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domenica 2 giugno 2013

Filosofia nei manga, estetica e immaginario nel Giappone contemporaneo


TITOLO: Filosofia nei manga, estetica e immaginario nel Giappone contemporaneo
AUTORE: Marcello Ghilardi
CASA EDITRICE: Mimesis
PAGINE: 166
COSTO: 14€
ANNO: 2010
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788857502373

Marcello Ghilardi è l'autore anche dell'ottimo saggio “Cuore e Acciaio”, inoltre in questa sua nuova opera di approfondimento è presente un saggio di Marco Pellitteri su una tematica poco affrontata. La mia recensione partirà con una critica al titolo, che mi sembra un poco fuorviante. Forse è più che altro il tentativo di trovare un titolo che faccia da comune denominatore ad una serie di singoli saggi che, talvolta, nonostante la loro validità, mi pare non nascano da un progetto comune. Non saprei come si sarebbe potuto intitolare meglio il saggio, magari “Una serie di saggi su manga ed anime”.
Riporto un paio di righe dell'introduzione:
Fumetti e disegni animati diventano agli occhi del filosofo luoghi di produzione del pensiero, si offrono come mondi da scoprire e indagare con curiosità ed attenzione”. ”I manga (e gli anime) come metafore per leggere il nostro tempo”.
Nel primo capitolo (“Giappone all'estremo di oriente e occidente”) si evidenziano le influenze della cultura occidentale in quella giapponese, dall'epoca Meiji ai giorni nostri. Questi temi culturali ibridi sono visti principalmente in ottica manga ed anime, ma molti sono gli accenni di carattere storico e sociologico.

L'analisi vera e propria sui/dei manga inizia solo a pagina 33 col secondo capitolo (“I manga tra rottura e continuità”), in cui si ripercorre la nascita del manga, in particolare dell'inventore del termine “manga”, Katsushika Hokusai (1760-1849) e del tratto estetico manga. In realtà il manga fu già all'origine una commistione di influenze estetiche cinesi, occidentali e, ovviamente, giapponesi. Si analizza il significato del termine “manga” e degli ideogrammi che Hokusai usò per scriverlo. In questo contesto viene fatta una interessante similitudine tra l'arte manga (la nascita da altri stili, il perfezionamento ed, infine, il diventare un'arte nuova) e la dinamica shu-ha-ri, che l'apprendista deve porre in essere per apprendere una disciplina, specializzarvisi e crearne, infine, una propria.

Nel terzo capitolo (“Questione di stile”) si approfondisce la conoscenza delle arti grafiche giapponesi che precedettero ed influenzarono il manga odierno:
ukiyo-zoshi;
le immagini di mostri e demoni del XII secolo;
i disegni di Hokusai;
i primi manga moderni del XIX e XX secolo (come la rivista The Japan Punch, che ebbe un così alto successo che allora (fine 1800) i manga si chiamavano “Ponchi-e”, “immagini alla Punch”);
la rivista Toba-e;
il disegnatore Kitazawa Yasuji (1876-1955), noto anche con lo pseudonimo di Rakuten, che fondo la rivista Tokyo Punch (1900 circa).
Tutte queste prime riviste giapponesi avevano un carattere caricaturale e di satira politica, poco spazio o nullo era riservato al manga come lo conosciamo oggi. Quindi Ghilardi fa un salto temporale molto ampio passando dai primi del 1900 al dopoguerra (saltando a piè pari tutto il periodo prebellico e bellico), con tutti i mangaka più famosi, iniziando con Osamu Tezuka. L'ultima parte di questo capitolo lancia uno sguardo sui nuovi scenari verso cui i manga si stanno sviluppando, commistioni di genere e contaminazioni (di nuovo) con l'occidente. Dove ora è l'occidente a fare proprio lo stile manga, anche rielaborandolo.

