi diventano uno strumento per intavolare una “conversazione audiovisiva”.
Un'altra figura ricorrente è il robot. I personaggi robotici hanno le loro radici fin dalla modernizzazione forzata dell'era Meiji, che creò l'aura di santificazione in tutto ciò che era tecnologico. I robot degli anni 80 perdono alcune caratteristiche di mitizzazione ed enfasi degli anni 70, diventando più realistici e iniziando a contaminarsi col cyberpunk. Il pilota non è più il super eroe invincibile degli anni 70, ma un semplice militare/pilota/lavoratore, che ha anche una vita privata.
L'idol (aidoru) è un'altra delle figure più comuni degli anime degli anni 80 giapponesi. L'idol non è una creatura di manga e anime, ma una figura dello spettacolo di massa, ella dovrebbe essere giovane, dotata di talento canoro, avere un atteggiamento infantile ed essere innocente. Questo personaggio ha ispirato molteplici serie animate, vedendola protagonista di vari generi. L'autore prosegue analizzando le figure di Lynn Minmay in Macross e Creamy.
Il quarto capitolo prende in esame le “peculiarità estetiche” degli anime.
La prima parte di questo capitolo verte sulle relazioni tra l'anime e il manga sul piano espressivo.
Il codice espressivo (disegno, trama, caratterizzazione dei personaggi, tematiche, tempi, inquadrature, dissolvenze, primi piani etc etc) degli anime negli anni 80 è influenzato dalle versioni manga che li precedono, puntando sulla regia e il montaggio, più che sulla fluidità del disegno, a causa di budget
economici scarsi.
Il genere sessuale e quello narrativo” è l'argomento della seconda parte del capitolo.
Il procrastinarsi dell'adolescenza, nel senso di non assumersi le responsabilità che la società ti affida in base all'età, nella società giapponese è rispecchiato nell'affievolirsi del confine tra generi rivolti a maschi e femmine in manga e anime. Nasce un nuovo genere di manga e anime che attirano sia ragazzi che ragazze. In particolare il tratto dei personaggi si modifica, gli arti si allungano, le figure diventano longilinee, mantenendo, però, i nasi stilizzati, seni e fianchi poco sviluppati (per i personaggi femminili), corpi poco muscolosi (per i personaggi maschili), quindi delle figure androgine. Segue un'analisi sui manga con tematiche omosessuali per ragazzi/giovani donne, e una valutazione sulla rigida divisone tra uomini e donne dei ruoli nella società giapponese.
Nella terza parte di questo capitolo si analizzano i “significati di ordine linguistico e significati di ordine emotivo”.
L'autore concentra l'attenzione sugli “enormi occhi” dei personaggi in manga ed anime. La tematica è stata spesso affrontata, nonostante ciò l'argomento è sviscerato da nuove angolazioni e con una lunga discettazione. In pratica l'autore va oltre il concetto che gli “occhioni” servono a rendere meglio le emozioni dei personaggi. Inoltre, in collegamento sempre agli “occhioni”, fa un raffronto interessante tra la produzione animata della Disney e quella giapponese.
Nella quarta è ultima parte di questo quarto capitolo si continua l'analisi degli “occhioni”, valutando altri aspetti. Come il concetto nipponico di “amae” (“pulsione alla dipendenza”), che per l'autore è espresso visivamente tramite questi “occhi enormi”, che esprimono il bisogno di conforto degli adolescenti (ma non solo) nipponici. Questo aspetto è ravvisabile anche in altre caratteristiche dei personaggi, come la loro goffaggine adolescenziale, lo stile del disegno, i personaggi kawaii.
Nel quinto capitolo viene effettuata un'analisi testuale di 4 serie degli anni 80, scelte e analizzate con i criteri fin qui letti.
Le 4 serie sono: “Lady Georgie”, “Punta al top! GunBusters”; “Ken il guerriero”; “Kiss me Licia”.
Nonostante io non abbia mai seguito nessuna di queste serie (tranne alcune puntate a caso di “Ken il guerriero”) ho trovato molto interessante l'approfondimento.



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