Il quarto capitolo è opera di Marco Pellitteri, ed affronta una “branchia” dei manga poco o per nulla analizzata, il titolo del capitolo è, infatti, “Giappornologie, passionali multisensorialità del manga e nuove frontiere della nippomasturbazione”. Questo capitolo consta di 25 pagine, più 6 di immagini con didascalie. Nella prima parte di questo saggio Pellitteri affronta il rapporto esistente in Giappone tra fumetti e pornografia. Nella seconda parte focalizza la sua attenzione su tre tematiche che stanno attecchendo anche in occidente: vari tipi di feticismo; una forma peculiare di pedofilia; apparati tecnologici per la masturbazione, con particolare attenzione alle bambole sessuali o cyborg ginoidi.
Dopo un breve elenco dei generi e sottogeneri dei manga erotici e pornografici l'autore fa una valutazione molto interessante sui cinque sensi stimolati dai fumetti. Nei manga classici i due sensi più stimolati sono la vista e l'udito, mentre gli altri tre non sono mai risvegliati. Nei manga erotici e pornografici, invece, sono l'olfatto, il gusto, e il tatto ad essere maggiormente stimolati.

Nel quinto capitolo (“Sull'immaginario negli anime”) si evidenzia quale immaginario gli anime hanno creato dal loro arrivo in Italia, da Goldrake ad oggi. Si cerca di spiegare che cosa un fruitore dei primi cartoni animati giapponesi considera ormai prettamente “anime” e “giapponese”, e di come quegli stessi primi piccoli spettatori abbiano modificato la loro percezione di alcune tematiche rispetto ai propri genitori. Come esempio dei concetti esposti da Ghilardi si può utilizzare il famoso simbolo che compariva in basso a destra sullo schermo tv alla fine della puntata di un anime. Quel simbolo si chiama “tsuzuku”, ed è formato da tre caratteri dell'alfabeto hiragana. Nessuno conosceva il giapponese, ma tutti sapevamo che significava “continua...”. Il nostro immaginario di bambini si arricchì con un termine visivo nuovo, che oggi riporta alla memoria sigle ed altro, anche se il significato di quel simbolo fu compresa solo in età adulta.
A questo punto l'autore sposta l'attenzione sull'immaginario creato dai Pokemon, che è differente da quello dei primi anime robotici, e che trasmise ai nuovi fan dei concetti nuovi che precedentemente non avevano valore. Nei Pokemon gli eroi della serie non combattono per la libertà contro degli invasori alieni, non sono eroi come Actarus, devono semplicemente accumulare esperienza in combattimento, al fine di migliorare il proprio Pokemon.

Nel sesto capitolo (“Mutazioni estetiche, trasformazioni etiche”) si osserva come alcuni oggetti nati dall'animazione giapponese, come i robot, sono diventati l'emblema dell'iconografia nipponica. Sono analizzati gli anime robotici anni 70/80, Evangelion e Gunslinger Girl, in particolare il sentimento di “mo no aware” insito nelle 2 serie più recenti. Riguardo ai cyborg è evidenziato come, grazie a manga ed anime, la loro percezione sia stata modificata, e per valutare questo sono stati presi in esame titoli come Galaxy Express 999, Kyashan e Ghost in the shell. I nuovi scenari sul cambiamento dell'estetica sono analizzati grazie a tre serie recenti sui samurai: Afrosamurai; Samuari 7; Samuari Champloo. Dove l'ambiente storico da cui dovrebbero provenire i personaggi è contaminato da numerosi fattori, modificandone così l'estetica originale.

Il settimo capitolo si pone la domanda di come “Ghost in the shell” sia un film cybergpunk, e del perché ne abbia ridefinito i nuovi confini. Quest'ultimo capitolo l'ho trovato abbastanza ostico, i concetti espressi sono parecchio contorti, forse anche perché io non ne ho molta famigliarità.

L'ottavo ed ultimo capitolo s'intitola “La verità dell'illusione, il cinema di Satoshi Kon”, ed è lo stesso breve saggio, sempre di Ghilardi, comparso in un altro libro del 2009 (“Satoshi Kon, il cinema attraverso lo specchio”). Lo stesso Ghilardi avverte i lettori di questo fatto nelle note iniziali al saggio, specificando che comunque c'è qualche nuova integrazione rispetto a quell'edizione, che io non ho trovato. In questa riproposizione non c'è nessun accenno alla morte prematura di Satoshi Kon avvenuta a fine agosto, probabilmente questo saggio era già in stampa.




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